CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 giugno 2018, n. 15608
Tributi – Dichiarazione dei redditi – Accertamento- Indizi raccolti dalla Guardia di finanza Violazioni – Omissioni – Conto corrente bancario – Sanzioni
Rilevato
– che l’Agenzia delle entrate ricorre con due motivi nei confronti dei contribuenti, che restano intimati, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con la quale la CTR, in controversia relativa ad impugnazione di atti di irrogazione delle sanzioni ex art. 4 d.l. n. 167 del 1990, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 227 del 1990, per avere i contribuenti, cointestatari di un conto corrente bancario acceso presso una banca svizzera, omesso di dichiarare le somme depositate sul predetto conto, mediante compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi relativi agli anni di imposta 2006 e 2007, accoglieva l’appello proposto dai contribuenti ed annullava i predetti atti sanzionatori sostenendo che i contribuenti avevano «puntualmente e sufficientemente documentato che le somme detenute presso la HSBC di Lugano sono state integralmente utilizzate per cure mediche effettuate in Svizzera»;
– che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;
– che il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata;
Considerato
– che il primo motivo di ricorso, con cui la difesa erariale, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 5 del d.l. n. 167 del 1990, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 227 del 1990, per avere la CTR ingiustificatamente escluso l’obbligo di dichiarazione delle somme detenute su conto bancario estero, è fondato e merita accoglimento;
– che, invero, come osservato da questa Corte (cfr. Cass. n. 20032 del 2011), l’obbligo di dichiarazione di cui all’art. 4 del d.l. 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 4 agosto 1990, n. 227 (nel testo vigente “ratione temporis”), relativo agli investimenti e le attività di natura finanziaria all’estero, riguarda tutte le somme di denaro, anche se provento di reato, depositate su conti correnti di banche estere e ciò in quanto l’art. 6 del medesimo decreto legge prevede – con presunzione “iuris tantum” (e, quindi, superabile da prova contraria da fornirsi dal contribuente «entro sessanta giorni dal ricevimento della espressa richiesta notificatagli dall’ufficio delle imposte» e che nella specie non risulta essere stato assolto) – la fruttuosità (al tasso ufficiale medio di sconto vigente in Italia nel relativo periodo d’imposta) delle somme depositate all’estero e, quindi, la loro conseguente redditività fiscale;
– che nel caso in esame, a fronte del pacifico possesso da parte dei contribuenti di somme depositate su un conto corrente svizzero, avendo questi «puntualmente e sufficientemente documentato che le somme detenute presso la HSBC di Lugano sono state integralmente utilizzate per cure mediche effettuate in Svizzera», la CTR ha chiaramente errato nell’escludere l’obbligo dichiarativo di quelle somme, con la conseguenza che la sentenza va cassata in accoglimento del primo motivo di ricorso;
– che va invece dichiarato inammissibile il secondo mezzo di cassazione con cui la difesa erariale censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 20 del d.lgs. n. 74 del 2000; invero, il motivo è diretto a censurare un’affermazione dei giudici di appello circa l’origine degli avvisi di contestazione impugnati (dalla c.d. lista Falciarli), che non costituisce ratio decidendi dell’impugnata sentenza, come reso evidente dal fatto che la CTR ritiene fondato l’appello dei contribuenti «a prescindere dalla liceità o meno ti tale fonte ai fini dell’irrogazione delle sanzioni» (sentenza, pag. 3);
– che, conclusivamente, in accoglimento del primo motivo la sentenza va cassata, senza rinvio, potendo la causa essere decisa nel merito non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, con rigetto dell’originario ricorso dei contribuenti che vanno condannati al pagamento delle spese sostenute nel presente giudizio di legittimità, compensandosi quelle dei gradi di merito in considerazione dell’evoluzione giurisprudenziale in materia;
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso dei contribuenti che condanna al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito, compensandosi le spese dei gradi di merito.
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