CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 novembre 2019, n. 29649
Tributi – Dazi ed Iva all’importazione – Irregolarità del certificato di origine – Cartella di pagamento per il recupero dei dazi antidumping – Intervenuta abrogazione del dazio antidumping – Principio del favor rei – Applicazione retroattiva dell’abrogazione ai dazi accertati e non riscossi – Esclusione
Rilevato che
il contribuente, in qualità di legale rappresentante di F. SRL (che ha assunto la successiva denominazione di M. SRL) ha impugnato la sentenza della CTP di Livorno, con la quale era stato respinto il ricorso avverso l’Ufficio delle Dogane di Livorno avente ad oggetto un avviso di rettifica e una cartella di pagamento per recupero di dazi e IVA relativi a una bolletta di importazione doganale del 21.07.2011;
che l’importazione, avente ad oggetto elementi di fissaggio in acciaio di origine indiana, era stata qualificata come di provenienza cinese su segnalazione dell’Ufficio delle Dogane di Ravenna, con conseguente applicazione del dazio antidumping;
che la CTR della Toscana, Sezione Staccata di Livorno, con sentenza 14 febbraio 2017, ha rigettato le questioni preliminari proposte dal M., aventi ad oggetto:
– l’incompetenza per territorio dell’Ufficio delle Dogane di Livorno, in quanto ufficio che aveva accettato l’originaria dichiarazione doganale;
– il mancato rispetto del contraddittorio, avendo avuto il resistente possibilità di difendersi;
– la legittimazione passiva del M., essendo legale rappresentante della società importatrice, per la quale non si applica la fattispecie dell’estensione di responsabilità di cui all’art. 202, comma 2, Regolamento (CEE) 12 ottobre 1992, n. 2913/12 e relativamente al quale sono irrilevanti le circostanze di fatto in base alle quali egli sarebbe stato all’oscuro dell’operazione, stante la carica ricoperta all’interno della società importatrice;
– la dedotta buona fede dell’importatore a termini dell’art. 220, comma 2, Reg. (CEE) n. 2913/92, insussistente a causa della irregolarità del certificato di origine, relativamente alla quale non rileva lo stato soggettivo del dichiarante;
che, nel merito, la domanda del contribuente è stata accolta facendosi applicazione retroattiva dell’abrogazione del dazio antidumping su prodotti in acciaio fabbricati nella Repubblica Popolare Cinese, per effetto dell’applicazione del Regolamento di Esecuzione (UE) del 26 febbraio 2016, n. 278/16, interpretandosi il Regolamento esecutivo alla luce del principio del favor rei di cui all’art. 3 d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 472;
che avverso la sentenza propone impugnazione principale l’Ufficio con due motivi, cui resiste con controricorso il M.,
che propone a sua volta ricorso incidentale affidato a tre motivi;
Considerato che
con il primo motivo l’Ufficio deduce violazione e falsa applicazione del Regolamento (UE) n. 278/2016 e dell’art. 3, comma 3, d. lgs. n. 472/1997, per avere il giudice di appello erroneamente ritenuto applicabile il suddetto Regolamento al caso di specie, avente ad oggetto importazioni di elementi di fissaggio in ferro o in acciaio provenienti dall’India, laddove il suddetto Regolamento si applicherebbe unicamente alle importazioni della suddetta merce proveniente o spediti dalla Malaysia, indipendentemente dal fatto che siano dichiarati originari o meno della Malaysia.;
con il secondo motivo l’Ufficio deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, d. lgs. n. 472/1997 e dell’art. 2 Regolamento (UE) n. 278/2016, nella parte in cui la sentenza impugnata ha fatto applicazione retroattiva, in ossequio al principio del favor rei, della abrogazione dei dazi; deduce il contrasto della suddetta interpretazione con il principio espresso dall’art. 2 del medesimo Regolamento, che ha stabilito l’entrata in vigore della norma abrogatrice con decorrenza dal 28 febbraio 2016, ossia dal giorno successivo alla pubblicazione del Regolamento sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE, nonché il contrasto con il principio di cui all’art. 10, par. 1, Regolamento (CE) del 30 novembre 2009, n. 1225/09, che afferma l’applicazione dei dazi antidumping ai prodotti immessi in libera pratica dopo l’entrata in vigore del dazio medesimo;
che, con riferimento al ricorso incidentale del M., deve esserne preliminarmente dichiarata l’inammissibilità per tardività, avendo il M. dichiarato di avere ricevuto la notificazione del ricorso introduttivo in data 5.06.2017 (spedito a mezzo posta in data 30.05.2017), per poi notificare il ricorso incidentale con atto spedito in data 27.07.2017, oltre il termine di cui all’art. 370 cod. proc. civ. decorrente dalla notificazione del ricorso principale;
pertanto, stante il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso, la cui ammissibilità è condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti più venti) risultante dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 cod. proc. civ. (Cass., Sez. II, 6 dicembre 2005, n. 26622), con conseguente inammissibilità del ricorso incidentale;
che il primo motivo del ricorso principale è infondato, posto che l’art. 1 del Regolamento di Esecuzione (UE) del 26 febbraio 2016, n. 2016/278 dispone la abrogazione dei «dazi antidumping definitivi sulle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio, diverso dall’acciaio inossidabile, cioè viti per legno (tira fondi esclusi), viti autofilettanti, altre viti e bulloni con capocchia (…) e rondelle … originari della Repubblica popolare cinese», non solo in relazione alle merci spedite dalla Malaysia, intendendosi tale abrogazione estesa anche (ma non ristretta solo) ai dazi antidumping delle «importazioni spedite dalla Malaysia, indipendentemente dal fatto che siano dichiarate o no originarie della Malaysia»;
che il secondo motivo di ricorso è fondato, posto che:
stando all’interpretazione letterale, il regolamento non ha previsto un regime transitorio, prevedendo a termini dell’art. 3 Reg. cit. l’entrata in vigore dal giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea (pertanto dal 28 febbraio 2016);
– secondo l’interpretazione sistematica, ai dazi antidumping non può essere riconosciuta natura sanzionatoria, trattandosi di misure che hanno lo scopo di evitare turbative della concorrenza derivanti dall’immissione nel mercato europeo di merci ad un prezzo ritenuto eccessivamente basso rispetto a quello praticato nelle normali transazioni all’interno di tale mercato, con esclusione del principio di retroattività della disposizione successiva più favorevole, previsto dall’art. 3, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 472/1997 (Cass., Sez. V, 4 novembre 2009, n. 23381);
il riferimento contenuto nell’art. 2 Reg. cit., secondo cui non è consentito il rimborso dei dazi riscossi prima di tale data, è una conferma del suddetto principio, inibendo ai contribuenti che abbiano assolto i dazi nel vigore della precedente disciplina, di non usufruire della disciplina sopravvenuta al fine di ottenere la ripetizione di quanto legittimamente assolto in costanza della precedente disciplina dei diritti di confine;
– l’eventuale estensione di tale principio anche ai dazi accertati e non riscossi (come anche ai dazi non accertati e non riscossi alla data del 28.02.2016) non è consentita, in quanto:
a) discriminerebbe i contribuenti che hanno assolto l’obbligazione daziaria nel vigore della disciplina previgente (e che non possono usufruire della disciplina sopravvenuta in quanto non possono riscuotere quanto legittimamente pagato) rispetto ai contribuenti che, nel vigore della suddetta disciplina, non vi abbiano dato attuazione e che ingiustificatamente vedrebbero applicata retroattivamente nei loro confronti la disciplina abrogatrice;
b) giungerebbe ad applicare retroattivamente la disciplina abrogatrice, in contrasto con il disposto dell’art. 3 Reg. cit. proprio a favore dei contribuenti che hanno violato la disciplina previgente;
che la sentenza va cassata senza rinvio non essendovi ulteriori accertamenti da compiere, rigettandosi la domanda del contribuente, dichiarandosi compensate le spese processuali del doppio grado del giudizio di merito per giusti motivi e regolando le spese del giudizio di legittimità secondo il principio di soccombenza, facendosi applicazione quanto al ricorso incidentale del principio di cui all’art. all’art. 13 comma 1 – quater del d.P.R. n. 115 del 2002;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso incidentale, rigetta il primo motivo di ricorso principale, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda del contribuente; dichiara compensate le spese del doppio grado di giudizio; condanna M.I. al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, che liquida in € 4.100,00, oltre spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13 comma 1 – quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13 se dovuto.
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