CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 marzo 2019, n. 7287
Tributi – Imposte dirette – Reddito d’impresa – Riscossione – Dichiarazione dei redditi – Istanza di rimborso
Rilevato che
Con sentenza n. 1696/06/2013, depositata il 24 giugno 2013, non notificata, la Commissione tributaria centrale – sezione di Torino – respinse il ricorso presentato dall’allora F.P. S.p.A. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di Torino, che aveva accolto l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza di primo grado ad essa sfavorevole.
La vicenda processuale traeva origine dall’impugnazione da parte del contribuente del silenzio – rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso presentata dalla società, allora denominata F.A. S.p.A., in data 14 febbraio 1985, del maggior versamento effettuato rispetto a quanto dovuto, di lire 48.832.000 (pari ad Euro 25.219,60) per IRPEG ed ILOR per l’anno 1983, conseguito all’avere ricompreso la società, nella presentazione della dichiarazione dei redditi per detta annualità d’imposta, gli interessi corrisposti dall’Amministrazione finanziaria per ritardato rimborso di dette imposte.
Avverso la sentenza della CTC la società ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Considerato che
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., cui rinvia l’art. 39 del d.P.R. n. 636/1972, per motivazione apparente.
La ricorrente assume che la sentenza impugnata si è risolta nel rinvio a principi di diritto affermati dalla Corte di legittimità senza che ne risulti essere stata fatta in concreto alcuna applicazione riguardo alla tipicità della fattispecie in esame, ciò risolvendosi in motivazione meramente apparente.
2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta ancora violazione degli artt. 44 e 41, lett. i) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 e falsa applicazione degli artt. 56, comma 3 del TUIR e 36 del d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., avendo erroneamente la sentenza impugnata applicato retroattivamente, secondo l’art. 36 del d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, la disciplina dell’art. 56, comma 3 del d.P.R. n. 917/1986, sebbene la proposizione dell’istanza di rimborso pacificamente formulata prima dell’entrata in vigore di dette disposizioni avesse reso l’originaria dichiarazione non conforme al dettato della nuova disciplina nella parte in cui prevedeva, diversamente dalla disciplina previgente di cui al d.P.R. n. 597/1973, la sottoposizione a tassazione degli interessi attivi.
3. Il primo motivo è fondato.
3.1. La sentenza impugnata ha ritenuto di assolvere l’obbligo di motivazione attraverso il rinvio al principio affermato da Cass. sez. 1, 5 luglio 1990, n. 7091, nella parte in cui quest’ultima ha chiarito la diversità di disciplina quanto alla computabilità degli interessi attivi alla formazione del reddito d’impresa tra l’art. 41 del d.P.R. n. 597/1993 e l’art. 56 comma 3, del d.P.R. n. 917/1986, stabilendo che quest’ultima disposizione, che li sottoponeva a tassazione ai fini delle imposte dirette, trovasse applicazione retroattivamente, giusta l’art. 36 del d.P.R. n. 42/1988, per i periodi d’imposta precedenti ove fosse stata presentata dichiarazione conforme alla nuova disciplina del TUIR.
3.2. Sennonché, esaurito in detti termini il rinvio al precedente di legittimità richiamato, la sentenza impugnata non ha dato conto alcuno del problema, decisivo ai fini della soluzione della controversia, degli effetti sull’originaria dichiarazione dell’istanza di rimborso presentata – ciò che è incontroverso in fatto – in data 14 febbraio 1985, cioè in epoca anteriore all’entrata in vigore (1° gennaio 1988) delle nuove disposizioni del TUIR.
3.3. Orbene, si è chiarito che «Non adempie il dovere di motivazione il giudice che si limiti a richiamare principi giurisprudenziali asseritamente acquisiti, senza tuttavia formulare alcuna specifica valutazione sui fatti rilevanti di causa e, dunque, senza ricostruire la fattispecie concreta ai fini della sussunzione in quella astratta; in una stuazione di tal tipo, infatti, il sillogismo che distingue il giudizio finisce per essere monco della premessa minore e, di conseguenza, privo della conclusione razionale» (cfr. Cass. sez. 5, 27 maggio 2011, n. 11710; in senso conforme Cass. sez. 5, 30 ottobre 2015, n. 22242 e Cass. sez. 6-5, ord. 10 gennaio 2017, n. 378).
3.4. Nella fattispecie in esame avente ad oggetto ricorso per cassazione proposto avverso sentenza della Commissione tributaria centrale, correttamente la ricorrente ha denunciato l’error in procedendo di cui al motivo di ricorso come vizio di violazione di legge costituzionalmente rilevante, in relazione al disposto dell’art. 111 Cost. (cfr. già, con specifico riferimento ad impugnazione di sentenze della CTC, Cass. sez. 1, 18 maggio 1995, n. 5438; Cass. sez. 1, 24 luglio 1996, n. 6652; Cass. sez. 1, 14 aprile 1998, n. 3785), vizio che alla stregua di quanto sopra osservato, sussiste, comportando la nullità dell’impugnata sentenza.
4. Ritiene la Corte, venendo all’esame del secondo motivo, che la causa possa essere decisa, alla stregua del principio già affermato in controversie analoghe secondo cui «La Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, secondo comma, Cost., ha il potere di correggere la motivazione ex art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ., anche in presenza di un error in procedendo, che ricorre nel caso di motivazione solo apparente», allorché, come nella fattispecie in esame, non vi siano ulteriori accertamenti di fatto da compiere (cfr. Cass. SU 22 febbraio 2017, n. 2731; Cass. sez. 5, 3 agosto 2016, n. 16157; Cass. sez. lav. 11 novembre 2014, n. 23989).
4.1. Va ribadito in questa sede il principio di diritto secondo cui «In tema di reddito d’impresa, gli interessi maturati sui crediti di imposta del contribuente nei confronti dell’Amministrazione, nel vigore del d.P.R. n. 597 del 1973, non vanno inclusi nell’imponibile, perché hanno natura compensativa e, quindi, non sono qualificabili né come reddito di capitale né come reddito di impresa; diversamente, l’art. 56 del d.P.R. n.917 del 1986 sottopone ora a tassazione tutti gli interessi comunque conseguiti da soggetto che produce reddito di impresa ed opera retroattivamente per i periodi di imposta precedenti, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 42 del 1988, a condizione che sia stata presentata dichiarazione conforme alla disciplina di cui al predetto art. 56. Tale retroattività non opera nel caso in cui il contribuente, prima dell’entrata in vigore del d.P.R. n. 917 del 1986, abbia fatto venir meno, con la presentazione dell’istanza di rimborso, la conformità alla nuova disciplina, attesa l’emendabilità della dichiarazione dei redditi anche con l’istanza di rimborso, alla stregua del principio della ritrattabilità della dichiarazione affetta da errore, testuale o extra testuale, di fatto o di diritto» (ciò che ricorre nella fattispecie in esame, essenziale e riconoscibile) «il quale comporti l’assoggettamento del dichiarante ad oneri fiscali più gravosi di quelli che per legge devono applicarsi» (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 13 dicembre 2017, n. 29879; cfr. tra le altre, Cass. sez. 5, ord. 11 aprile 2018, n. 8945; Cass. sez. 6-5, ord. 5 luglio 2013, n. 16904; Cass. sez. 5, 27 marzo 2009, n. 7462; Cass. sez. 5, 6 luglio 2004, n. 12405; Cass. sez. 5, 30 marzo 2004, n. 6311; si veda anche Corte cost. 17 febbraio 1994, n. 38).
4.2. Nella fattispecie in esame è incontroverso che la ricorrente abbia presentato l’istanza di rimborso in data 14 febbraio 1985, anteriormente, quindi, all’entrata in vigore delle nuove disposizioni del TUIR, facendo venir meno quindi, per effetto dell’emenda della dichiarazione conseguita all’istanza di rimborso, la sua conformità alla nuova disciplina sulla tassazione degli interessi attivi di cui all’art. 56, comma 3 del d.P.R. n. 917/1986.
5. Il ricorso va pertanto accolto, con cassazione della sentenza impugnata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, con decisione nel merito di accoglimento dell’originario ricorso della contribuente.
6. L’esito alterno dei precedenti gradi di giudizio giustifica la compensazione delle relative spese tra le parti, ponendosi le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, a carico della controricorrente secondo soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente.
Dichiara compensate tra le parti le spese dei precedenti gradi di giudizio e condanna la controricorrente al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 21601 depositata il 7 luglio 2022 - In base ai principi contabili sia gli interessi corrispettivi che gli interessi moratori , la cui automatica maturazione, indipendentemente da impulsi volontaristici, impone, in virtù…
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 27840 depositata il 4 ottobre 2022 - Gli interessi di mora dovuti per il ritardato pagamento del debito tributario non sono deducibili poiché l'art.109, comma V, del TUIR esclude espressamente la deducibilità degli…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 25 giugno 2021, n. 18332 - In tema d'imposte sui redditi, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari giusta l'art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R.…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 11722 depositata il 12 aprile 2022 - In tema d'imposte sui redditi, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari giusta l'art. 32, comma 1, n. 2,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 aprile 2022, n. 12223 - In tema di determinazione dei reddito d'impresa, il TUIR, art. 55 (oggi art. 88), comma 4, che esclude debbano considerarsi sopravvenienze attive le rinunce ai crediti operate dai soci nei…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 aprile 2022, n. 12222 - In tema di determinazione del reddito d'impresa, il TUIR, art. 55 (oggi art. 88), comma 4, che esclude debbano considerarsi sopravvenienze attive le rinunce ai crediti operate dai soci nei…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’utilizzo dell’istituto della compens
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 17116 depositata il 2…
- IMU: no all’esenzione di abitazione principa
La Corte di Cassazione. sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9496 deposi…
- Il consulente tecnico d’ufficio non commette
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 15642 depositata il 1…
- ISA 2024 le cause di esclusione per l’anno 2
La legge istitutiva degli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA) ha una…
- Il diritto riconosciuto dall’uso aziendale n
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10120 depositat…