CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 marzo 2018, n. 6295
Tributi – IVA – Acquisti intracomunitari di auto usate – Regime del margine – Onere di prova di buona fede a carico del contribuente
Rilevato che
– l’Agenzia delle Entrate ha notificato alla società avviso di rettifica Iva per gli anni 1998 e 1999, contestando omessa registrazione di acquisti infra comunitari di auto usate e indebita applicazione del regime del margine;
– in particolare la società non aveva dichiarato alcun acquisto all’estero, sebbene dal sistema V. risultasse che operatori esteri avevano dichiarato cessioni infra comunitarie nei suoi confronti per l’anno 1999 e per l’anno 2000;
– si apprese poi che la società aveva applicato sugli acquisti il regime del margine, in presenza di conforme indicazione presente sulle fatture estere;
– l’applicazione del regime del margine era applicato anche sulle fatture emesse dalla società per la vendita degli stessi veicoli;
– a seguito di indagini svolte nei paesi di residenza delle società estere fornitrici dei veicoli, l’Ufficio ipotizzò che quelle stesse società si fossero interposte fittiziamente fra gli effettivi fornitori comunitari;
– in pratica che quelle stesse società avessero la veste di società schermo, che emettevano fatture al solo scopo di trasformare cessioni intra comunitarie in cessioni di beni usati soggetti al più favorevole regime del margine;
– l’Ufficio ha ancora contestato, con riferimento a un singolo acquisto, la registrazione, come fattura di acquisto di auto usata, di una cessione qualificata espressamente in fattura come intra comunitaria;
– la Commissione tributaria provinciale di Campobasso ha accolto il ricorso, in forza del rilievo che le violazioni sarebbero ascrivibili esclusivamente ai fornitori esteri e non sarebbero in alcun modo imputabili all’acquirente nazionale;
– la Commissione tributaria regionale del Molise (Ctr) ha confermato la sentenza;
– secondo la Ctr unico adempimento cui è tenuto importatore, sulla base della normativa vigente, è la verifica che trattasi di autoveicoli che siano immatricolati da almeno sei mesi e abbiano percorso almeno 6.000 km;
– sempre secondo la Ctr il cessionario italiano deve limitarsi a verificare se le fatture recano la dicitura che consente di accedere al regime del margine, non essendo tenuto a compiere indagini per verificare se l’iva sia stata già detratta dal cedente;
– non poteva trascurarsi, inoltre, che gli imputati erano stati assolti dal reato ascritto;
– contro la sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui i contribuenti hanno reagito con controricorso.
Considerato che
– il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 46 e ss del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, convertito in l. n. 427 del 1993, dell’art. 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, dell’art. 36 del d.l. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito in I. 22 marzo 1995, n. 85, con riferimento anche all’art. 10 della I. n. 212 del 2000 (art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c.);
– il secondo motivo denuncia insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi della causa (art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c.);
– il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 654 c.p.c. (art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c.);
– i motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati;
– il tema a cui essi si riferiscono è stato oggetto di un recente intervento delle Sezioni Unite, che con la sentenza n. 21105 del 2007, hanno stabilito i seguenti principi:
– «In tema di IVA, il c.d. regime del margine, previsto dall’art. 36 del d.l. 23 febbraio 1995, n. 41 (convertito dalla legge 22 marzo 1995, n. 85) e dagli articoli da 311 a 325 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 (e, già, dall’art. 26 bis della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio del 17 maggio 1977) per le cessioni, da parte di rivenditori, di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato, costituisce un regime d’imposizione speciale, facoltativo e derogatorio, in favore del contribuente, del sistema normale dell’IVA: ne consegue che la sua disciplina va interpretata restrittivamente e applicata in termini rigorosi, nei limiti di quanto necessario al raggiungimento dello scopo dell’istituto. Con particolare riferimento alla compravendita di veicoli usati, il cessionario, al quale l’amministrazione finanziaria contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, tale fruizione, deve provare la propria buona fede, cioè di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto – secondo i criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, in rapporto alle circostanze del caso concreto – al fine di evitare di essere coinvolto in una tale situazione, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto. Rientra in tale condotta anche l’individuazione, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione in suo possesso, eventualmente integrati da elementi di agevole e rapida reperibilità, dei precedenti intestatari del veicolo, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se l’IVA sia stata, o no, già assolta a monte da altri, nell’ambito della catena di fornitura, senza possibilità di detrazione: in caso di esito positivo, il diritto di applicare il regime del margine deve essere riconosciuto, anche qualora l’amministrazione dimostri, attraverso indagini e controlli inesigibili dal contribuente, che in realtà l’imposta, per qualsiasi motivo, non era stata detratta. Nell’ipotesi, invece, in cui dalla verifica del contribuente emerga che i precedenti titolari svolgano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato dei veicoli, opera la presunzione (contraria, in base al criterio di normalità probabilistica) dell’avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte per l’acquisto dei veicoli stessi, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa, con conseguente negazione del diritto alla fruizione del trattamento fiscale più favorevole»;
– la sentenza non è linea con tali principi;
– la Ctr ha ritenuto che l’applicazione del regime del margine sia subordinata al solo riscontro dei requisiti oggettivi della fattispecie, mentre la Suprema Corte ha definitivamente chiarito che gli obblighi di verifica vanno oltre tali aspetti, per comprendere anche la individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, non essendo sufficiente la indicazione del regime del margine presente sulla fattura;
– la sentenza si pone in ulteriore contrasto con gli insegnamenti delle Sezioni unite là dove posto l’accento sul fatto che gli imputati erano stati assolti dai reati con i quali si ipotizzava la partecipazione dell’importatore italiano agli illeciti commessi dai cedenti esteri;
– infatti, ragionando in questi termini, la Ctr ha riconosciuto implicitamente la rilevanza di uno stato soggettivo che è del tutto irrilevante, posto che la responsabilità del cessionario non è legata al dolo, ma un difetto di diligenza nella verifica delle condizioni di applicabilità del regime del margine;
– si ritiene infine di rimarcare il principio, pacifico nella giurisprudenza di questa Suprema corte, secondo il quale «in materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorché i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dall’art. 7, comma 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sé inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna. Ne consegue che l’imputato assolto in sede penale, anche con formula piena, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, può essere ritenuto responsabile fiscalmente qualora l’atto impositivo risulti fondato su validi indizi, insufficienti per un giudizio di responsabilità penale, ma adeguati, fino a prova contraria, nel giudizio tributario (Cass. n. 16262/2017; n. 8129/2012; n. 19786/2011);
– in conclusione il ricorso va accolto, imponendosi di conseguenza la cassazione della sentenza, con rinvio alla Commissione tributaria regionale in diversa composizione, che provvederà a nuovo esame attenendosi ai principi di cui sopra e regolerà le spese del presente giudizio;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; rinvia alla Commissione tributaria regionale del Molise in diversa composizione anche per le spese.
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