CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 marzo 2018, n. 6320
Tributi – ICI – Esenzione ex art. 7, del D.Lgs. n. 504/92 – Immobili di proprietà dell’INPDAP – Utilizzo indiretto – Palestra concessa in locazione – Uitlizzo per attività assistenziale – Onere di prova del concreto svolgimento di attività “con modalità non commerciali”
Fatto
1. Il 7.12.2007, l’INPDAP presentava istanza di rimborso per le somme versate a titolo di I.C.I. – relativa ad immobili di via (…) ubicati nel Comune di Arezzo – per gli anni dal 2002 al 2004, specificando, successivamente, le modalità di calcolo dell’imposta che riteneva dovuta per ciascun anno di imposta, considerando la sede di via (…) come esente da i.c.i. e la palestra di via Leoni come soggetta ad imposta.
Il comune di Arezzo provvedeva al parziale rimborso dell’imposta solo per l’anno 2004, il quale veniva impugnato dall’I.N.P.D.A.P. sul rilievo dell’irregolare computo dell’imposta.
La CTP di Arezzo accoglieva il ricorso.
Avverso la sentenza di primo grado interponeva gravame l’amministrazione comunale; la CTR della Toscana confermava le rationes decidendi della prima pronuncia, argomentando sulla scorta dell’art. 7 D.lgs 504/1992 e dell’art. 39 L. 248/2006 che prevedono l’esenzione dall’ICI per lo svolgimento di attività assistenziale, previdenziale, ricreativa, didattica, culturale nonché delle attività non aventi natura esclusivamente commerciale e riconducibile all’ambito assistenziale, sosteneva che l’esclusione dell’agevolazione fiscale degli spazi riservati a sede contrasta con la dizione della norma invocata che non esclude le sole attività di natura commerciale.
Avverso la sentenza n. 64/9/13 depositata il 6.05.2013, interponeva ricorso per cassazione l’amministrazione comunale, affidato ad un unico motivo, illustrato con la memoria.
La contribuente si è costituita con memoria, riconoscendo l’assoggettabilità ad lei della palestra di via (…), nonostante l’errore contenuto nella dichiarazione di esenzione, contestando, tuttavia, l’assoggettabilità alla predetta imposta della sede dell’ente.
Diritto
Con un unico motivo, il Comune di Arezzo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 7 lett. 1 del d.lgs. 504/92; motivazione insufficiente e contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio a causa di errato inquadramento della vicenda in oggetto. Art. 360 n. 3 e 5 del c.p.c., così come richiamati dall’art. 62 D.lgs 546/1992.
Precisa l’ente ricorrente che la controversia ha ad oggetto l’atto di rimborso n. 68 per l’annualità ICI 2004 relativa alla palestra di via (…) e agli immobili di via (…) destinati a sede provinciale dell’INPDAP, mentre, per gli anni 2002 e 2003, l’amministrazione comunale aveva con separato atto, rigettato l’istanza per intervenuta prescrizione, atto divenuto definitivo in quanto non impugnato.
Sostiene l’amministrazione comunale che l’immobile di via (…), in quanto locato al Comune, con contratto di locazione n. 15792 del 29.01.1988, e quindi non utilizzato direttamente dall’ente possessore, non è esente da I.C.I., così come stabilito dalla delibera del C.C. n. 400 del 19.12.2003, laddove è previsto che l’esenzione di cui al cit. art. 7 concerne gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 87 D.P.R. 1986/917 e successive modificazioni.
Per quanto attiene al fabbricato di via (…), l’amministrazione comunale afferma la sussistenza dei requisiti soggettivi per l’esenzione, appartenendo l’istituto alla categoria dei soggetti per cui essa è prevista, ed il difetto dei presupposti oggettivi dell’esenzione.
Al riguardo, specifica l’ente comunale che l’esenzione non riguarda le attività istituzionali degli enti non commerciali, ma gli immobili utilizzati dai predetti enti per lo svolgimento di specifiche attività, invocando la Circolare n. 2 /DF che esclude dall’agevolazione le sedi degli enti previdenziali.
Peraltro, secondo la tesi del Comune, tra le attività svolte dall’ente vi sono anche quelle non esenti come l’erogazione di mutui (riconducibile all’attività finanziaria).
In via preliminare deve essere scrutinata l’ammissibilità del motivo di ricorso in cui risultano “mescolati” sia la violazione di legge che il vizio di motivazione ex art. 360 n. 5.
In materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass. 9100/2015).
Nella specie, risulta che la violazione del n. 5 dell’art. 360 c.p.c.è stata dedotta con riferimento alla contraddittoria motivazione circa un punto decisivo per il giudizio e precisamente in relazione all’oggetto della controversia che, secondo la CTR Toscana riguardava il rimborso anche dell’Ici 2002 e 2003, mentre l’atto di rimborso n. 68 impugnato dall’ente previdenziale aveva ad oggetto solo l’Ici relativa all’anno 2004, in quanto per le annualità 2002 e 2003 era stato emesso separato atto di diniego non impugnato.
Sotto il profilo della violazione di legge, la denuncia attinge la sentenza impugnata con riferimento all’errata applicazione degli artt. 7 e 39 cit.
Occorre premettere che la sentenza di questa Corte n. 15901/2017, versata in atti dall’ente ricorrente, non può produrre effetti di giudicato in questo giudizio, riferendosi la decisione ad annualità 2007 e comunque avendo la Corte disposto il rinvio alla C.T.R. per i dovuti accertamenti in ordine all’attività espletata dall’ente previdenziale.
Passando ai motivi del ricorso, non è in contestazione tra le parti che, nonostante l’erronea dichiarazione di esenzione ai fini ICI, la palestra di Via (…) fosse assoggettata ad lci, in quanto immobile locato al Comune e non direttamente utilizzato dall’ente previdenziale (cfr. memoria dell’I.N.P.D.A.P).
Rileva, in proposito, il principio costantemente affermato in sede di legittimità per cui – in materia di ICI – l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, norma agevolatrice e, dunque, di stretta interpretazione, non opera in caso di utilizzo indiretto dell’immobile da parte dell’ente proprietario; ancorché per finalità di pubblico interesse e senza fine di lucro (Cass. nn. 16797/2017; 14912/16; 12495/14; 7385/12 ed altre).
Secondo questa Corte (Cass. 20776/05; 5485/08; 6711/15; 14226/15 ed altre) l’esenzione dall’imposta, prevista dall’art. 7, comma primo, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, è subordinata alla compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate dal legislatore ai fini dell’esenzione, e di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (art. 87, comma primo, lett. c), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, cui il citato art. 7 rinvia) (Cass. 2016/10485).
Per quanto, in particolare, riguarda la sussistenza del requisito oggettivo, si è stabilito (Cass. 20776/05, cit.) che quest’ultimo “non può essere desunto esclusivamente sulla base di documenti che attestino ‘a priori’ il tipo di attività cui l’immobile è destinato, occorrendo invece verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un’attività commerciale”. Non basta, dunque, che l’ente svolga – per fine statutario – un’attività di tipo assistenziale, previdenziale, sanitario, ovvero di ricerca scientifica, didattica ecc…; ciò che rileva, ai fini di integrare il presupposto oggettivo della causa di esenzione in questione, è che l’immobile venga destinato esclusivamente allo svolgimento di una di tali attività “con modalità non commerciali” (art. 7, 1″ co., lett. i)); ne consegue che “il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti (poiché di tipo assistenziale e sanitario), non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale, ed abbia quelle finalità solidaristiche alla base delle ragioni di esenzione; mentre spetta al giudice di merito l’obbligo di accertare in concreto le circostanze fattuali, senza far ricorso ad astrazioni argomentative” (Cass. 14226/15; Cass. Cass. sez. 6-5, ord. 27 settembre 2016, n. 19039 ed altre pronunce coeve; Cass. sez. 5, 2 aprile 2015, n. 6711; Cass. sez. 5, 13 marzo 2015, n. 5062).
La Corte ha, inoltre, chiarito (Cass. 13970/16) che il requisito oggettivo di esenzione di cui all’art. 7, 1^ co.,lett. i) va accertato in concreto “con criteri di rigorosità“, e nella necessaria verifica – in ipotesi di struttura in tutto o in parte ricettiva – delle caratteristiche dell’utenza ospitata; dei periodi di apertura della struttura e, non ultimo, dell’importo delle rette in relazione ai prezzi correnti di mercato. Anche ad evitare che il riconoscimento dell’esenzione, in un contesto di sostanziale imprenditorialità e lucratività dell’attività, si risolva nell’alterazione del regime di libera concorrenza o nell’indebita attribuzione di un aiuto di Stato (Cass. 2017/18091; Cass. 2017/13574).
L’effettivo concorso, nella concretezza della fattispecie, di entrambi questi requisiti deve essere provato – trattandosi di dimostrare i presupposti della deroga alla regola generale dell’imposizione lci dei fabbricati posseduti – ad onere della parte che invochi l’esenzione.
Evidenziata detta sfasatura, sarà dunque l’I.N.P.D.A.P., che ha invocato l’esenzione in giudizio ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. i) del d. Igs. n. 546/1992 (ndr art. 7, comma 1, lett. i) del d. Igs. n. 504/1992) a dover comprovare lo svolgimento nei suddetti fabbricati di attività assistenziali o previdenziali, in dette attività non potendo rientrare la mera destinazione degli immobili ad uffici, siano essi amministrativi o tecnici.
La sentenza impugnata vs dunque cassata con rinvio per nuovo esame alla CTR della Toscana in diversa composizione, che, uniformandosi al principio di diritto sopra enunciato, provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso;
Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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