CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 maggio 2021, n. 13091
Tributi – Accertamento – Irrogazione sanzioni – Soggetto individuato come amministratore di fatto – Elementi indicati nel PVC redatto dalla Guardia di Finanza – Prova assistita da fede privilegiata
Rilevato che
1. Con sentenza n. 49/8/13, emessa in data 20 marzo 2013, depositata il successivo 10 aprile, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (CTR) ha accolto l’appello proposto da D.P.G. (di seguito, il contribuente) ed ha annullato “l’avviso di accertamento relativamente all’irrogazione delle sanzioni nei confronti di D.P.G.”, riformando la sentenza emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Milano (CTP) che ne aveva rigettato il ricorso.
2. La controversia ha ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento, concernente Iva, Irpef, Irap e le correlate sanzioni per il periodo d’imposta 2003, emesso a seguito della verifica fiscale condotta nei confronti della società E. s.r.l. (esercente attività di imprese di pulizia).
3. L’avviso, per come risulta dagli atti delle parti, si fondava su un p.v.c. redatto dalla Guardia di Finanza con cui si contestava al contribuente la commissione di gravissimi reati, finalizzati a evasione ed elusione fiscale, posti in essere quale amministratore di fatto del cosiddetto G.D.P., costituito da 132 società.
4. La CTR, nell’accogliere l’appello del contribuente evidenziava che dalle produzioni in atti non emergeva che il contribuente avesse assunto il ruolo di amministratore di fatto, in quanto “alcuno specifico riferimento alla società E. Srl di cui al presente giudizio; con l’indicazione di una qualche condotta posta in essere dall’appellante nell’ambito di operatività di tale società, personalmente o anche in concorso con altre persone, che serva ad attribuirgli il ruolo rilevante ai fini fiscali di cui si discute”. Dichiarava superfluo esaminare le restanti questioni sollevate.
5. L’agenzia ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza per due motivi, cui il contribuente resiste con controricorso, illustrato con memoria.
Considerato che
1. Preliminarmente, rileva la Corte che le eccezioni di inammissibilità del ricorso formulate dal contribuente sono infondate:
– quanto a quella fondata sull’assenza dei requisiti dell’autosufficienza e dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, diversamente da quanto sostenuto dal controricorrente, il ricorso in esame contiene specifiche, intellegibili ed esaurienti argomentazioni idonee a delineare tutte le questioni su cui il Collegio è chiamato a pronunciare;
– quanto a quella di violazione del principio di autosufficienza in relazione all’art. 369, comma 2 n. 4 c.p.c., il ricorso riporta in allegato sia l’avviso di accertamento sia il pvc su cui l’agenzia poggia i propri assunti e la trascrizione delle parti oggetto di doglianza,; esso pertanto contiene in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio e accedere a fonti esterne allo stesso ricorso;
– quanto alla “inammissibilità dei motivi di ricorso, proposti unitariamente e cumulativamente come difetto motivazione e violazione di legge”, si rileva che tra la censura di motivazione apparente e omessa motivazione intercorre un rapporto di continenza per cui non si ravvisa nessuna incompatibilità a che, in via alternativa, si deduca che, ove si escluda l’apparenza, sia ravvisabile il vizio di motivazione;
– quanto alla dedotta inammissibilità del motivo afferente la violazione dell’articolo 360, comma primo n. 5, c.p.c., se ne rileva l’infondatezza atteso che “Le disposizioni di cui all’art. 54, d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni, dalla l. 7 agosto 2012, n. 134, si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze pronunciate dalle Commissioni tributarie regionali e ciò sia per quanto riguarda la nuova formulazione del n. 5) dell’art. 360 cod. proc. civ., secondo la quale la sentenza d’appello è impugnabile ‘per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, sia per quanto riguarda l’ultimo comma dell’aggiunto articolo 348 – ter cod. proc. civ., secondo il quale la proponibilità del ricorso per cassazione è ammessa esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) del primo comma dell’articolo 360, qualora l’impugnazione sia proposta avverso una sentenza d’appello che confermi la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione appellata (Cass. sez. un. n. 8053 del 2014)”.
2. Con il primo motivo di ricorso, l’agenzia denuncia «Nullità della sentenza: violazione dell’art. 36, D. Lgs. 546/1992, dell’art. 132 disp. att. c.p.c., comma 2 n. 4, c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c. – vizio di motivazione apparente, in relazione all’art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c.»; si contesta che la CTR abbia accolto l’appello del contribuente “affermando apoditticamente l’assenza di prova in merito al fatto decisivo (il ruolo di amministratore di fatto svolto dalla ricorrente) senza prendere alcuna posizione sulle evenienze documentali agli atti, puntualmente evidenziate dall’agenzia sia in sede di costituzione di primo grado, sia in sede di costituzione in appello”. In particolare, l’agenzia alle pagine da 14 a 16 riporta le risultanze del PVC, richiamate sia in sede di costituzione di primo grado sia in appello, da cui si desumeva il ruolo di amministratore di fatto del contribuente, lamentando che esse non erano state prese in esame dalla sentenza impugnata (intercettazioni di conversazioni telefoniche, sequestro di documentazione, verbali di sommarie informazioni testimoniali).
3. La censura è inammissibile. Per consolidato e condivisibile indirizzo di questa Corte, la sentenza è nulla, ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., qualora risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda, ovvero qualora la motivazione sia solo apparente, poiché si estrinseca in argomentazioni non idonee a rivelare le ragioni della decisione, ossia qualora non siano indicati gli elementi da cui il giudice ha tratto il proprio convincimento, o ancora quando tali elementi siano indicati senza una adeguata disamina logico-giuridica, mentre tale vizio resta escluso con riguardo alla valutazione delle circostanze in senso difforme da quello preteso dalla parte (Cass. 8 gennaio 2009, n. 161; Cass. Sez. U, 21 dicembre 2009, n. 26825).
3.1. La motivazione è, quindi, solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo – quando, benché graficamente esistente, non renda tuttavia percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, 3 novembre 2016, n. 22232).
3.2. La sentenza impugnata non merita affatto cassazione per il dedotto vizio motivazionale, posto che, sia pure in forma alquanto sintetica, comunque espone la ragione essenziale per la quale ha accolto il gravame del contribuente, individuandola nella mancanza di prova in ordine al ruolo di amministratore di fatto assunto dal contribuente in riferimento alla società E. s.r.l. Si può dunque affermare che la motivazione della sentenza medesima superi la soglia del c.d. “minimo costituzionale”. Trattandosi di motivazione che esplicita le ragioni della decisione, eventuali profili di «insufficienza» della motivazione non determinano nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.
4. Con il secondo motivo, l’agenzia deduce “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 n. 5 c.p.c.)”; si contesta, in base agli stessi elementi riportati nel motivo che precede, che la CTR avrebbe omesso di motivare le ragioni per cui aveva ritenuto irrilevanti gli elementi decisivi per il giudizio dedotti dall’agenzia a sostegno del riconoscimento del ruolo di amministratore di fatto del contribuente.
4.1. La censura è fondata. In effetti, pur affermando che non vi era “alcuno specifico riferimento alla società E. Srl di cui al presente giudizio; con l’indicazione di una qualche condotta posta in essere dall’appellante nell’ambito di operatività di tale società, personalmente o anche in concorso con altre persone, che serva ad attribuirgli il ruolo rilevante ai fini fiscali di cui si discute”, la CTR ha omesso di prendere in esame i fatti storici indicati dall’ufficio a sostegno della pretesa e di indicare le ragioni per cui gli elementi specifici indicati dall’agenzia nell’avviso di accertamento, trascritto nel ricorso, e riportati negli atti di parte alle pagg. 18-21, non fossero dimostrativi del ruolo di amministratore di fatto svolto dal contribuente. Era infatti compito della CTR, in particolare, – prendere in esame l’elenco delle 132 società in cui si afferma essere inserita anche l’E. s.r.l., – verificare il contenuto delle intercettazioni, delle s.i.t., del contenuto della cartella sequestrata, – se effettivamente D.P. aveva un potere dispositivo sui conti intestati alla società, e, all’esito di questa ricognizione valutare il ruolo del D.P., indicato come amministratore di fatto, non trascurando che il PVC è assistito da fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 c.c., relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale.
4.2. La motivazione resa dalla CTR si rivela meramente assertiva, così da non consentire di individuare il percorso argomentativo seguito, né di cogliere le ragioni per cui gli elementi addotti dall’ufficio fossero sprovvisti di valenza probatoria.
5. La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al secondo motivo, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo, accoglie il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame alla CTR della Lombardia in diversa composizione, la quale provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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