CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 giugno 2019, n. 16041
Giudizi di impugnativa di licenziamento – Aliunde perceptum – Rilevabilità d’ufficio – Circostanze di fatto ritualmente acquisite al processo, anche se per iniziativa del lavoratore – Non sussiste
Rilevato che
1. con sentenza n. 328 pubblicata il 20.3.17 la Corte d’appello di Reggio Calabria ha respinto l’appello di C. G. s.r.l. (già Ing. O. M. s.p.a.), confermando la decisione di primo grado che aveva condannato la società a corrispondere a M. P. S. e M. A. R., quali eredi di M. D., e a M. N., C. P., C. S., M. A. e B. S. la somma di euro 299.054,68 ciascuno (di cui euro 24.961,25 per tfr), ed a versare all’Inps i relativi contributi assistenziali e previdenziali;
2. la Corte territoriale ha dato atto del passaggio in giudicato, a seguito della pronuncia della Suprema Corte n. 8244 del 2010, della statuizione di condanna (sentenza del Tribunale di Reggio Calabria n. 2962 del 2002) della società alla reintegra dei predetti lavoratori e al risarcimento dei danni pari alle retribuzioni spettanti dalla data del licenziamento (21.6.1993) fino alla data di pagamento dell’indennità sostituiva della reintegra, oltre al trattamento di fine rapporto;
3. ha ritenuto che correttamente il Tribunale avesse concesso termine ai ricorrenti per rinnovare la notifica, ove pure ritenuta inesistente, richiamando la sentenza Cass. n. 2621 del 2017;
4. ha respinto l’eccezione di nullità del ricorso introduttivo di primo grado sul rilievo che la domanda di quantificazione delle somme oggetto di condanna generica fosse stata correttamente avanzata attraverso l’allegazione della qualifica posseduta dai lavoratori, la produzione del c.c.n.I. applicato e l’indicazione della somma richiesta;
5. ha ritenuto generica l’eccezione di aliunde perceptum sollevata dalla società ed ha confermato la legittimazione passiva dell’Inps al fine della condanna di parte datoriale al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali;
6. avverso tale sentenza la C. G. s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui hanno resistito con separati controricorsi i lavoratori e l’Inps;
7. la C. G. s.r.l. ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis.l. c.p.c..
Considerato che
8. col primo motivo di ricorso la C. G. s.r.l. ha censurato la sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio;
9. ha ribadito l’eccezione di nullità del ricorso introduttivo di primo grado, per mancata indicazione del petitum e della causa petendi, ed inidoneità dell’atto al raggiungimento dello scopo; ha sottolineato come al ricorso non fosse allegato alcun conteggio delle somme pretese e neanche una busta paga; ha censurato il carattere esplorativo della consulenza tecnica d’ufficio, utilizzata nel caso di specie per sanare le omissioni dei ricorrenti;
10. col secondo motivo di ricorso la società ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., omesso esame di un punto decisivo concernente l’aliunde perceptum; ha criticato il mancato esercizio dei poteri istruttori d’ufficio, sollecitati dalla società, al fine di appurare lo svolgimento di attività lavorativa dopo il licenziamento, data la lontananza della società dalla prova; la stessa infatti non aveva più avuto rapporti con i lavoratori dalla data del licenziamento (1993), operando peraltro in una regione diversa da quella di residenza dei predetti; ha ribadito come Valiunde perceptum, che non costituisce un’eccezione in senso stretto, potesse essere rilevata anche d’ufficio;
11. col terzo motivo la società ricorrente ha riproposto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, l’eccezione di difetto di legittimazione dell’Inps, allegando come nel ricorso di primo grado i lavoratori non avessero formulato domanda di condanna della società al versamento dei contributi e non avessero chiesto la chiamata in causa dell’Inps, disposta d’ufficio dal Tribunale;
12. col quarto motivo la C. G. s.r.l. ha contestato la pronuncia d’appello, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., quanto alla regolazione delle spese di lite, per non avere la stessa considerato il comportamento processuale dei lavoratori che, dopo la sentenza di primo grado emessa nel 2002 e contenente la condanna alla reintegra, avevano azionato il diritto al risarcimento dei danni solo nel 2012, dopo 19 anni dal licenziamento, in violazione di quanto disposto dagli artt. 24, 111 Cost. e dall’art. 6 Cedu;
13. il primo motivo di ricorso presenta plurimi profili di inammissibilità;
14. occorre anzitutto considerare come trovi applicazione nel procedimento in esame (ricorso in appello del 2015) la previsione di cui all’art. 348 ter, comma 5, c.p.c., sulla c.d. doppia conforme, con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso formulato ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c.; né la società ricorrente ha allegato la diversità delle ragioni di fatto poste a base della decisione di primo e di secondo grado (Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 5528 del 2014);
15. ove anche si riqualificasse la censura come error in procedendo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per violazione dell’art. 414 c.p.c., dovrebbe rilevarsi l’inammissibilità del motivo in quanto formulato senza il rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c.; non è stato infatti riprodotto nel corpo del ricorso in esame l’atto introduttivo della lite di cui è denunciata la nullità (cfr. Cass., S.U., n. 8077 del 2012; Cass. n. 15367 del 2014; n. 6492 del 2016);
16. l’inammissibilità delle censure finora esaminate porta a ritenere assorbita la deduzione sul carattere esplorativo della consulenza tecnica in quanto argomentata in ragione della indeterminatezza del ricorso introduttivo della lite quanto a petitum e causa petendi;
17. neppure il secondo motivo di ricorso può trovare accoglimento;
18. secondo l’indirizzo consolidato di questa Corte (Cass. n. 18093 del 2013; n. 26828 del 2013; n. 15065 del 2001), nei giudizi di impugnativa di licenziamento, il cosiddetto “aliunde perceptum” non costituisce oggetto di eccezione in senso stretto ed è, pertanto, rilevabile d’ufficio dal giudice se le relative circostanze di fatto risultano ritualmente acquisite al processo, anche se per iniziativa del lavoratore;
19. nel caso in esame, la società ricorrente non ha in alcun modo allegato la rituale acquisizione al processo delle circostanze di fatto sulla cui base il giudice di merito avrebbe potuto rilevare l’aliunde perceptum;
20. parimenti inammissibile è il terzo motivo di ricorso posto che la società non ha in alcun modo riportato, neanche per estratto, il contenuto del ricorso introduttivo di primo grado al fine di supportare l’allegazione di inesistenza della domanda di condanna al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali e dell’istanza di chiamata in causa dell’Inps; né ha trascritto l’eccezione che assume di aver sollevato sul punto in primo grado;
21. anche il quarto motivo di ricorso sconta l’inammissibilità connessa alla mancata produzione degli atti invocati dalla società ricorrente a sostegno dell’assunto di tardiva azione in giudizio per la quantificazione del danno derivato dalla declaratoria di illegittimità del licenziamento;
22. il motivo è inammissibile nella parte in cui censura la condanna alle spese nel giudizio di primo grado, posto che la società non ha allegato di aver sollevato la questione in appello né ha riprodotto le parti del ricorso in appello sul punto;
23. il motivo concernente la condanna alle spese del giudizio di secondo grado è, comunque, infondato non potendosi considerare di per sé contraria ai precetti costituzionali e sovranazionali richiamati la scelta dei lavoratori di attendere il passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa della illegittimità del licenziamento, con condanna generica al risarcimento, prima di agire per la quantificazione del danno medesimo, considerato che le impugnazioni sono state \ proposte sempre dalla società che, peraltro, ha omesso di eseguire spontaneamente le statuizioni di condanna contenute nelle sentenze di merito, dotate di immediata efficacia esecutiva;
24. per le considerazioni svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
25. la regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo;
26. si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida, per compensi professionali, in euro 7.000,00 complessivi nei confronti dei lavoratori e in euro 4.000,00 nei confronti dell’Inps, in euro 200,00 per esborsi in favore di ciascuna parte controricorrente, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis del medesimo art. 13.
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