CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 luglio 2021, n. 20033
Tributi – Accertamento – Indagini bancarie – Associazione – Prelevamenti e versamenti non giustificati sul conto corrente intestato al legale rappresentante – Imputazione a ricavi dell’associazione – Presunzione – Onere di prova contraria a carico del contribuente
Rilevato che
– con sentenza n. 622/34/15, depositata in data 11 giugno 2015, la Commissione tributaria regionale del Piemonte accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Associazione “A.S.”, in persona del legale rappresentante M.Z., nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 699/09/14 della Commissione tributaria provinciale di Torino che aveva rigettato il ricorso proposto dalla suddetta contribuente avverso l’avviso di accertamento n. T7G041906206/2012 con il quale l’Ufficio, previo p.v.c. della G.d.F, per l’anno 2006, aveva contestato nei confronti di quest’ultima un maggior reddito, ai fini Ires, Irap e Iva, in mancanza di documentazione contabile, sulla base di indagini bancarie ex artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 sul conto corrente cointestato alla legale rappresentante dell’ente M.Z. e alla figlia di questa F.F.;
– in punto di diritto, la CTR – nell’accogliere parzialmente l’appello, riducendo l’importo del reddito imponibile di euro 30.000,00, ha osservato che: 1) legittimamente l’Agenzia aveva effettuato, per il 2006, la verifica nei confronti della Associazione “A.S.”, non risultando alcun procedimento di scioglimento, fusione o incorporazione della stessa in altra associazione (A.S. di Ciriè); 2) erano legittime le indagini bancarie eseguite sul conto corrente cointestato a Z., legale rappresentante dell’ente e alla di lei figlia, non avendo l’Associazione presentato dichiarazioni fiscali né tenuto alcuna contabilità ; 3) l’Associazione svolgeva attività commerciale (scuola di danza e stage a pagamento, organizzazione di spettacoli e manifestazioni etc.);4) a fronte della presunzione legale di imputazione a maggiori ricavi dell’Associazione dei prelevamenti e dei versamenti, ritenuti ingiustificati, riscontrati sul conto corrente cointestato al legale rappresentante dell’ente e alla di lei figlia, erano da ritenere giustificati e attinenti alla sfera personale di M.Z.: a) il versamento di euro 12.500,00 del 31.7.2006 dell’assegno circolare emesso da S.F., quale compenso in favore di Z., per l’attività di intermediazione immobiliare svolta da quest’ultima per l’acquisto di un immobile, come emergeva dalla dichiarazione di F., non essendo decisiva, a contrario, la dichiarazione di quest’ultima, nel rogito notarile, di non avere sostenuto spese di mediazione; b) il versamento di euro 12.500,00 del 27.11.2006 dell’assegno circolare emesso da S. V. in favore di Z., quale compenso per la consulenza svolta da quest’ultima per l’acquisto di un immobile, come da dichiarazione resa dal V., non essendo decisiva la circostanza della indicazione nell’atto notarile di compravendita di altra agenzia immobiliare; c) il versamento di euro 5.000,00 di due assegni emessi da M.C. in favore di Z., a titolo di prestito personale infruttifero, come da dichiarazione scritta di C., per cui “in assenza di ogni prova in ordine a qualche rapporto tra il C. e l’Associazione che pot[esse] dimostrare che le somme fossero in realtà dirette all’ente, la predetta somma [doveva] essere esclusa dai ricavi accertati dall’Ufficio”;
– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a un motivo cui resiste, con controricorso, la contribuente;
– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., introdotti dall’art. 1 – bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.
Considerato che
– con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 del d.lgs. n. 546/92, 32 del d.P.R. n. 600/73, 2697, 2927 e 2929 c.c., per avere la CTR ritenuto giustificati i versamenti della complessiva somma di euro 30.000,00 in favore di M.Z. e, pertanto, sottratti dall’ammontare del maggior reddito accertato in capo all’Associazione contribuente, sulla base di mere dichiarazioni rilasciate da terzi (sigg. F., V. e C.), ancorché queste ultime non avessero di per sé valore di prova presuntiva (a contrario) ma solo di “elementi indiziari” da valutarsi insieme ad altri, peraltro, quanto al versamento degli assegni di euro 12.500,00, in contrasto con gli atti pubblici di acquisto dai quali risultavano attività di intermediazione svolte da altre agenzie immobiliari, e, quanto al versamento degli assegni di euro 5.000,00, affermando, in spregio alla presunzione legale ex art. 32 cit. di imputazione all’ente di maggiori ricavi in relazione alle movimentazioni risultate ingiustificate sul conto della rappresentante legale che “mancasse ogni prova in ordine a un qualche rapporto tra il C. e l’Associazione ricorrente che potesse dimostrare che le somme fossero in realtà dirette all’ente”;
– preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sviluppando quest’ultimo una sintesi chiara della vicenda processuale e mettendo in luce le ragioni a sostegno dello stesso, con espressa menzione degli atti processuali su cui si fonda;
– il motivo è fondato;
– va, al riguardo, ricordato che, in tema di accertamento delle Imposte sui redditi, l’art. 32, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi. A fronte di detta presunzione legale il contribuente è onerato di fornire la prova contraria, anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto a individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo (Cass. n. 19971 del 2016; Cass. n. 22502 del 2011);
– in tema di IVA, ed al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 2 (in virtù della quale le movimentazioni di denaro, nella specie bancarie, risultanti dai dati acquisiti dall’Ufficio si presumono conseguenza di operazioni imponibili), non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sui conti correnti, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività, con conseguente non rilevanza fiscale (Cass. n. 24419 del 2018; n. 4829 del 2015; Cass. n. 21303 del 2013);
– quanto alla valenza delle dichiarazioni scritte rese da terzi (nella specie, sigg.ri F., V. e C.) e acquisite nel corso della verifica fiscale, questa Corte ha precisato che, nel processo tributario, il divieto di prova testimoniale posto dall’art. 7, del d.lgs. n. 546/1992, si riferisce alla prova testimoniale da assumere con le garanzie del contraddittorio e non implica, pertanto, l’impossibilità di utilizzare, ai fini della decisione, le dichiarazioni che gli organi dell’amministrazione finanziaria sono autorizzati a richiedere anche ai privati nella fase amministrativa di accertamento che, proprio perchè assunte in sede extraprocessuale, rilevano quali elementi indiziari che possono concorrere a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice” (Cass. civ., 16 maggio 2019, n. 13174; Cass. civ., 7 aprile 2017, n. 9080); si è, al riguardo, precisato che tali dichiarazioni hanno il valore probatorio proprio degli elementi indiziari e, qualora rivestano i caratteri di gravità, precisione e concordanza di cui all’art. 2729 cod. civ., danno luogo a presunzioni (Cass. civ., 20 aprile 2007, n. 9402); infatti, dal divieto di ammissione della prova testimoniale non discende la inammissibilità della prova per presunzioni, ai sensi dell’art. 2729, comma secondo, cod. civ., secondo il quale le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova testimoniale – poiché questa norma, attesa la natura della materia ed il sistema dei mezzi di indagine a disposizione degli uffici e dei giudici tributari, non è applicabile nel contenzioso tributario (Cass. civ., 23 ottobre 2066, n. 22804 (ndr Cass. civ., 23 ottobre 2006, n. 22804); Cass. civ., 21 gennaio 2015, n. 960); infatti si è rilevato che, “nel pieno rispetto della “parità di armi” tra fisco e contribuente, il diritto vivente ammette l’introduzione indiziaria nel processo tributario di dichiarazioni rese da terzi in sede extra processuale (Corte Cost. 18 del 2000; Cass. n. 20028 del 30/9/2011), sebbene esse non siano assunte o verbalizzate in contraddittorio da nessuna norma richiesto” (Cass. civ., 5 dicembre 2012, n. 21812);
-come precisato da questa Corte (Cass., sez. 5°, n. 24531 del 20/10/2019; Sez. 5, Sentenza n. 9903 del 27/05/2020) l’attribuzione di valenza indiziaria delle dichiarazioni dei terzi anche in favore del contribuente non contrasta, d’altro canto, con l’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia e resa esecutiva dalla L. 4 agosto 1955, n. 848, atteso che la Corte Europea dei diritti dell’uomo, a tal proposito, ha chiarito che “l’assenza di pubblica udienza o il divieto di prova testimoniale nel processo tributario sono compatibili con il principio del giusto processo solo se da siffatti divieti non deriva un grave pregiudizio della posizione processuale del ricorrente sul piano probatorio non altrimenti rimediabile” (Corte EDU 23 novembre 2006, ricorso n. 73053/0143, Jussilla contro Finlandia, e 12 luglio 2001, Ferrazzini contro Italia);
– nella specie, la CTR ha mal governato i suddetti principi, in quanto a fronte della presunzione legale ex art. 32 cit. di imputazione a maggiori ricavi dell’Associazione delle movimentazioni bancarie ritenute ingiustificate del conto corrente cointestato alla rappresentante legale e alla figlia di quest’ultima, ha ritenuto assolto dalla contribuente l’onere della prova a contrario con riguardo a versamenti dell’importo complessivo di euro 30.000,00, in particolare: a) quanto ai versamenti eseguiti il 31.7.2006 dell’assegno di euro 12.500,00 emesso dalla sig. F., e, in data 27.11.2006, dell’assegno di euro 12.500,00 emesso da S. V., sulla base delle dichiarazioni scritte di questi ultimi circa la corresponsione di tali somme quali compensi per l’attività di intermediazione immobiliare svolta da M.Z.; 2) quanto al versamento degli assegni emessi da C. M. di euro 5.000,00 sulla base della dichiarazione scritta di quest’ultimo della corresponsione di tale somma a titolo di prestito personale; in tal modo, il giudice di appello, nell’operare il giudizio di sufficienza probatoria a carico della contribuente ha, in sostanza, erroneamente sussunto, sotto i caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione e concordanza) le dichiarazioni dei terzi (sigg.ri F., V. e C.) che – a prescindere, quanto ai versamenti di euro 12.500,00, dalla eccepita contrarietà con il contenuto degli atti notarili nei quali era indicata altra agenzia immobiliare o l’assenza di spese di mediazione – in mancanza di altri elementi, potevano rilevare come elementi indiziari e non già come presunzioni (semplici) della estraneità all’attività dell’associazione delle movimentazioni bancarie contestate; in tema di prova presuntiva questa Corte ha affermato che “qualora il giudice di merito sussuma erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione e concordanza) fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti, il relativo ragionamento è censurabile in base all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ. (e non già alla stregua del n. 5 dello stesso art. 360), competendo alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma dell’art. 2729 cod. civ., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell’applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17535 del 26/06/2008; Sez. 3, Sentenza n. 19485 del 04/08/2017; Sez. L, Sentenza n. 29635 del 16/11/2018); peraltro, con riguardo al versamento dei due assegni dell’importo complessivo di euro 5.000,00, la CTR, oltre ad attribuire erroneamente valenza di prova presuntiva (a contrario) alla dichiarazione scritta di C. M., ha affermato, in violazione della presunzione legale (“juris tantum) ex art. 32 cit. di imputazione a maggiori ricavi della contribuente delle movimentazioni bancarie risultate ingiustificate sul conto cointestato a Z., che “in assenza di ogni prova in ordine a qualche rapporto tra il C. e l’Associazione che pot[esse] dimostrare che le somme fossero in realtà dirette all’ente, la predetta somma [doveva] essere esclusa dai ricavi accertati dall’Ufficio”;
– in conclusione, il ricorso va accolto, con cassazione della sentenza e rinvio, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione;
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