CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 marzo 2018, n. 6281
Tributi – Omesso versamento di ritenute – Situazione di crisi dell’azienda – Sanzioni – Applicazione art. 8 della Legge n. 4 del 1929 – Violazioni commesse anche in tempi diversi in esecuzione della medesima risoluzione – Favor rei – Cumulo giuridico ex art. 12 del d.lgs. n. 472 – Condizioni
Ritenuto che
L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della C.T.C. (sezione del Veneto), n. 867/4/2009, dep. 26/10/2009, che in controversia su impugnazione di cartella esattoriale per mancato pagamento delle ritenute Irpef per l’anno 1982 – determinato dalla situazione di crisi dell’azienda con richiesta di applicazione dell’art. 8 della I. n. 4 del 1929 – ha rigettato l’appello dell’Ufficio. La C.T.C. ha in particolare ritenuto che le condizioni di difficoltà finanziaria in cui da tempo versava l’impresa, conosciute dall’Ufficio, siano state la causa diretta delle violazioni tributarie commesse, per cui è “applicabile per l’esercizio in esame la normativa sull’illecito continuato vigente ratione temporis di cui all’art. 8 della legge n. 4/1929 per essere occorse più violazioni commesse anche in tempi diversi in esecuzione della medesima risoluzione”.
Costruzioni meccaniche T. di T.E. & C. s.a.s. si costituisce con controricorso e propone ricorso incidentale.
L’Agenzia delle Entrate propone controricorso contro il ricorso incidentale della società.
Costruzioni meccaniche T. deposita successiva memoria.
Considerato che
1. col primo motivo del ricorso principale, l’Agenzia delle Entrate deduce violazione di legge, art. 2697 c.c. comma 1, in combinato disposto con l’art. 8, commi 2 e 3, I. n. 4/29, ratione temporis applicabile, avendo la C.T.C. erroneamente ritenuto che fosse onere dell’Amministrazione provare la non sussistenza dei requisiti per l’applicazione della normativa di favore sulle sanzioni e non, correttamente, della società contribuente, onerata a provare gli elementi impeditivi della pretesa fiscale in punto di sanzioni.
2. Il motivo è inammissibile, poiché con esso la ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, che non si è espressa sul riparto dell’onere della prova fra Ufficio e contribuente in tema di applicazione delle sanzioni, limitandosi ad indicare la normativa applicabile alla fattispecie in esame (art. 8 I. n. 4 del 1929). Col detto motivo, peraltro, l’Agenzia, pur prospettando il vizio di violazione di legge, censura in concreto doglianze riferibili alla motivazione e al valore probatorio attribuito agli elementi posti a base della decisione, e ciò inammissibilmente, non essendo consentito confondere i profili del vizio logico della motivazione e dell’errore di diritto.
3. Col secondo motivo si deduce violazione di legge (art. 8 I. n. 4/1929), per avere la C.T.C. erroneamente ritenuto applicabile la legge di favore in materia di sanzioni, non applicabile alle violazioni di omesso versamento, non sussistendo la unicità della violazione, relativa a più anni d’imposta (1982, ’83, ’84), e non rientrando la crisi finanziaria fra i presupposti di applicazione della norma invocata.
4. Col terzo motivo si deduce insufficiente motivazione, limitandosi la C.T.C. a ritenere esistente la situazione di crisi aziendale senza motivarne le ragioni, essendo comunque tale situazione estranea alla disciplina della continuazione.
5. Il secondo e il terzo motivo sono anch’essi inammissibili, perché generici e carenti di autosufficienza, traendo la sentenza impugnata dallo stato di difficoltà finanziaria dell’impresa – situazione conosciuta e non contestata, integrante un accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità – le conseguenze in ordine alle violazioni tributarie commesse. La ricorrente non ha altresì indicato qual è la questione decisiva, in grado di ribaltare la decisione, asseritamente non esaminata dalla Commissione centrale.
6. Col quarto motivo si deduce insufficiente motivazione, sugli elementi probatori documentati dall’Ufficio circa l’insussistenza del presupposto della cd. medesima risoluzione ai fini della applicazione della disciplina della continuazione.
7. Questo motivo è fondato.
A prescindere da quale sia il regime giuridico applicabile alla fattispecie, il motivo va accolto, sussistendo l’insufficiente motivazione della sentenza sul punto dell’esistenza di una “medesima risoluzione”, quale presupposto per l’applicabilità della norma di favore in tema di sanzioni, stante la discontinuità dei versamenti da parte della società.
Risulta infatti, come riportato dalla ricorrente per il principio di autosufficienza, che dal riepilogo delle somme assoggettate a ritenuta e ai relativi versamenti, di cui al mod. 770 prodotto, che la società non assolveva puntualmente al pagamento delle ritenute, provvedendo al pagamento solo di alcune rate; e che per ogni ritardato pagamento veniva adottata una autonoma deliberazione. Di tali presupposti di fatto, di cui era stata fornita la relativa documentazione, non vi è alcun riferimento nella sentenza impugnata, che risulta pertanto affetta dal denunziato vizio.
8. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, si deduce omessa pronuncia sulla richiesta applicazione dello ius superveniens sulle sanzioni, con applicazione della normativa più favorevole per il principio del favor rei.
9. Il ricorso è fondato. Dalla esposizione del fatto contenuta nella sentenza impugnata si evince che il ricorrente ha richiesto l’applicazione della normativa più favorevole in materia di sanzioni, contenuta nella I. n. 4/1929 “sempre che non risulti più favorevole la disciplina dell’illecito continuativo di cui all’art. 12 comma 1 e 4 del d.lgs. n. 472/1997 nella versione antecedente alla modifica di cui all’art. 2 comma 1 lett. e) del d.lgs. n. 203/1998”: richiesta non esaminata dalla CTC, che si è limitata a ritenere applicabile il regime di cui alla L. n. 4 del 1929.
Spetta infatti al giudice di merito, investito della questione, accertare quale sia la disciplina più favorevole ed applicarla alla concreta fattispecie, in quanto, per costante giurisprudenza, in tema di sanzioni extrapenali per gli illeciti tributari, il principio fissato dall’art. 3, comma terzo, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 – secondo il quale ove la legge in vigore al momento dell’infrazione tributaria e quella successiva prevedano sanzioni di diversa intensità, trova applicazione la legge più favorevole al contribuente – opera anche con riferimento alle ipotesi di ripetute innovazioni della medesima disciplina legislativa (Cass. n. 24925 del 25/11/2011). Il giudice di merito, quindi, (solo) se riterrà sussistere il presupposto della “medesima risoluzione”, quale presupposto della continuazione, dovrà applicare la disciplina del “cumulo giuridico” di una pluralità di violazioni commesse anche in tempi diversi (art. 12 del d.lgs. n. 472 citato, nel testo originario), retroattivamente applicabile a tutte le violazioni non definitivamente irrogate, ove non accerti che nel calcolo delle sanzioni applicate nella concreta fattispecie sia più favorevole il regime previsto dall’art. 8 della legge n. 4 del 1929 (v. Cass. 19955/2005).
10. In conclusione va accolto il quarto motivo del ricorso principale e l’unico motivo del ricorso incidentale; vanno dichiarati inammissibili il primo, secondo e terzo motivo del ricorso principale; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio – ex art. 76, 3° comma d.lgs. 546/92 – alla CTR del Veneto, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo del ricorso principale e il ricorso incidentale; dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale e assorbiti il secondo e terzo motivo del ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, ai sensi dell’art. 76, 3 comma d.lgs. 546/92, alla CTR del Veneto, in diversa composizione.
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