CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 giugno 2019, n. 16037
Obbligazioni contributive – Verbale di accertamento Inps – Accertamento della natura subordinata dei rapporti di collaborazione
Rilevato che
Il giudice del lavoro del Tribunale di Arezzo respinse la domanda della società E. 2000 srl volta all’accertamento dell’insussistenza delle obbligazioni contributive di cui al verbale di accertamento dell’Inps del 4.12.2006; la Corte d’appello di Firenze (sentenza del 18.3.2013), investita dall’impugnazione della predetta società, ha rigettato il gravame dopo aver rilevato che correttamente il primo giudice aveva accertato la natura subordinata dei rapporti di collaborazione intercorsi tra E. 2000 srl coi soggetti svolgenti funzioni di operatori di “cali center” o di gestione del sito “web” della stessa società che gestiva la vendita via “internet” di occhiali da sole e da vista;
per la cassazione della sentenza ricorre la predetta società, cui resiste l’Inps con controricorso;
Considerato che
col primo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e segg, nonché dell’art. 2094 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., la ricorrente contesta l’impugnata sentenza per avere la Corte territoriale ritenuto che i rapporti di collaborazione lavorativa fossero di natura subordinata sulla base dei verbali redatti dagli ispettori dell’Inps senza che tale ente si fosse fatto carico di provare l’elemento costitutivo del preteso credito contributivo, vale a dire l’effettiva sussistenza del vincolo della subordinazione con riguardo ai rapporti lavorativi oggetto del contendere;
col secondo motivo, proposto per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., la ricorrente lamenta l’erronea qualificazione, da parte dei giudici d’appello, dei rapporti lavorativi di collaborazione autonoma in esame come rapporti di lavoro subordinato, pur in mancanza di prova degli elementi indefettibili della subordinazione;
i due motivi, che per ragioni di connessione possono esser esaminati congiuntamente, sono infondati;
invero, attraverso entrambi i motivi la ricorrente tenta una inammissibile rivisitazione del merito istruttorio adeguatamente valutato dalla Corte territoriale attraverso una motivazione che sfugge ai rilievi di legittimità, in quanto esente da vizi logici o giuridici;
tra l’altro, nel sistema l’intervento di modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5 comporta un’ulteriore sensibile restrizione dell’ambito di controllo, in sede di legittimità, del controllo sulla motivazione di fatto. Invero, si è affermato (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053) essersi avuta, con la riforma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in questa sede è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza, nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile. Ma è evidente che nella specie la valutazione della natura subordinata dei rapporti lavorativi in esame non è affetta da alcuna di queste ultime anomalie, avendo il giudice d’appello espresso in modo chiaro e comprensibile i motivi a sostegno del suo convincimento sulla insussistenza di rapporti di natura autonoma;
infatti, la Corte d’appello di Firenze ha ben illustrato la ricorrenza nel caso di specie degli indici rivelatori della subordinazione, spiegando, anzitutto, che l’oggetto della collaborazione, quale risultava dai contratti prodotti, era generico e non individuava uno specifico opus; inoltre, era emerso, all’esito dell’istruttoria, che l’attività era svolta presso la sede aziendale, con strumenti di proprietà della società e che il corrispettivo era determinato in misura fissa (forfettaria od oraria), con conseguente assenza di un rischio economico per i collaboratori; era stato, altresì, accertato che l’attività dei collaboratori, inserita nell’organizzazione imprenditoriale dell’appellante, era suscettibile di controlli in ordine al contenuto e alle modalità di svolgimento; infine, era risultata la messa a disposizione, da parte dei collaboratori, delle loro energie lavorative per gli incombenti di volta in volta necessari nell’attività commerciale;
in definitiva, il ricorso va rigettato;
le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate a suo carico come da dispositivo, unitamente al contributo unificato di cui all’art. 13 del d,p,r, n. 115/02, ricorrendo i relativi presupposti di legge;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese nella misura di € 6200,00, di cui € 6000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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