CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 marzo 2019, n. 7319
Contratto di lavoro a tempo determinato – Nullità – Conversione in rapporto a tempo indeterminato – Effettività delle esigenze temporanee
Rilevato
che, con la sentenza n. 1703/2016, la Corte di appello di Roma ha confermato la pronuncia del 20.3.2012 emessa dal Tribunale della stessa città con la quale era stata respinta la domanda proposta da S. B., nei confronti dell’ANAS spa, volta ad ottenere l’accertamento della nullità del termine apposto ai contratti di lavoro, intercorsi tra le parti a decorrere dal 17.12.2001, la conversione del rapporto di lavoro in uno a tempo indeterminato e la condanna della società alla riammissione in servizio del lavoratore e al pagamento di una indennità risarcitoria;
che, a fondamento della decisione, i giudici di seconde cure hanno rilevato che: a) il primo contratto, con decorrenza 17.12.2001, era stato stipulato ai sensi dell’art. 23 della legge n. 56 del 28.2.1987 e dell’art. 13 comma 2 del CCNL ANAS, mentre tutti gli altri erano stati stipulati ai sensi dell’art. 1 D.lgs. n. 368 del 2001; b) lo S. era stato assunto sempre presso il Compartimento per la viabilità della Regione Campania, con qualifica di operaio specializzato e con mansioni di addetto alla guida dei mezzi sgombraneve e spargisale e che tutte le assunzioni erano state effettuate per assicurare la percorribilità di tratte stradali soggette, durante il periodo invernale, al rischio di ghiaccio e di intense precipitazioni nevose; c) le causali non erano generiche e le esigenze ivi indicate erano temporanee e ben potevano giustificare l’assunzione di personale con contratto a termine; d) il rischio di neve costituisce un rischio e non una certezza e la scelta di fronteggiare tale evenienza non con personale stabile era espressione del principio di libertà dell’iniziativa economica privata tutelato dall’art. 41 Cost.; e) l’effettività delle esigenze in concreto era stata confermata dallo stesso lavoratore; f) la proroga del contratto non superiore ai venti giorni non comportava la conversione del rapporto di lavoro in uno a tempo indeterminato e la durata complessiva dei vari contratti era inferiore a 24 mesi; g) il rispetto della clausola di contingentamento correttamente era stato ritenuto rispettato; h) la dedotta violazione della clausola dell’allegato 3) del protocollo di intesa sottoscritto tra le OOSS in data 26.7.2007
riguardava tipologie contrattuali diverse e non poteva incidere sulla validità del contratto stipulato; i) il ricorso introduttivo del giudizio, relativamente alla dedotta violazione degli accordi di riammissione e/o trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato, era nullo per violazione dell’art. 414 n. 4 c.p.c.; che avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione B. S. affidato a otto motivi, illustrati con memoria;
che l’ANAS spa ha resistito con controricorso, depositando memoria fuori termine;
che il P.G. non ha formulato richieste scritte.
Considerato
che, con il ricorso per cassazione, in sintesi, si censura: 1) la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 4 e 5 D.lgs. n. 368/2001, dell’art. 1419 cc, in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., per avere erroneamente la Corte di merito, con riguardo al contratto a termine stipulato il 3.12.2009, poi prorogato, parificato, in fattispecie di acclarata violazione degli artt. 1, e 4 D.lgs. n. 368/2001, passato in giudicato, le due diverse autonome e distinte ipotesi disciplinate dagli artt. 4 e 5 D.lgs. n. 368/2001, mentre avrebbe dovuto applicare, come conseguenza della violazione, la conversione del rapporto in uno a tempo determinato; 2) la violazione e falsa applicazione dell’art. 13 CCNL 1998/2001, CCNL 002/2005, artt. 1 e 2 all. 3 Protocollo intesa 2007 (CCNL 2006/2009), art. 11 preleggi, dell’art. 23 legge n. 56/87, art. 10 D.lgs. n. 368/2001, artt. 115, 116, 416 e 434 c.p.c., 2697 cc, in relazione all’art. 360 c.1 n. 3 c.p.c., per avere erroneamente la Corte territoriale ritenuto applicabile l’art. 10 D.lgs. n. 368/2001 anche al primo contratto a termine, intercorso tra le parti, sebbene lo stesso fosse stato stipulato in regime transitorio ed ex art. 23 legge n. 56/87 e per avere ritenuto che la violazione rilevava soltanto se sussisteva all’atto dell’assunzione, in contrasto con la costante interpretazione della norma; inoltre si eccepisce che la Corte di merito aveva erroneamente ritenuto una carenza di contestazione sulla prova del rispetto della clausola di contingentamento da parte di ANAS spa quando, invece, già in sede di prima udienza i dati e le indicazioni dei bilanci erano stati contestati; 3) la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, 2 all. 3 Protocollo intesa 2007 (CCNL 2006/2009), art. 10 d:Igs n. 368/2001, in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., per avere erroneamente ritenuto la Corte di merito che la dedotta violazione della clausola dell’all. 3 al protocollo di intesa sottoscritto con le OOSS in data 26.7.2007, secondo cui “la somma del personale utilizzabile attraverso le tipologie contrattuali di cui agli articoli seguenti (contratto a tempo determinato, part-time, contratto di lavoro somministrato, telelavoro, apprendistato e tirocini formativi all’orientamento) non poteva superare per ciascuna unità produttiva la percentuale del 30%”, non avrebbe potuto incidere e comportare la conversione del rapporto di lavoro in uno a tempo indeterminato a fronte, invece, dell’art. 10 del D.lgs n. 368/2001 che riconosceva alle parti sociali la facoltà di porre limiti all’utilizzo del contratto a termine anche concorrenti a quelli legali; 4) la violazione e falsa applicazione dell’art. 13 CCNL 1998/01 e 2002/2005, degli artt. 1, 2 all. 3 Protocollo intesa 2007 (CCNL (2006/2009) e degli artt. 23 legge n. 56/87, 10 D.lgs. n. 368/2001 e dell’art. 2697 cc, in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., per avere la gravata sentenza disatteso il costante orientamento di legittimità che ha sempre ritenuto valide le clausole che prevedono più livelli di preventivo confronto e per non avere considerato che solo in presenza di un successivo accordo costituente espletamento della procedura di confronto sindacale, prevista dal CCNL nazionale anche a livello locale e/o di unità si realizzavano le condizioni per il legittimo utilizzo della tipologia contrattuale in esame; 5) la violazione e falsa applicazione dell’art. 13 CCNL 1998/2001, art. 13 CCNL 2002/2005, all. 1,2, all. 3 Protocollo intesa 2007 (CCNL 2006/2009), dell’art. 1 D.lgs. n. 368/2001, art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto legittimo il primo contratto, in virtù dell’art. 23 legge n. 56/87 e dell’art. 13 CCNL di settore, pur non essendo stata indicata alcuna ipotesi pattizia nel contratto individuale e in ogni caso la clausola del CCNL non poteva ritenersi valida ai detti fini, e per avere erroneamente ritenuto rispettato l’onere di specificazione relativamente ai contratti stipulati ex art. 1 D.lgs. n. 368/2001; 6) la violazione e falsa applicazione dell’art. 13 CCNL 1998/2001, art. 13 CCNL 2002/2005, art. 1, 2, all. 3 Protocollo intesa 2007 /CCNL 2006/2009), dell’art. 1 D.lgs. n. 368/2001, art. 11 preleggi, in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., per vere erroneamente ritenuto la Corte di merito che le esigenze dettate dall’inasprirsi nel periodo invernale non sarebbero una ragione di temporaneità; 7) la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 c.p.c., dell’art. 1 D.lgs. n. 368/2001 e 2697 cc, per avere erroneamente la Corte di merito ritenuto provata l’effettività elle “causali” in virtù del contenuto dell’interrogatorio libero del ricorrente laddove aveva riconosciuto di essere stato adibito alle mansioni di autista; 8) l’omesso esame circa un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c., per non avere esaminato e considerato il contenuto di tutti i contratti richiamati, nonché ritenuto sufficiente la qualifica di autista sgombraneve ai fini della effettività della causale, che il primo motivo non è fondato: l’assunto della Corte territoriale, secondo cui la nullità della proroga per la genericità delle ragioni addotte, non essendo andata la prosecuzione oltre il 20° giorno, non poteva determinare la conversione del rapporto di lavoro in uno a tempo indeterminato, è conforme all’orientamento di legittimità (cfr. in motivazione Cass. 21.1.2016 n. 1058) che in sostanza ha affermato che per i vizi della proroga di cui all’art. 4 ratione temporis applicabile, il successivo articolo 5 prescrive maggiorazioni retributive e, solo ove la prosecuzione del rapporto superi il termine iniziale di venti giorni la durata iniziale del rapporto, la trasformazione a tempo indeterminato. E’ stato anche chiarito che tale disposizione non si pone in contrasto con la clausola n. 5, punto 1, dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo indeterminato che, come affermato dalla Corte di Giustizia (sentenza 26.1.2012 C – 586/10) mira a limitare il ricorso a una successione di contratti e rapporti a tempo indeterminato attraverso l’imposizione agli Stati membri dell’adozione di almeno una delle misure in essa enunciate;
che il secondo motivo non è meritevole di accoglimento: a prescindere dall’applicabilità dell’art. 10 co. 7 del D.lgs. n. 368 del 2001, evidentemente da riferire, nella presente controversia, ai soli contratti a termine disciplinati dal citato D.lgs. n. 368/2001, deve precisarsi che la Corte di merito, “in ogni caso”, ha dato atto che il lavoratore non aveva ritualmente contestato, nella prima difesa utile, la documentazione prodotta dalla convenuta sul rispetto della clausola di contingentamento; la eccezione è stata svolta, come si evince dalla stessa prospettazione del ricorrente (note 21 e 22 a pag. 17 del ricorso), per la prima volta in modo specifico solo in appello per cui è da considerarsi corretto l’assunto dei giudici di seconde cure che hanno ritenuto provato il rispetto della clausola; al riguardo occorre rimarcare che, seppure il principio di non contestazione vale per le allegazioni e non per i documenti, tuttavia la non contestazione dei documenti può essere liberamente valutata dal giudice di merito (cfr. Cass. n. 6606/2016) rilevando comunque (cfr. Cass n. 13206/2013) come non contestazione dei fatti rappresentati nei documenti stessi (Cass. n. 8998/2001);
che la trattazione del terzo motivo resta assorbita da quanto testé affermato in ordine alla rilevata non contestazione sui dati offerti dalla società circa il rispetto del “contingentamento”, risolvendosi l’affermazione della Corte di merito, sul problema della conversione del rapporto in caso di violazione della clausola dell’all. 3 al protocollo di intesa e sul concetto di unità produttiva, censurate con la doglianza, una doppia ratio decidendi rispetto a quella adottata sulla ritenuta non contestazione sul rispetto del contingentamento stesso; che il quarto motivo è infondato: correttamente la Corte territoriale ha ritenuto, in sostanza, osservati – per tutti i contratti – i limiti percentuali di utilizzo di lavoratori a termine individuati nel CCNL. In assenza di successiva contrattazione a livello locale, correttamente la percentuale applicabile è stata ritenuta quella stabilita a livello nazionale: invero, non è stata indicata né è rilevabile alcuna disposizione nella contrattazione collettiva nazionale che rendesse obbligatorio un successivo confronto demandato alla negoziazione decentrata a livello locale (come è stato, invece, previsto in altri settori cui fa riferimento la giurisprudenza richiamata dal ricorrente) per la operatività del limite nazionale già statuito tra le parti sociali;
che il quinto, sesto e settimo motivo, da trattarsi congiuntamente per la loro connessione logico-giuridica, sono parimenti infondati; che, in primo luogo, giova premettere, in ordine alle denunziate violazioni di legge, che una questione di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (cfr. Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. 19.6.2014 n. 13960); inoltre la violazione del precetto di cui all’art. 2697 cc si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che era gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. (Cass. 5.9.2006 n. 19064). In secondo luogo, deve osservarsi anche che le restanti censure, di cui ai motivi in esame, si risolvono in una contestazione della valutazione probatoria alla base dell’accertamento in fatto della Corte di merito, adeguatamente motivato e, pertanto, insindacabile in sede di legittimità (Cass. 7.4.2011 n. 7948; Cass. 25.5.2012 n. 8293);
che, quanto invece alle asserite violazioni dell’art. 1 del D.lgs. n. 368 del 2001 e delle norme collettive (art. 13 CCNL e artt. 1 e 2 all. 3 prot. intesa citati), occorre in via di premessa ribadire come la ragione di specificità dell’indicazione della causale a giustificazione della stipulazione del contratto a tempo determinato risponda all’esigenza di consentirne la possibilità di verifica giudiziale della sussistenza delle ragioni addotte. E ad essa è conforme il principio di diritto secondo cui il legislatore, in linea con la direttiva comunitaria 1999/70/CE e dell’accordo quadro In essa trasfuso, come interpretata dalla Corte di Giustizia (sentenze del 23 aprile 2009, in causa C-378/07; del 22 novembre 2005, in causa C-144/04), ha imposto, con l’art. 1, secondo comma D.lgs. n. 368/2001, un onere di specificazione delle ragioni giustificatrici “di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” del termine finale, che devono essere sufficientemente particolareggiate così da rendere possibile la conoscenza della loro effettiva portata e il relativo controllo di effettività (Cass. 27 gennaio 2011, n. 1931; Cass. 2 agosto 2013, n. 18532), spettando poi al giudice di merito accertarne la sussistenza, valutando ogni elemento idoneo a darne riscontro (Cass. 11 febbraio 2015, n. 2680).
Ebbene, le censure avanzate in relazione al primo contratto (con decorrenza dal 17.12.2001) non sono meritevoli di pregio perché correttamente la Corte territoriale ha sottolineato che il contratto era stato stipulato ai sensi dell’art. 23 legge n. 56 del 1987 e dell’art. 13 comma 2 del CCNL ANAS, che in esso si faceva riferimento alle “esigenze temporanee” («per esigenze temporanee (attività connesse all’emergenza causata dagli agenti atmosferici invernali) ai sensi dell’art. 23 della legge 28.2.1987 n. 56 e dell’art. 13 comma 2 del CCNL ANAS 1998 – 2001») previste dalla disposizione contrattuale e che ciò era sufficiente, trattandosi di una “delega in bianco” conferita alle parti sociali, per la legittimità della clausola.
La statuizione è corretta giuridicamente perché conforme alla consolidata giurisprudenza di legittimità (ex aliis 2.3.2006 n. 4588; Cass. 16.11.2010 n. 23119).
Anche le doglianze sugli altri contratti (aventi le seguenti causali: «… ai sensi del Decreto Legislativo n. 368 del 6.9.2001, al fine di fare fronte all’attività di sgombraneve lungo le strade statali di competenza di questo Compartimento» (secondo contratto); «per lo svolgimento delle attività di raccolta e sgombero di neve (…) presso i percorsi stradali particolarmente soggetti a precipitazioni nevose e ad altri agenti atmosferici che non è possibile evadere con le risorse normali impiegate» (terzo contratto); «per lo svolgimento dell’attività di raccolta e sgombero di neve (…) in relazione alla particolare esigenza di garantire a regolare circolazione (…) presso / percorsi particolarmente soggetti a precipitazioni nevose ed altri agenti atmosferici» (quarto contratto); «per lo svolgimento dell’attività di raccolta e di sgombero di neve (…) presso i percorsi stradali particolarmente soggetti a precipitazioni nevose ed altri agenti atmosferici» (quinto contratto); «per far fronte al rischio di forti precipitazioni nevose e piovose con conseguente picco di lavoro a cui non è temporaneamente possibile far fronte con le risorse umane normalmente impiegate» (sesto, settimo, ottavo, nono e decimo contratto) non sono accoglibili perché, da un lato, il richiamo per relationem al CCNL vigente era facilmente individuabile e, dall’altro, correttamente è stato ritenuto soddisfatto il requisito della specificità, ai sensi del D.lgs. n. 368/2001, in quanto l’attività di manutenzione e conservazione del manto stradale, evidentemente connesse a quella di raccolta e spalatura della neve, nel periodo invernale, può giustificare l’assunzione a tempo determinato del lavoratore quale scelta organizzativa imprenditoriale insindacabile dal giudice.
La soluzione è coerente con la recente affermazione di questa Corte, in analogo contenzioso Anas s.p.a., secondo cui è ammissibile il ricorso al contratto a termine, a fronte della necessità di integrazione dell’organico aziendale nel periodo invernale: per l’intensificazione dell’attività, pur rientrante nell’ordinario ciclo produttivo dell’azienda cui è rimessa la gestione della manutenzione delle strade, o in compiti direttamente connessi con le specifiche esigenze del periodo (sgombero di neve e spargimento di sale) o in altri compiti, pure espressamente indicati all’atto dell’assunzione, che, nel periodo medesimo, fanno registrare punte di operatività non fronteggiabili con il normale organico (Cass. 9 settembre 2016, nn. 17868, 17869, 71870, 17871).
che l’ottavo motivo è, infine, inammissibile perché, da un lato, la Corte di merito ha esaminato le causali dei vari contratti (pag. 4 della gravata sentenza) non incorrendo, pertanto, nel vizio di omesso esame come riformulato dalla nuova disposizione di cui all’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c. e, dall’altro, perché la censura si risolve in un riesame dell’apprezzamento delle dichiarazioni rese con il libero interrogatorio che costituisce accertamento di fatto riservato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità perché sorretto da adeguata motivazione, esente da vizi logici ed errori di diritto;
che alla stregua di quanto esposto il ricorso deve, pertanto, essere rigettato;
che al rigetto segue la condanna del ricorrente, secondo il principio della soccombenza, alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità;
che, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 2517 depositata il 27 gennaio 2023 - In tema di infortuni sul lavoro va riconosciuta la responsabilità del committente o del sub-committente, che affidi lavori “all'interno della propria azienda” ad imprese…
- CCORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 29442 depositata il 23 ottobre 2020 - Il sistema di sicurezza aziendale si configura come procedimento di programmazione della prevenzione globale dei rischi e tale logica riguarda anche la gestione dei…
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 32450 depositata il 22 novembre 2023 - Il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro in riferimento agli appalti "endoaziendali", caratterizzati dall'affidamento ad un appaltatore esterno…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 9243 depositata il 4 aprile 2023 - Nel concetto di attività stagionale possono comprendersi soltanto situazioni aziendali collegate ad attività stagionali in senso stretto, ossia ad attività preordinate ed organizzate…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 41343 depositata il 3 novembre 2022 - La condotta colposa del lavoratore è idonea a interrompere il nesso di causalità tra condotta e evento se tale da determinare un "rischio eccentrico" in quanto…
- CONSIGLIO DI STATO - Sentenza 21 dicembre 2020, n. 8180 - Le ‘ragioni eccezionali’, alle quali la P.A. può ancorare il diniego, possano essere correlate anche ad esigenze organizzative non direttamente riferite al lavoratore che ha proposto l’istanza,…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Alla parte autodifesasi in quanto avvocato vanno l
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 7356 depositata il 19…
- Processo Tributario: il principio di equità sostit
Il processo tributario, costantemente affermato dal Supremo consesso, non è anno…
- Processo Tributario: la prova testimoniale
L’art. 7 comma 4 del d.lgs. n. 546 del 1992 (codice di procedura tributar…
- L’inerenza dei costi va intesa in termini qu
L’inerenza dei costi va intesa in termini qualitativi e dunque di compatibilità,…
- IMU: la crisi di liquidità non è causa di forza ma
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 7707 depositata il 21 m…