CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 marzo 2019, n. 7280
Tributi – IRAP – Impresa di trasporto pubblico di persone – Attività in concessione – Previsione di livelli tariffari regolamentati applicabili all’utenza – Esclusione della deduzione relativa al personale dipendente ex art. 11, co. 1, lett. a) n. 2 D.Lgs. n. 447 del 1996
Ritenuto in fatto
La società S.T. spa, esercente l’attività di trasporto pubblico di persone, presentava istanza di rimborso della somma di euro 70.111 quale eccedenza di imposta Irap versata con la dichiarazione modello Unico 2010 relativo all’anno 2009. Assumeva di avere diritto alla deduzione dalla base imponibile Irap prevista, in relazione al personale dipendente, dall’art. 11 comma 1 lett. a) n. 2 d.lgs. n. 447 del 1996, come modificato dall’art. 1 comma 266 della legge 27.12.2006 n. 296, non essendo ad essa applicabile l’esclusione dalla deduzione, stabilita dalla citata norma, con riguardo alle “imprese operanti in concessione e a tariffa nelle settore dei trasporti”.
A seguito del silenzio rifiuto della Agenzia delle Entrate la società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Brescia che lo accoglieva con sentenza n. 5 del 2013.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale della Lombardia che lo accoglieva con sentenza n. 5000 del 2015, dichiarando non dovuto il rimborso.
Contro la sentenza di appello la società propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi. Deposita memoria.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Considerato in diritto
1. Primo motivo: “Violazione e falsa applicazione di legge (art. 360 comma 1 n. 3 cod.proc.civ.) in relazione all’art. 53 d.lgs. n. 546/1992”, nella parte in cui la C.T.R. ha rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello della Agenzia delle Entrate per mancata indicazione dei motivi specifici di impugnazione.
Il motivo è inammissibile perché dopo avere erroneamente denunciato un vizio di violazione di legge ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., in luogo della corretta denuncia di violazione di norma del procedimento ex art. 360 comma 1 n. 4 cod.proc.civ., articola una censura ulteriormente diversa riferibile al vizio di motivazione ex art. 360 comma 1 n. 5 cod.proc.civ., sotto il profilo della asserita incomprensibilità del ragionamento logico seguito dal giudice per superare l’eccezione di inammissibilità dell’appello costituente “un mero replay delle doglianze espresse nel primo grado”.
Il motivo è anche infondato, dovendosi ribadire che nel processo tributario, anche nell’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire ed a riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato già dedotte in primo grado, deve ritenersi assolto l’onere d’impugnazione specifica richiesto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, che costituisce norma speciale rispetto all’art. 342 c.p.c. (Sez. 6-5, Ordinanza n. 24641 del 05/10/2018).
2. Secondo motivo:”Violazione e falsa applicazione di legge (art. 360 comma 1 n. 3 cod.proc.civ.) in relazione all’art. 11 d.lgs. 446/1997″, in relazione alla insussistenza delle condizioni per la esclusione dal beneficio, costituite dalla esistenza di una concessione traslative e di una tariffa remunerativa.
Il motivo è inammissibile perché la ricorrente non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, ma propone una propria interpretazione della nozione di “concessione traslativa” e di “concessione remunerativa” che prescinde dalla motivazione in diritto svolta dal giudice di appello.
3. Terzo motivo: “Violazione e falsa applicazione di legge (art. 360 comma 1 n. 3 cod.proc.civ.):in relazione all’art. 11 d.lgs. 446/1997; artt. 18-19 d.lgs. 442/1997; all’art. 113 e 113 bis d.lgs. 267/2000, art. 30 d.lgs. 163/2006”, nella parte in cui la C.T.R. ha ritenuto la sussistenza di un rapporto concessorio anziché di un contratto di appalto di servizi di trasporto.
4. Quarto motivo “Violazione e falsa applicazione di legge (art. 360 comma 1 n. 3 cod.proc.civ.) in relazione all’art. 11 d.lgs. 446/1997 e all’art. 19 d.lgs. 422/1997”, nella parte in cui ha ritenuto sussistente il requisito della remunerazione a tariffa senza verificare che la tariffa fosse anche remuneratoria.
I motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili. Preliminarmente occorre ribadire il principio affermato da questa Corte secondo cui l’interpretazione degli accordi negoziali intercorsi tra le parti è riservata al giudice del merito ed è sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione o per violazione delle regole di ermeneutica contrattuale sulla base dell’indicazione specifica del modo attraverso il quale si è realizzata la anzidetta violazione, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata. (Sez. L, Sentenza n. 3296 del 19/02/2004, Rv. 570288 – 01). L’interpretazione del contratto, concretandosi nell’accertamento della volontà dei contraenti, si traduce in un’indagine di fatto affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo per il caso di insufficienza o contraddittorietà della motivazione, tale da non consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione, o per violazione delle regole ermeneutiche, con la conseguenza che deve essere ritenuta inammissibile ogni critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca nella prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto vagliati dal predetto giudice di merito. (Sez. L, Sentenza n. 11679 del 29/07/2003).
Nel caso in esame il giudice di appello, sulla base della documentazione prodotta dalle parti e richiamando anche la giurisprudenza amministrativa in tema di distinzione tra concessione di servizio pubblico ed appalto di servizio pubblico, ha ritenuto che tra la pubblica amministrazione e la società di trasporto fosse intercorso un rapporto di tipo concessorio, remunerato anche con la previsione di livelli tariffari regolamentati applicabili all’utenza. Il motivo di ricorso non deduce alcuna specifica violazione delle regole legali di interpretazione del rapporto giuridico intercorso tra le parti, ma semplicemente propone, inammissibilmente in questa sede, di valutare diversamente il contenuto concreto degli accordi intercorsi tra le parti e la connessa qualificazione giuridica del rapporto giuridico insorto (in senso conforme, sulla non sindacabilità in sede di legittimità della distinzione in fatto tra affidamento del servizio di trasporto pubblico locale in regime di concessione ovvero a mezzo di contratto di appalto, si veda Sez. 5 n. 2244 del 2018; Sez. 5 n. 1315 del 2018).
Quinto motivo: “Motivazione illogica, contraddittoria, insufficiente (art. 360 comma 1 n.4 in relazione alla ratio della agevolazione fiscale e in relazione al rapporto negoziale intrattenuto dalla deducente”.
Il motivo è inammissibile perché formulato sulla base del previgente art. 360 comma 1 n. 5 cod.proc.civ., avente ambito applicativo distinto e non sovrapponibile al ben diverso sindacato di legittimità consentito dal vigente art. 360 comma 1 n. 5, applicabile al caso in esame in relazione alla data di pubblicazione della sentenza impugnata.
Spese regolate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore di Agenzia delle Entrate, liquidate in euro quattromila oltre spese prenotate a debito.
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