CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 maggio 2018, n. 11585

Licenziamento per riduzione del personale – Obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato intercorso fra un lavoratore ed una delle società del gruppo, estesi anche alle altre società – Collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo – Non sufficiente – Unico centro di imputazione del rapporto di lavoro – Caratteri distintivi – Esistenza di un’unica struttura organizzativa e produttiva – Integrazione delle attività esercitate dalle diverse imprese – Coordinamento tecnico, amministrativo e finanziario e dello svolgimento della prestazione di lavoro in modo indifferenziato

Rilevato in fatto che

1. con ricorso notificato alle società S. s.r.l., L.L.F. s.p.a., S. s.p.a., M. s.p.a., C.G., già dipendente dal 4.3.1992 della società L.L.F. s.p.a. come autista di camion, transitato dal 7.8.2003 alle dipendenze di S. s.r.l., con le medesime mansioni, impugnava di fronte al Tribunale di Siracusa il licenziamento intimatogli il 3/9/2009 dall’ultima società in ragione della dedotta esigenza di riduzione del personale.

Premesso che le società convenute, aventi unica sede, unico addetto alla contabilità ed ufficio amministrativo, costituivano un’impresa unitaria, e dunque un’unica datrice di lavoro, riconducibile ai fratelli L., A. e S. L.F. e alla di loro madre (i quali, oltre ad essere i maggiori azionisti, ne mantenevano il controllo, utilizzando promiscuamente i rispettivi dipendenti) il ricorrente impugnava il licenziamento e chiedeva la reintegrazione nel posto di lavoro presso S. s.r.l. o, in alternativa, presso una delle altre società convenute e la condanna della prima o “in via solidale ed in alternativa” delle altre società al pagamento delle retribuzioni globali di fatto maturate dal dì del recesso alla riammissione in servizio; in subordine, invocava il risarcimento del danno ai sensi della legge n. 604 del 1966.

La Corte d’appello di Catania, in riforma della sentenza di primo grado, che aveva rigettato la domanda, dichiarava l’illegittimità del licenziamento e condannava (la sola) S. s.r.l. all’immediata riassunzione o in alternativa al risarcimento del danno in favore del lavoratore tramite versamento di un’indennità pari a n. 5 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Rigettava le ulteriori domande.

Per quello che qui ancora rileva, la Corte d’appello riteneva che tra le diverse società, formalmente distinte, fosse configurabile soltanto un collegamento economico funzionale, insufficiente all’estensione degli obblighi inerenti al rapporto di lavoro subordinato. Imputava quindi le conseguenze del licenziamento illegittimo previste dall’art. 8 della legge n. 604 del 1966 alla sola S. s.r.l., priva dei requisiti dimensionali per la tutela reale.

3. Per la cassazione della sentenza C.G. ha proposto ricorso, cui hanno resistito con identici controricorsi S. s.r.l., L. L.F. s.p.a., S. s.p.a. e M. s.p.a.

Considerato in diritto che

1. C.G. deduce la violazione degli artt. 2094, 2697, 2727 e 2729 c.c., nonché dell’ art. 18 della legge n. 300 del 1970.

L’unico motivo di ricorso attinge la sentenza d’appello laddove non ha ritenuto la sussistenza di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro, con estensione dei relativi obblighi anche alle altre imprese dell’organizzazione, così come la determinazione del numero degli occupati per l’applicazione della tutela reale in caso di licenziamento.

Lamenta che la Corte d’appello non abbia accertato l’esistenza di tre dei requisiti fondamentali in base ai quali la giurisprudenza ravvisa un unico centro decisionale: l’unicità della struttura organizzativa e produttiva, l’integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo e il correlativo interesse comune, il coordinamento tecnico, amministrativo e finanziario, tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le attività delle singole imprese verso uno scopo comune. In secondo luogo, il Collegio avrebbe esaminato il quarto requisito (l’utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società) in maniera non corretta e, comunque, non avrebbe collocato in modo corretto tale indice nel complessivo quadro probatorio. Avrebbe infatti dovuto accertare che le risoluzioni dei rapporti di lavoro seguite dalle riassunzione dei lavoratori nelle altre imprese appartenenti allo stesso gruppo di società erano indice, ulteriore, dell’esistenza di un unico centro decisionale.

Sostiene che la Corte non avrebbe valutato le seguenti circostanze fattuali:

a) le società L. L.F. S.p.a e la S. s.r.l. hanno un’unica sede amministrativa/operativa;

b) tutte le società avevano un unico addetto alla contabilità, il rag. L.G., ed un unico ufficio amministrativo/operativo, composto dai Sigg.ri F.C. e R.M.;

c) tutte le società si occupano di produzione vendita e trasporto di calce e suoi derivati;

d) i proprietari della L. L.F. Spa, della S. Spa, della M. spa e della S. Srl sono rispettivamente i tre fratelli L.F. e la madre dei L.F., Sig.ra A.A.L.;

e) la proprietà della S. Srl è al 99% della Sig.ra A.M.L. (madre dei L.F.);

f) i dipendenti della L. L.F. s.p.a., S. S.p.a. e S. Srl, lavoravano sempre indifferentemente per l’una o per le altre società (testi C. e A.);

g) tutta la gestione e le linee guida della S. Srl era effettuata dai Sig.ri L.F.L., A. e S.;

h) ad oggi il Sig. A.L.F. è direttore tecnico della S..

2. Il ricorso non è fondato.

La Corte territoriale ha tratto le mosse dalla sentenza del Tribunale, che aveva ritenuto di poter rinvenire tra le società convenute un gruppo societario caratterizzato da un collegamento forte, dall’unicità dello scopo aziendale e da un unico centro di imputazione datoriale sulla base dei seguenti indici sintomatici: la presenza dominante dei fratelli L.F. dell’assetto delle società del gruppo; la presenza forte degli stessi in ambito aziendale (uno di essi nella veste di direttore tecnico); il loro rapporto diretto con il personale per ragioni inerenti le prestazioni lavorative; la scarsa presenza di consistenza nella sede della figura dell’amministratore unico; il passaggio immediato e sistematico di personale dall’una all’altra società.

Ha tuttavia evidenziato che nulla era emerso in sede istruttoria con riferimento alle società S. s.p.a. e M. s.p.a. , essendo irrilevante il fatto che L. L.F. ricopra la posizione di maggior azionista per entrambe.

Quanto ai rapporti tra S. s.r.l. e L. L.F. s.p.a., ha ritenuto che la conclusione del Tribunale non potesse essere condivisa, essendo dirimente la circostanza che nessuno dei testi avesse confermato la tesi dell’utilizzazione contemporanea e promiscua delle prestazioni lavorative dei rispettivi dipendenti da parte delle due società, essendo gli stessi transitati dall’una all’altra con nuova assunzione maturata a seguito dell’avvio di procedura di mobilità con la partecipazione sindacale. In tal modo, rilevava la Corte, la L. L.F. s.r.l. aveva realizzato una sorta di esternalizzazione (a S. s.r.l.) di attività già in precedenza da lei gestite, ovvero il trasporto e l’attività amministrativa e contabile. Non era poi emerso con la necessaria univocità che dopo il passaggio a S. s.r.l. i dipendenti continuassero ad essere diretti e coordinati dai fratelli L.F., a parte A. che ne era dirigente, né che la seconda società fosse priva di effettiva e autonoma struttura idonea a fungere da supporto ai rapporti di lavoro con i propri dipendenti.

3. Quanto riferito consente di concludere che le premesse in diritto dalle quali ha tratto le mosse la Corte territoriale sono coerenti con gli arresti di questa Corte, che ha ancora di recente ribadito ( v. Cass. n. 13809 del 31/05/2017 e n. 26346 del 20/12/2016) che il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo non è, di per sé solo, sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si debbano estendere anche alle altre, a meno che tale collegamento non configuri un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro, in ragione dell’esistenza di un’unica struttura organizzativa e produttiva, dell’integrazione delle attività esercitate dalle diverse imprese, del coordinamento tecnico, amministrativo e finanziario e dello svolgimento della prestazione di lavoro in modo indifferenziato, in favore delle diverse imprese del gruppo.

4. Né la sentenza risulta censurabile sotto il profilo del vizio di motivazione, nei limiti in cui esso è oggi configurato dalla formulazione dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. introdotta dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha ridotto al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla motivazione, nel senso chiarito dalle Sezioni Unite con le sentenza n. 8053 e 8054 del 2014, secondo il quale la lacunosità e la contraddittorietà della motivazione possono essere censurate solo quando il vizio sia talmente grave da ridondare in una sostanziale omissione, né può fondare il motivo in questione l’omesso esame di una risultanza probatoria, quando essa attenga ad una circostanza che è stata comunque valutata dal giudice del merito.

E difatti, le circostanze fattuali valorizzate nel ricorso (nonché le deposizioni testimoniali richiamate) sono state valutate dalla Corte di merito, come risulta sia da quanto espressamente enunciato che dal raffronto che ha ritenuto di fare con la differente valutazione del Tribunale, ma con risultato diverso da quello patrocinato dal ricorrente, o sono state ritenute implicitamente non rilevanti o comunque non decisive nell’economia complessiva della valutazione.

8. Per tali motivi il ricorso, manifestamente infondato, va rigettato con ordinanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, comma 1, n. 5, cod. proc. civ..

9. Segue la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate come da dispositivo con compenso unico in favore di tutte le controricorrenti, trattandosi di difesa di più parti aventi identica posizione processuale e costituite con lo stesso avvocato (v. Cass. n. 17215 del 27/08/2015, Cass. n. 17393 del 13/07/2017).

10. Sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi 4.800,00 per compensi, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.