CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 maggio 2021, n. 13044
Tributi – IVA agevolata – Cooperativa edilizia – Prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione di fabbricati a destinazione abitativa non di lusso – Requisiti – Rettifica – Nei confronti del socio – Inammissibilità
Rilevato
1. La contribuente, legale rappresentante e socio accomandatario della società F.R. Edilizia e Costruzioni, era attinta da avviso di accertamento ai fini IRPEF per l’anno d’imposta 2003, con cui l’Ufficio rettificava i redditi in ragione della sua partecipazione alla società. L’atto impositivo faceva seguito ad un precedente accertamento, eseguito nei confronti della società ai fini IVA e IRAP per il medesimo periodo d’imposta.
2. Entrambi gli avvisi venivano impugnati. In particolare la socia contribuente svolgeva plurime censure, sia di rito sia di merito, in primis l’erronea applicazione dell’IVA al 10% anziché al 4% applicabile, quest’ultima, in presenza di determinati requisiti, anche di natura soggettiva. Costituitosi l’Ufficio, la Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso.
3. La contribuente proponeva appello, cui resisteva l’Ufficio. La Commissione tributaria regionale dava atto di aver accolto parzialmente l’appello promosso dalla società. Conseguentemente il maggior reddito riconosciuto nei confronti di quest’ultima veniva attributo alla socia ricorrente nella misura ridotta del 50% in ossequio al principio di trasparenza, ivi compensando anche le spese di lite.
4. Ricorre per la cassazione della sentenza l’Avvocatura generale dello Stato che si affida ad un unico motivo di ricorso.
Rimane intimata la contribuente.
Considerato
1. Con l’unico motivo di ricorso la difesa erariale denunzia la violazione degli artt. 6 e 26 del d.p.r. n. 633/1972 (TAB. A. n. 39) così come modificati dagli artt. 13 L. n. 408/1949 e 4, comma 1, L. n. 133/1994 in parametro all’art. 360 n. 3 c.p.c. per avere la CTR erroneamente ritenuto applicabile l’aliquota Iva agevolata del 4% a soggetti privi dei requisiti soggettivi previsti dalla legge. In particolare la CTR avrebbe errato nel ritenere insussistente l’obbligo della preliminare verifica della destinazione a “prima casa” dell’immobile acquistato dall’acquirente, tenuto anche conto che sarebbe illogico far ricadere sull’appaltatore le condotte del committente.
Il motivo è inammissibile.
1.1 La difesa erariale impugna la sentenza emessa nei confronti del socio ivi svolgendo però le censure che avrebbe dovuto muovere contro la decisione resa all’esito della vertenza in cui era parte la società. Era in quel giudizio, infatti, che la Commissione tributaria regionale ha affrontato la questione dell’applicabilità dell’IVA agevolata al 4% per la prima casa, mentre con la decisione oggetto del presente giudizio il Giudice d’appello si limita, di fatto, a riconoscere alla socia contribuente il maggior reddito in applicazione del principio di trasparenza.
È dunque evidente come l’Avvocatura dello Stato cerchi di svolgere nei confronti della socia contribuente le censure che avrebbe potuto fondatamente svolgere nei confronti della società.
2. Invero, anche recentemente questa Corte ha affermato che “La previsione dell’aliquota Iva agevolata del 4% di cui al punto 39 della tabella A del d.P.R. n. 633 del 1972 per le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione di fabbricati di cui all’art. 13 della legge n. 408 del 1949 citata e successive modificazioni, costituendo una norma agevolatrice a carattere eccezionale e derogatorio, è di stretta interpretazione. La norma subordina l’applicabilità dell’agevolazione tributaria al ricorrere di due presupposti, uno di carattere oggettivo relativo alla costruzione dei fabbricati di cui all’art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, e l’altro di carattere soggettivo relativo alla destinazione della prestazione di servizi nei confronti di soggetti che svolgono l’attività di costruzione di immobili per la successiva vendita, ivi comprese le cooperative edilizie e loro consorzi, ovvero di soggetti per i quali i fabbricati non di lusso costituiscono la “prima casa”. La ratio di detta norma è quella di favorire l’incremento delle costruzioni edilizie con riguardo agli edifici che, complessivamente considerati, abbiano come destinazione funzionale prevalente quella abitativa secondo il rapporto fissato dalle norme integratrici e interpretative di cui all’art. 1 della legge n. 1493 del 1962 e all’articolo unico della legge n. 1212 del 1967. Dal quadro normativo di riferimento emerge inequivocabilmente (come già statuito da questa Corte in precedenza, Cass. 10213/2018) come l’agevolazione fiscale in questione sia stata dal legislatore subordinata alla prevalente ed effettiva vocazione residenziale dell’edificio, comprendente le unità immobiliari (non di lusso), la cui costruzione sia oggetto di contratto di appalto” (Cfr. Cass., V, n. 28070/2019).
3. Tuttavia, come anzidetto, detta censura poteva essere svolta impugnando la decisione emessa nei confronti della società e non quella emessa nei confronti del socio, che riconosce unicamente il maggior reddito in capo a quest’ultimo in applicazione del principio di trasparenza.
In limine, occorre rilevare come il vincolo necessario del litisconsorzio tributario, in relazione all’IRAP societaria, secondo l’arresto delle S.U. n. 13452/2017 (Rv. 644364 – 01) e in relazione all’IVA della società in forza di Cass. V, n. 12236/2010 (Rv. 613071 – 01), risulti spezzato dal giudicato riflesso favorevole (Cass, S.U. n.14816/2008 in motivazione), formatosi sull’anno d’imposta 2003 per effetto della pronuncia di questa Sezione, n. 9430/2020, riguardo alla S.A.S. (di cui l’odierna contribuente è socia), la cui rilevazione officiosa è consentita, come già affermato da questa Corte (cfr. Cass. V, n. 1564/2007, Rv. 595300 – 01).
Il motivo di ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Non si fa luogo alla pronuncia sulle spese stante la mancata costituzione del contribuente.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
dichiara ricorso inammissibile.
Nulla per le spese.