CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 marzo 2018, n. 6265
Fallimento – Procedura – Tributi – Reddito d’impresa – Accertamento – PVC – Contenzioso tributario
Rilevato che
il curatore del fallimento della società «L.M.I.A.» S.p.A. impugnava dinanzi alla C.T.P. di Campobasso l’avviso di accertamento con il quale, in relazione all’anno di imposta 1999, l’Agenzia delle entrate rilevava, sulla base del processo verbale di constatazione redatto dall’Ufficio di Campobasso a seguito di una verifica generale, un reddito d’impresa di £ 774.595.000 a fronte di quello dichiarato di £ 2.457.917.000 interamente compensato con le perdite maturate negli esercizi precedenti;
che la società contribuente deduceva la erronea valutazione di alcune voci di costo (per quel che ancora interessa in questa sede, «fondo rischi su crediti», «formazione operai, dirigenti e impiegati», «manutenzioni e riparazioni») ritenute dall’Ufficio indeducibili; che avverso la pronuncia di accoglimento – riguardo alle suddette voci – del ricorso proponeva appello l’Agenzia delle entrate dinanzi alla C.T.R. del Molise che, con sentenza depositata il 25 giugno 2009, confermava la decisione di primo grado;
che avverso tale sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di nove motivi;
che la società contribuente non ha svolto difese;
che con il primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dalla deducibilità della posta negativa di £ 68.192.320 relativa a procedure fallimentari non documentate quanto alla loro vigenza nell’anno 1999;
che la censura è fondata;
che la C.T.R., sul punto, a fronte dello specifico motivo di appello con il quale l’Agenzia delle entrate lamentava la mancanza di prova documentale che la procedura fallimentare fosse in corso nell’anno 1999, ha omesso di prendere in esame la circostanza dedotta dall’Ufficio, limitandosi ad affermare che «le perdite su crediti vantati dalla contribuente possono costituire oggetto di deduzione fiscale in quanto le stesse risultano giustificate da prove documentali certe ed, inoltre, dette perdite sono riconducibili a crediti addebitabili a soggetto sottoposto a procedure concorsuali. Infatti, l’ammontare delle perdite portate in deduzione dalla società contribuente di fatto sono relative a perdite su crediti vantati dalla stessa società nei confronti di altra società soggetta a procedura fallimentare e, dunque, pienamente deducibili in applicazione delle disposizioni normative vigenti in materia»;
che con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dalla deducibilità di perdite su crediti di £ 480.410.244 relative a procedure fallimentari chiuse prima dell’anno 1999;
che con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dalla ripresa a tassazione delle perdite su crediti di £ 38.720.165 poste in deduzione dalla parte a seguito dei provvedimenti di ammissione a quattro procedure di concordato preventivo anteriormente al 1999; che i due motivi, esaminabili congiuntamente, sono fondati; che la C.T.R., a fronte delle deduzioni svolte dall’Ufficio nell’atto di appello relative alla indeducibilità per l’anno 1999 delle perdite correlate a fallimenti e procedure di concordato preventivo concernenti altre società in epoca anteriore al 1999, motivando nei termini in precedenza riportati, non ha espresso le ragioni per le quali ha disatteso le censure mosse dalla difesa erariale, nonostante le questioni da questa prospettate assumessero rilievo decisivo alla stregua del principio secondo il quale l’eventuale rinvio della deduzione delle perdite su crediti ad un periodo d’imposta successivo a quello in cui si è aperta la procedura fallimentare può essere consentito solo qualora non ne sia ancora certa l’esistenza e determinabile in modo oggettivo l’ammontare; che con il quarto motivo si deduce, in relazione agli artt. 112 e 360 n. 4 cod. proc. civ., l’omessa pronuncia della C.T.R. sul motivo di appello riguardante la ripresa a tassazione della perdita su crediti interessati da una transazione per l’importo di £ 14.961.926; che con il quinto motivo si deduce, in relazione agli artt. 112 e 360 n. 4 cod. proc. civ., l’omessa pronuncia della C.T.R. sul motivo di appello riguardante la ripresa a tassazione della perdita su crediti di £ 6.261.466 scaturita da una liquidazione volontaria del 1992; che con il sesto motivo si deduce, in relazione agli artt. 112 e 360 n. 4 cod. proc. civ., l’omessa pronuncia della C.T.R. sul motivo di appello riguardante la ripresa a tassazione della perdita su crediti di £ 1.512.557 formata da varie e piccole partite;
che i tre motivi, esaminabili congiuntamente, sono fondati, avendo la C.T.R. del tutto omesso di pronunciarsi sulle questioni prospettate dall’Ufficio nell’atto di appello;
che con il settimo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dalla deducibilità della spesa nell’anno 1999 per la formazione e l’aggiornamento di operai, impiegati e dirigenti; che la censura è infondata;
che, sul punto, appare sufficientemente motivata e giuridicamente corretta la sentenza impugnata, che ha affermato che «le spese tutte relative alle opere e ai servizi utilizzati dai dipendenti per finalità specifiche attinenti alla loro formazione ed aggiornamento professionale risultano deducibili integralmente nel loro ammontare se disposte in via obbligatoria per legge ovvero comunque le stesse risultano deducibili nella misura massima del 5 per mille del loro ammontare riferito ai costi sostenuti per prestazioni da lavoro dipendente indicati nella dichiarazione dei redditi presentata dalla società relativamente all’anno d’imposta in contestazione. Orbene, nel caso di specie, i costi in contestazione in quanto costi obbligatori da sostenersi per la formazione e l’aggiornamento del personale dipendente ex lege risultano deducibili integralmente nell’esercizio gestionale in oggetto»; che con l’ottavo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 108 (74) t.u.i.r. per non avere la C.T.R. ricompreso le spese per la formazione e l’aggiornamento del personale dipendente nel paradigma di cui alla norma suddetta – spese da considerarsi quindi pluriennali -, riconducendole erroneamente nell’ambito di applicazione dell’art. 100 (65) t.u.i.r.; che il motivo è infondato, alla luce dell’indirizzo giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, secondo cui «Il primo comma dell’art. 74 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nel suo testo originario, consente al contribuente, in relazione alle “spese relative a studi”, di scegliere fra la detrazione nel solo esercizio di competenza, ovvero secondo quote costanti nell’esercizio stesso ed in quelli successivi (non oltre il quarto). In detta previsione vanno ricomprese anche le spese per l’aggiornamento professionale dell’imprenditore e dei suoi dipendenti, posto che l’ampiezza letterale e logica del riferimento agli “studi” non può non abbracciare tutti gli esborsi finalizzati al potenziamento dell’impresa per il tramite di energie intellettuali, senza distinguere a seconda che l’attività di studio riguardi il miglioramento dell’organizzazione aziendale ovvero della competenza delle persone che in essa collaborano» (Cass. n. 5193 del 2000; nello stesso senso, Cass. n. 372 del 2006 e n. 13224 del 2007);
che con il nono motivo si deduce, in relazione all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dalla deducibilità delle spese per riparazioni straordinarie nonché delle spese relative a quattro fatture generiche;
che la censura è infondata, avendo la C.T.R., con accertamento in fatto, sorretto da congrua motivazione, osservato al riguardo che «trattasi in effetti di costi di esercizio che vengono sostenuti costantemente e periodicamente e, quindi, di fatto deducibili nell’esercizio gestionale al quale gli stessi si riferiscono. Di conseguenza, si appalesa contabilmente corretta la imputabilità dei costi in contestazione così come operata dalla contribuente, con parimenti legittima deducibilità dei costi stessi in riferimento all’anno di imposta de qua»)
che, in conclusione, devono essere accolti i primi sei motivi di ricorso e rigettati gli altri; la sentenza impugnata va dunque cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla C.T.R. del Molise, in diversa composizione, la quale provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto motivo di ricorso, rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla C.T.R. del Molise, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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