CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 marzo 2019, n. 7321
Lavoro – Contratti di co.co.co. e co.co.pro. – Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato – Prova
Rilevato che
1. la Corte d’appello di l’Aquila, con sentenza del 4.2.2016, in riforma della decisione del Tribunale della stessa città – che aveva dichiarato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra M. A. D’A. ed il Consorzio GAL ARCA Abruzzo per il periodo dal gennaio 2003 al luglio 2010, in cui erano stati stipulati contratti di co.co.co. e co.co.pro., di seguito ad un contratto a tempo indeterminato, con la qualifica di impiegato c.c.n.l. commercio e l’inquadramento al 3° livello retributivo, e condannato il consorzio al pagamento delle differenze retributive pari ad euro 59.741,02 – rigettava le domande proposte dalla lavoratrice e dichiarava assorbito l’appello incidentale della predetta;
2. la Corte rilevava che il contratto stipulato fra le parti contenesse l’indicazione di uno specifico progetto quale rilevabile dal suo contenuto caratterizzante, in presenza di una situazione particolare e teleologicamente individuata; era risultato dall’istruttoria orale espletata che alla D’A. era stata demandata in contratto l’attività di attuare un programma di iniziative comunitarie denominato Leader, in relazione al progetto denominato “Programma di IC Leader Plus” con riferimento all’intera fase di rendicontazione, attività di animazione e di sensibilizzazione degli attori ed operatori sociali, nell’ambito delle iniziative ricomprese nel progetto medesimo e che quindi il programma di lavoro fosse adeguatamente specificato e rispettoso dell’art. 61 d. lgs. 276/2003;
3. veniva esclusa la sussistenza degli elementi tipici del rapporto di lavoro subordinato, la cui prova incombeva sulla lavoratrice, trattandosi di fatti costitutivi della pretesa azionata in giudizio ed era rilevato come non fosse presente alcuna eterodirezione, anche alla luce delle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale, nel corso del quale la D’A. aveva dichiarato di non avere mai avuto rilievi e contestazioni relativamente al contestuale svolgimento di altre attività; era emerso che non vi fossero controlli costanti dell’attività svolta, venendo essi, anzi, dalla stessa appellata svolti per conto della Regione, né vi era obbligo di rispettare orari di lavoro prestabiliti o necessità di permessi per la programmazione delle presenze;
4. di tale decisione ha domandato la cassazione la D’A., affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui ha resistito, con controricorso, il consorzio GAL, che ha proposto ricorso incidentale sulle spese;
Considerato che
5. con il primo motivo, si denunzia l’erronea interpretazione del disposto di cui agli artt. 61, comma 1, e 69, comma 1, d. lgs. 276/2003, sul rilievo che, al di là delle enunciazioni in ordine alla configurabilità di un progetto o di un programma, assolutamente condivisibili, gli aspetti della decisione censurabili riguardino la conseguente fase di riscontro degli assunti tracciati normativamente con gli elementi emergenti dagli atti di causa, posto che il progetto era stato fatto coincidere con l’oggetto sociale del datore di lavoro, consistente nella promozione, attivazione e gestione di iniziative comunitarie nel settore rurale aventi durata pluriennale, eseguite da vari collaboratori senza l’ausilio di dipendenti; si assume la coincidenza del progetto con l’oggetto sociale e che il programma di IC Leader plus non era riconducibile alla sfera professionale della singola prestatrice d’opera, i cui compiti e mansioni risultano generici ed omnicomprensivi, non coerenti come tali con la richiesta specificità e puntualità progettuale richiesta dalla normativa di riferimento;
6. errata interpretazione del disposto dell’art. 62 punto b) del d. lgs. 276/2003 è dedotta nel secondo motivo, sostenendosi che non emergeva dal contratto scritto il progetto o il programma di lavoro, e che era necessario, comunque, valutare il comportamento delle parti dopo la conclusione del contratto; si osserva che la Corte ha conferito rilevanza alla circostanza che il Consorzio, come indicato nel progetto, si occupasse di progetti senza l’ausilio di dipendenti per escludere la subordinazione del rapporto di lavoro;
7. con il terzo motivo, si ritiene la sentenza viziata da omesso esame circa un fatto decisivo, con riguardo all’assunta rilevata assenza degli elementi cardine della subordinazione, laddove le testimoniane deponevano in senso univoco (sede del GAL, orari strutture fissi, coordinamento, misura del lavoro svolto) per l’esistenza della subordinazione;
8. con il quarto motivo, si lamenta la violazione dell’art. 437 c.p.c., per avere il giudice del gravame valutato ai fini del giudizio una prova che non poteva essere ammessa, riferita ad una consulenza di parte dell’ente, da cui sarebbe emerso che la lavoratrice svolgeva anche attività per conto proprio, con i mezzi del consorzio medesimo;
9. si assume che, in caso di accoglimento, la Corte possa decidere direttamente la causa nel merito, senza rinviare gli atti alla Corte d’appello, valutando anche la richiesta di condanna del resistente connessa all’evasione degli obblighi contributivi relativi alle somme riconosciute a titolo di differenze retributive maturate, comprensive di t.f.r., domanda in relazione alla quale il giudice di primo grado aveva omesso di statuire e riproposta in sede di appello incidentale.
10. le censure formulate nel primo motivo non sono articolate in maniera esaustiva ed idonea a scalfire l’impianto argomentativo della decisione impugnata, essendo omessa la trascrizione del contenuto dei progetti e non indicandosene la sede di rinvenimento nei fascicoli depositati nel giudizio merito, ciò che preclude la verifica di corrispondenza del singolo contratto al modello legale di cui all’ art 61 (abrogato dall’art. 52 del d.lgs. 81 del 2015 di attuazione del c.d. Jobs Act) – in base al quale per la configurazione della fattispecie, oltre alla presenza di tutti i caratteri della già nota figura delle collaborazioni continuative e coordinate, è necessario la riconducibilità dell’attività “a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa” – ed ai requisiti di forma di cui all’art. 62 d. lgs. 276/2003;
11. si contravviene in tal modo ai consolidati principi di specificità e autosufficienza, che impongono di indicare nel ricorso il contenuto rilevante dei documenti stessi, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali ed assolvendo, così, il duplice onere, rispettivamente previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, (a pena di inammissibilità) e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (a pena di improcedibilità del ricorso), nel rispetto del relativo scopo, che è quello di porre il Giudice di legittimità in condizione di verificare la sussistenza del vizio denunciato senza compiere generali verifiche degli atti e soprattutto sulla base di un ricorso che sia chiaro e sintetico (Cass. SU 11/4/2012, n. 5698; Cass. SU 3/11/2011, n. 22726);
12. con riguardo all’art. 69, richiamato sempre nello stesso motivo, vero è che questa Corte si è già pronunciata ed ha statuito che «In tema di lavoro a progetto, l’art. 69, comma 1, del d.lgs. n. 276 del 2003 (ratione temporis applicabile, nella versione antecedente le modifiche di cui all’art. 1, comma 23, lett. f) della I. n. 92 del 2012), si interpreta nel senso che, quando un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sia instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, non si fa luogo ad accertamenti volti a verificare se il rapporto si sia esplicato secondo i canoni dell’autonomia o della subordinazione, ma ad automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso» (Cass. 22.2.2018, Cass. 10.5.2017 n. 11429, Cass. Cass. 31.8.2016, n.17448; Cass. 17.8.2016 n. 17127, Cass. 21.6.2016, n. 12820; Cass. 10.5.2016, n. 9471): tuttavia, la presunzione di subordinazione potrebbe essere affermata solo con riguardo alla mancanza di un progetto, che nella specie è stato ritenuto esistente e dotato di specificità, con motivazione non validamente contrastata, per quanto sopra detto;
13. il terzo motivo attinge il merito, contestandosi la valutazione delle prove rimessa al giudice del merito e non sindacabile nella presente sede di legittimità: la ricorrente si limita a prospettare l’attribuzione di un diverso peso probatorio alle circostanze esaminate in sentenza;
14. destituita di fondamento è la critica avanzata nel quarto motivo, per essere la circostanza nello stesso indicata emersa in sede di dichiarazioni rese dalla lavoratrice nel corso dell’interrogatorio formale e considerato che solo in senso rafforzativo in sentenza si afferma che quanto già riferito dalla lavoratrice era risultato anche dalla consulenza di parte dell’ente, non specificamente contestata dalla parte oneratane;
Ricorso incidentale
15. il consorzio si duole della violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. con riferimento alla disposta compensazione delle spese legali “in ragione della peculiarità della vicenda dei contrastanti orientamenti in materia e della opinabilità delle questioni trattate”;
16. l’art. 45, co. 11, della legge 18.6.2009 n. 69, in vigore dal 4.7.2009 ed applicabile ai giudizi instaurati dopo tale data (ex art. 58 c. 1, I. 69/2009), prevede la possibilità di compensazione “se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione”; queste ultime, ove indicate esplicitamente nella motivazione per giustificare la compensazione totale o parziale, ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c., nella formulazione, applicabile “ratione temporis”, introdotta dalla I. n. 69 del 2009, non possono essere illogiche o erronee, altrimenti configurandosi il vizio di violazione di legge, denunciabile in sede di legittimità (cfr. Cass. 9.3.2017 n. 6059);
17. le gravi ed eccezionali ragioni non sono determinabili “a priori” ma devono essere specificate in via interpretativa dal giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche (cfr. Cass. 26.9.2018 n. 23059);
18. nella specie non può ritenersi clausola di stile quella che ha rimandato alla peculiarità della questione trattata, all’opinabilità della stessa ed ai contrastanti orientamenti, elementi tutt’altro che inesistenti con riguardo ai profili controversi dibattuti;
19. per tutte le considerazioni svolte, deve pervenirsi al rigetto del ricorso principale e di quello incidentale;
20. la maggiore soccombenza della D’A. giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio di legittimità in misura di 1/3, con condanna della ricorrente principale al pagamento dei 2/3 delle spese, liquidate come da dispositivo;
21. sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, dPR 115 del 2002 per entrambe le parti;
P.Q.M.
Rigetta entrambi i ricorsi; condanna la D’A. al pagamento dei 2/3 delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 150,00 per esborsi, euro 3000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonché al rimorso delle spese forfetarie in misura del 15%; compensa tra le parti il residuo 1/3 delle spese suddette.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto sia per il ricorso principale che per quello incidentale a norma dell’art.13, comma 1 bis, del citato D.P.R.
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