CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 marzo 2019, n. 7311
Contributi Gestione Commercianti – Socio e amministratore unico di s.r.l. – Ulteriore attività in qualità di socio lavoratore non necessariamente materiale ed esecutiva, ma anche di direzione ed organizzazione del lavoro altrui – Lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza – Non rileva – Coesistenza di attività riconducibili al commercio e all’amministrazione societaria – Verifica affidata al giudice di merito deve essere puntuale e rigorosa – Prova del personale apporto all’attività di impresa, con diretta ed abituale ingerenza dell’amministratore nel ciclo produttivo della stessa – Ulteriori elementi di valutazione: complessità dell’impresa, l’esistenza di dipendenti e/o collaboratori, la loro qualifica e le loro mansioni
Rilevato che
1. con sentenza del 13 novembre 2012, la Corte di Appello di Bologna confermava la decisione del Tribunale di Modena di accoglimento delle opposizioni proposte, con separati ricorsi, da G.R. a due cartelle esattoriali con le quali l’INPS gli aveva chiesto il pagamento di contributi e relative somme aggiuntive dovuti alla Gestione Commercianti per gli anni dal 2000 al 2003;
2. ad avviso della Corte territoriale correttamente il primo giudice aveva ritenuto che dalle risultanze istruttorie non fosse emersa la partecipazione personale del R., socio ed amministratore unico della s.r.l. P., al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza;
3. per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso l’INPS affidato ad un unico motivo cui resiste l’INPS con controricorso; Equitalia Centro s.p.a. è rimasta intimata;
Considerato che
4. con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 203 e 208, della legge 23 dicembre 1996 n. 662 come interpretato dall’art. 12, comma 11, del D.L. 31 maggio 2010 n. 78, conv. con modificazioni in legge 30 luglio 2010 n. 122 in relazione all’art. 2697 cod. proc. civ. (ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) per avere la Corte territoriale ritenuto che l’attività espletata dal R. non sostanziasse il requisito richiesto dalla lettera c) del comma 203 della legge n. 662/1996 (i soggetti che partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza”), ma rientrasse tra i compiti propri dell’amministratore di società operando, in tal modo, una commistione inaccettabile fra le funzioni proprie dell’amministratore e l’attività dello stesso socio lavoratore all’interno della medesima società la quale, per l’ampiezza con la quale è stata delineata dal legislatore, non deve necessariamente risolversi in un’attività prettamente materiale ed esecutiva ma ben può consistere nella direzione ed organizzazione del lavoro altrui laddove, diversamente, i compiti dell’amministratore sono quelli riconducibili ad un’attività preordinata alla determinazione della volontà sociale su tutti gli argomenti non riservati dalla legge o dallo statuto alla competenza dell’assemblea. Si evidenzia, inoltre, che il giudizio cd. di prevalenza rinviene la sua ratio nell’esigenza di individuare l’attività espletata in misura preminente nell’ambito esclusivo delle attività “assicurabili” in diverse gestioni e per le quali viene in rilievo un solo reddito imponibile (ovvero delle gestioni speciali commercianti, artigiani e coltivatori diretti) in quanto solo nell’ambito delle corrispondenti attività possono configurarsi fattispecie unitarie ma caratterizzate dalla compresenza di elementi “misti” (quindi, iscrivibili in teoria presso diverse gestioni) e della unicità del reddito;
5. il motivo è infondato alla luce dei precedenti di questa Corte (Cass. n. 26976 del 23 dicembre 2016; Cass. n. 24103 del 28 novembre 2016; Cass. n. 10443 del 20 maggio 2016; Cass. n. 8093 del 27 aprile 2016, tra le numerose) nei quali è stato chiarito che per il doppio onere occorre una “coesistenza” di attività riconducibili, rispettivamente, al commercio e all’amministrazione societaria e che la verifica della sussistenza di requisiti di legge per tale “coesistenza” è compito del giudice di merito e deve essere effettuata in modo puntuale e rigoroso, indispensabile essendo che l’onere probatorio (il quale, secondo le ordinarie regole, grava sull’ente previdenziale, tenuto a provare i fatti costitutivi dell’obbligo contributivo: cfr. ex multis Cass. 20 aprile 2002, n. 5763; Cass. 6 novembre 2009, n. 23600) venga compiutamente assolto potendo assumere rilevanza, ai fini di tale valutazione e, quindi, della prova del personale apporto all’attività di impresa, con diretta ed abituale ingerenza dell’amministratore nel ciclo produttivo della stessa, elementi quali la complessità o meno dell’impresa, l’esistenza o meno di dipendenti e/o collaboratori, la loro qualifica e le loro mansioni (così, ad esempio, in presenza di una società di capitali con numerosi dipendenti ed un sistema organizzato di controlli sul personale, la diretta partecipazione al lavoro aziendale dell’amministratore, ancorché pure socio, non beneficia di elementi presuntivi che diversamente possono sussistere quando si è in presenza di una società con due soli soci, di cui uno amministratore, e senza dipendenti – si veda, per una ipotesi di questo secondo tipo, Cass. 11 luglio 2012, n. 11685);
6. nella specie, il decisum della Corte territoriale, incentrato sullo svolgimento da parte del R. della sola attività di amministratore senza alcuna partecipazione diretta all’attività materiale ed esecutiva dell’azienda, non è stato validamente infirmato dalla parte ricorrente e, comunque, in quanto accertamento di merito adeguatamente motivato, non risulta sindacabile in questa sede;
7. il ricorso, va, pertanto, rigettato;
8. le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in favore dell’INPS; nulla per le spese nei confronti di Equitalia Centro s.p.a. rimasta intimata;
9. sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi);
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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