CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 maggio 2019, n. 12790
Rapporto di lavoro subordinato – Accertamento – Prova – Pagamento delle differenze retributive spettanti
Rilevato che
1) In primo grado il tribunale di Roma accoglieva parzialmente la domanda di A.I. che aveva chiesto la condanna di F. e G.C. al pagamento della somma di euro 36991,40 a titolo di differenze retributive e di indennità di fine rapporto per la prestazione subordinata resa in favore di C. dal 2000 fino al 2006 con mansioni di addetto al banco vendita di IV livello CCNL settore terziario.
2) Il giudice di prime cure condannava C. al pagamento della somma di 27353,00 con riferimento all’importo riconosciuto dai convenuti con una transazione tra le parti per il periodo di lavoro dal 1996 al 2001, non avendo i convenuti provato l’effettivo pagamento di detta somma.
3) Sia I. che C. hanno proposto appello avverso la sentenza con separati giudizi, poi riuniti dalla corte d’appello romana.
4 ) In particolare I. ha lamentato l’omessa pronuncia da parte del tribunale dell’esistenza del rapporto di lavoro anche per il periodo dal 2001 al 2006, come richiesto nel ricorso introduttivo di causa e comunque l’errata valutazione in termini di mancata prova dell’esistenza del rapporto di lavoro in tale periodo.
5 ) Gli appellanti incidentali C. hanno lamentato la violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere il primo giudice deciso in ordine ad una domanda non svolta dal ricorrente I. in primo grado, relativa a crediti afferenti ad un diverso periodo, dal 1996 al 2001, rispetto a quello oggetto del giudizio di primo grado.
6) La Corte territoriale ha ritenuto che dai conteggi prodotti da I. emergeva che la richiesta di pagamento era limitata alla somma di 3175,00 euro per il periodo 2000/2001 e che il lavoratore non aveva chiesto la somma di 27.353 euro riconosciuta dal tribunale in violazione dell’art. 112 c.p.c., che invece non era stata provata dal lavoratore l’esistenza del rapporto per il periodo successivo, dal 2001 fino al 2006 .
7) La corte di merito ha quindi accolto l’appello svolto da C., respingendo l’appello di I. e rigettando il ricorso di primo grado.
8) Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione I. affidato a un motivo, poi illustrato da memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c.; sono rimasti intimati F. e G.C.
Considerato che
9) Con l’unico motivo di ricorso, in realtà articolato in più distinte censure , si deduce la violazione e /o falsa applicazione degli art. 2967 e 2733 c.c., degli art. 112, 115 e 116 c.p.c., dell’art. 234 c.p.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., nonché un’omessa “valutazione di circostanze determinanti ” ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c.:
a) avrebbe errato la corte territoriale nel ritenere che fosse onere del ricorrente provare la spettanza di euro 3175 ,52 per il periodo di lavoro 2000/2001, laddove invece era onere del convenuto debitore fornire la prova di aver retribuito il ricorrente per il periodo di rapporto di lavoro dal 2000/2001, riconosciuto da C. con l’atto transattivo del luglio 2002, prodotto in causa;
b) avrebbe poi violato la corte di merito l’art. 112 c.p.c. per aver omesso di decidere sulla specifica domanda di pagamento della somma di 36991,40 o “di quella maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia”, essendo tale indicazione non limitativa del quantum, richiesto subordinatamente in importo anche minore;
c) ancora avrebbe errato la corte di merito non considerando che oggetto della domanda era comunque l’accertamento del rapporto di lavoro dal 2000 al 2006, con conseguente pagamento delle retribuzioni per € 36.991,40 o di “importo maggiore o minore” e che comunque vi erano state dichiarazioni confessorie del C. sulla natura subordinata del rapporto intercorso tra le parti, certamente dal 1996 al 2000, così che sul punto vi sarebbe un accertamento definitivo irrevocabile, non essendo stata oggetto di impugnazione la relativa statuizione del giudice di prime cure;
d) avrebbe ancora errato la corte nel non considerare che parte datoriale aveva eccepito per la prima volta in appello il pagamento del TFR e delle retribuzioni differite di 13^ e 14^ e festività, in tal modo liberando il creditore dell’onere di provare il fondamento di tale pretesa economica, di cui aveva ammesso implicitamente l’esistenza, mentre la conciliazione non era integrata da alcun atto di quietanza che indicasse l’effettivo avvenuto pagamento della somma di 27353,00;
e) infine sarebbe illogica e contraddittoria la motivazione nella parte in cui la ritenuto la carenza probatoria circa la natura subordinata del periodo di lavoro dal 2000 al 2006, avendo la corte omesso di valutare le dichiarazioni confessorie contenute nella memoria di costituzione, come anche di ritenere inattendibili le testimonianze raccolte in primo grado.
10) Va premesso che il ricorso, in maniera certamente non lineare neanche nella esposizione sommaria dei fatti, accorpa in un solo motivo più censure distinte tra loro. Tuttavia, come statuito da questa Corte (cfr Cass. n. 9100/2015) “ il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati“.
11) La prima doglianza, indicata sub a), è fondata. Emerge dall’ esposizione in fatto che la domanda svolta in primo grado aveva ad oggetto l’accertamento della natura subordinata del rapporto intercorso tra le parti dal 1.1.2000 al 31.12.2006 e che il relativo credito retributivo vantato per tale periodo, comprensivo del TRF, ammontasse a complessivi € 36.991,40. L’odierno ricorrente ha poi trascritto (pag 5 del ricorso) per esteso in ricorso un “atto di conciliazione” datato 1.7.2002, sottoscritto da F.C., in cui le parti si danno atto dell’esistito rapporto di lavoro di natura subordinata con inizio nel 1996 e sino a tutto l’anno 2001. La sentenza impugnata nel respingere la richiesta di condanna al pagamento di somme che si riferivano al periodo indicato nel ricorso introduttivo di primo grado, chiaramente afferente agli anni dal 2000 al 2006, ha riformato la sentenza di primo grado che, erroneamente aveva riconosciuto somme relative a detto periodo, ritenendo che il lavoratore non aveva comunque fornito la prova della spettanza neanche della somma di euro 3.175,52, credito che emergeva dai conteggi prodotti e che si riferiva alle somme ritenute dovute relativamente al solo periodo 2000/2001.
12) L’assunto della Corte invero è errato. Emerge dal documento datato 1.7.2002 – denominato atto di conciliazione – che il datore di lavoro C. riconosce l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato per il periodo dal 1996 sino al 2001, con orario part time di 20 ore settimanali. Pertanto, quanto meno in relazione al più ristretto periodo lavorativo 2000/2001, vi è prova di un rapporto intercorso tra le parti nei termini di cui all’atto transattivo in esame, contenente un riconoscimento della natura subordinata del rapporto sino a tale anno. In ragione di tale riconoscimento, che comporta la responsabilità del debitore ai sensi dell’art. 1218 c.c., incombeva al datore di lavoro C., in base ai principi che regolano l’onere di prova di cui all’art. 2697 c.c., dimostrare di aver pagato l’importo richiesto dal lavoratore per il periodo dal 2000 al 2001, secondo i conteggi prodotti in causa dallo stesso ricorrente ma che , come precisato dalla Corte distrettuale, ammontavano ad € 3.171,52 e non a € 27.353 come riconosciuto dal tribunale.
13) Inammissibili e comunque infondate sono le ulteriori doglianze, sia di quelle indicate ai punti b) c) e d) che essendo connesse possono esaminarsi congiuntamente, sia di quella indicata al punto e) .
14) Quanto alle prime tre censure, va rilevato che nel ricorso di primo grado la domanda di accertamento della natura subordinata del rapporto e la conseguente condanna al pagamento delle differenze retributive spettanti è riferita espressamente all’arco temporale intercorrente dal 2000 al 2006, limitando il ricorso ex art. 414 c.p.c. solo a tale periodo la causa petendi ed il relativo petitum della domanda. Per il periodo 2000/2001 la corte distrettuale ha precisato che la somma richiesta dal ricorrente nei conteggi allegati ammontava ad euro 3.171,522, ritenendo quindi errata la somma riconosciuta dal Tribunale nella misura di e 27.353, perché di fatto extra petita.
15) Le censure del ricorrente a tali argomentazioni sono confuse e non pertinenti , in violazione del principio di specificità richiesta dall’art. 366 c. 2 n. 4 c.p.c., perché non individuano esattamente il vizio in cui sarebbe incorsa la corte di merito, che espressamente ha fatto riferimento, per il solo periodo 2000/2001, ai conteggi prodotti dal ricorrente e non a quanto risultante dagli importi indicati, per ciascun anno dal 1996 al 2001, nell’atto di conciliazione più volte ricordato , ai quali i giudici di merito non hanno dato rilievo alcuno, trattandosi di atto che si riferiva ad un periodo per la maggior parte escluso dalla domanda. Tuttavia tale ratio decidendi , lo si ripente, non è stata oggetto di una precisa doglianza, essendosi il ricorrente limitato a ribadire che comunque la somma riconosciuta dal tribunale rientrava nell’ammontare globale richiesto in giudizio , pari ad € 36.991,40 e che la precisazione contenuta nelle conclusioni di condanna al pagamento di detto importo o di “somma maggiore o minore ” evitava di incorrere nella violazione dell’art. 112 c.p.c., invece rilevata dalla sentenza impugnata.
16) Non merita infine accoglimento neanche l’ ultima censura che si duole della “illegittima e contraddittoria motivazione ” della corte territoriale che ha ritenuto non provata la natura subordinata del rapporto per il periodo successivo al 2001 e fino al 2006. Il ricorrente lamenta un'”illegittimità e contradditorietà ” della sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso che fosse stata provata da I. l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato per il periodo successivo al 2001.
17) Ma la corte territoriale ha ritenuto che l’istruttoria espletata in primo grado attraverso le prove testimoniali, indicate in motivazione, non aveva consentito di accertare la continuità della prestazione e il preciso orario di lavoro, stante anche l’inattendibilità dei testi escussi. Se ne deduce, pertanto, che la sentenza impugnata ha esaminato i fatti oggetto di discussione tra le parti, certamente decisivi. Il ricorrente in realtà richiede un riesame di tali fatti, che sono stati oggetto delle testimonianze raccolte, alla luce di una valutazione diversa da quella effettuata dalla corte d’appello, operazione che in sede di legittimità è del tutto preclusa.
17) All’accoglimento della prima censura dell’articolato motivo e nel rigetto del ricorso in relazione alle ulteriori doglianze, come sopra precisato, segue la cassazione della sentenza, con rinvio alla corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che dovrà verificare l’ammontare, in base ai conteggi prodotti in giudizio dal ricorrente, del credito a lui spettante, tenendo conto di quanto statuito al punto 12. Si demanda al giudice di rinvio altresì la determinazione della spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il motivo per quanto di ragione , rigettato nel resto il ricorso, cassa la sentenza impugnata nei termini di cui in motivazione, rinviando alla corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche sulle spese.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 26 maggio 2020, n. 9800 - Le ritenute fiscali non possono essere detratte dal debito per differenze retributive, giacché la determinazione di esse attiene non al rapporto civilistico tra datore e lavoratore, ma a quello…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 524 depositata l' 11 gennaio 2023 - Il credito al trattamento di fine rapporto, se, in effetti, è esigibile soltanto con la cessazione del rapporto di lavoro subordinato, matura (ed è, come tale, certo nell’an e…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 28, settembre 2022, n. 28284 - L'azione promossa dal lavoratore subordinato ed avente ad oggetto il riconoscimento della qualifica superiore si prescrive nell'ordinario termine decennale di cui all'art. 2946 cod. civ.,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 31 maggio 2019, n. 15018 - Accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato e richiesta di differenze retributive - Violazione del precetto di cui all'art. 2697 c.c.
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 28 ottobre 2020, n. 23768 - In tema di contratto di lavoro a progetto, il regime sanzionatorio articolato dall'art. 69 del d.lgs. n. 276 del 2003, pur imponendo in ogni caso l'applicazione della disciplina del rapporto…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 21 maggio 2021, n. 14062 - In caso di cessazione del rapporto di lavoro, le indennità spettanti sono assoggettate alla prescrizione quinquennale ex art. 2948 n. 5 cod. civ. e non all'ordinario termine decennale, a…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…
- E illegittimo il licenziamento del dipendente in m
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata…
- Illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9937 depositata…