CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 maggio 2020, n. 8919
Tributi – IVA – Operazioni oggettivamente inesistenti – Detraibilità – Esclusione – Assenza del danno erariale – Irrilevanza
Svolgimento del processo
L’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti della C.D.M. Group s.p.a. in liquidazione avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2006 ai fini Ires, Irap e Iva, in conseguenza della esclusione di costi documentati da fatture relative ad operazioni oggettivamente inesistenti ed irrogava le conseguenti sanzioni. All’avviso di accertamento seguiva la notificazione della cartella di pagamento emessa su ruolo straordinario
In particolare, l’Ufficio rilevava che, a seguito di verifica, era emerso che la contribuente aveva portato in detrazione ai fini Iva i costi recati da due fatture (la n.2609 e la n.100) afferenti ad operazioni oggettivamente inesistenti. La prima di tali operazioni riguardava l’acquisto di un impianto apparentemente venduto alla contribuente dalla Cartiera della M. S.p.a.; la seconda operazione riguardava invece costi sostenuti da C.D.M. P. Group e riversati sulla contribuente in forza di asseriti accordi commerciali. Le operazioni erano state poste in essere da società controllate dal medesimo gruppo familiare.
La Commissione Tributaria Provinciale di Lucca, con la sentenza n. 37/02/11, riuniti i ricorsi proposti contro l’avviso di accertamento e il ruolo straordinario emesso a seguito dell’avviso di accertamento accoglieva parzialmente il ricorso contro l’avviso, confermando i rilievi sulle operazioni inesistenti e rideterminava l’importo con riferimento alla omessa contabilizzazione degli interessi attivi.
La Commissione Tributaria Regionale della Toscana, con sentenza n. 65/13/12 depositata il 10.5.2012, accoglieva il ricorso principale della contribuente affermando che il giudice di primo grado aveva errato nel ritenere che le vendite tra la controllante C.D.M. Group s.p.a. e le controllate C.D.M. P. Group spa e Cartiera la M. costituissero operazioni oggettivamente inesistenti per il solo mancato pagamento del prezzo dell’impianto ceduto e che, pertanto, la società venditrice poteva detrarre la relativa Iva; accoglieva l’appello incidentale dell’ufficio nella parte in cui la Commissione Provinciale aveva ritenuto erroneamente deducibile in unica soluzione l’importo corrisposto dalla società a titolo di riscatto anticipato del contratto di leasing in violazione del principio di competenza.
Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per Cassazione affidando il suo mezzo a tre motivi.
C.D.M. Group s.r.l. in liquidazione resiste con controricorso, illustrato con memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli art. 19, 21 e 54 DPR 633/1972, nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c.
2. Con il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio.
Con entrambi i motivi l’Ufficio lamenta che la CTR aveva negato valore indiziario al mancato pagamento del prezzo, affermando l’irrilevanza dello stesso, e aveva fondanto la decisione sulla mera regolarità formale dell’operazione, trascurando di prendere in esame il complesso quadro probatorio rappresentato dall’ufficio.
3. I motivi, da esaminare unitariamente, sono fondati.
3.1. La vicenda riguarda, per come contestata e come ritenuto dalla CTR, operazioni oggettivamente inesistenti.
Va ribadito che, secondo la giurisprudenza che si è andata consolidando sulla problematica relativa alla detraibilità dell’I.V.A. ed alla deducibilità dei costi nel caso di fatture relative ad operazioni oggettivamente inesistenti, la fattura, di regola, costituisce titolo per il contribuente ai fini del diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto e alla deducibilità dei costi in essa annotati, per cui spetta all’Ufficio dimostrare il difetto delle condizioni per l’insorgenza di tale diritto.
Tale prova può essere fornita anche mediante elementi indiziari e presuntivi, poiché la prova presuntiva non è collocata su un piano gerarchicamente subordinato rispetto alle altre fonti di prova e costituisce una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza anche in via esclusiva ai fini della formazione del proprio convincimento (Cass. n. 9108 del 6/6/2012).
Pertanto, nel caso in cui l’Ufficio ritenga che la fattura concerna operazioni oggettivamente inesistenti, ossia sia mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere, e quindi, contesti anche l’indebita detrazione dell’I.V.A. e la deduzione dei costi, ha l’onere di provare che l’operazione fatturata non è mai stata effettuata, indicando, a tal fine, elementi anche indiziari (Cass. n. 20059 del 24/9/2014; n. 15741 del 19/9/2012; n. 27718 del 11/12/2013; n. 9363 del 8/5/2015; nello stesso senso C. Giust. 6 luglio 2006, C- 439/04; 21 febbraio 2006, C- 255/02; 21 giugno 2012, C. 80/11); a quel punto passerà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate. Tale ultima prova non può tuttavia consistere nella esibizione della fattura o nella dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poiché questi sono facilmente falsificabili o vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. n. 17619 del 5/7/2018; n. 5406 del 18/3/2016; n. 18118 del 14/9/2016; n. 28683/15; n. 428 del 14/1/2015; n. 12802 del 10/6/2011; n. 15228 del 3/12/2001).
Con specifico riferimento all’I.V.A., inoltre, in caso di operazioni oggettivamente inesistenti, il diritto alla detrazione dell’imposta non può in alcun modo farsi discendere – anche sul piano probatorio – dal solo fatto dell’avvenuta corresponsione dell’imposta formalmente indicata in fattura, richiedendosi, altresì, l’inerenza dell’operazione all’impresa, che è certamente mancante in relazione al pagamento dell’I.V.A. corrisposta per operazioni (anche parzialmente) inesistenti, in quanto di per sé inidoneo a configurare un pagamento a titolo di rivalsa, trattandosi di costo non inerente all’attività dell’impresa, ed anzi potenziale espressione di detrazione verso finalità ulteriori e diverse, tali da rompere il detto nesso di inerenza (Cass. n. 735 del 19/1/2010; n. 6973 del 8/4/2015).
3.2. Orbene, la sentenza impugnata non ha dato corretta applicazione degli enunciati principi di diritto.
La CTR, infatti, ha fondato la propria decisione unicamente sulla regolarità formale delle fatture, circostanza per come chiarito sopra irrilevante, affermando che il mancato pagamento del prezzo, in quanto elemento non essenziale del contratto di vendita, non comportava l’inesistenza dell’operazione, nemmeno a livello indiziario, senza esaminare nessun altro degli elementi forniti dall’amministrazione né singolarmente, né operandone una valutazione complessiva ed unitaria, secondo il corretto modello del ragionamento presuntivo.
Nell’avviso di accertamento, trascritto in ossequio del principio di autosufficienza si evince che l’ufficio aveva contestato, tra l’altro che:
1) l’operazione fosse intercorsa tra soggetti appartenenti allo stesso gruppo societario; 2) che il prezzo della cessione non fosse stato pagato, ancorchè nelle condizioni di pagamento vi fosse l’indicazione “bonifico bancario vista fattura”: 3) che l’impianto fosse rimasto presso la cedente C.D.M. P. Group che continuava ad utilizzarlo senza alcun titolo giustificativo; che l’ammortamento del bene era stato eseguito dalla C.D.M. P.Group, circostanze astrattamente idonee a provare, almeno presuntivamente che l’operazione non era mai stata posta in essere.
4. Con il secondo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 21 e 54 DPR 633/1972 nonché dell’art. 2697 c.c. per avere la CTR ritenuto il diritto alla detrazione ritenendo decisiva la circostanza che il venditore avesse versato l’IVA indicata nelle fatture e che tale circostanza escludeva il danno erariale.
La circostanza è fondata L’esistenza di danno per l’Erario non è circostanza rilevante ai fini del disconoscimento della detraibilità dell’Iva poiché “ciò che viene in rilievo è l’inesistenza di un diritto alla detrazione (e, dunque, il recupero di quanto indebitamente detratto) per la mancanza di una operazione economica” (Cass. 222019/2019).
Il ricorso deve essere, pertanto accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
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