CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 settembre 2020, n. 19006
Fallimento – Dichiarazione di fallimento – Reclamo – Rigetto – Termine di impugnazione – Decorrenza – Data di notifica della sentenza effettuata dal cancelliere tramite pec – Legittimità
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 1024/2018, del 21 giugno 2018, la Corte di appello di Ancona ha respinto il reclamo ex art. 18 L.fall. proposto da L. B. e M. A., “in proprio e quali soci illimitatamente responsabili della M.L. s. n. di B.. L. & A. M.”, avverso la dichiarazione del fallimento proprio e della menzionata società pronunciata dal Tribunale di Fermo il 29 novembre 2017. Ha ritenuto, in particolare, non adeguatamente dimostrati: r) la contemporanea sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all’art. 1, comma 2, L.fall.; ii) il mancato superamento del limite di cui all’art. 15, ultimo comma, L.fall.; iii) l’insussistenza del credito della F.G. s.r.l., creditrice istante ex art. 6 L.fall..
2. Avverso detta sentenza, che assumono essergli stata notificata, tramite P.E.C., il 28 giugno 2018 (benché nell’attestazione di conformità all’originale della medesima sentenza, sottoscritta dall’Avv. M.S., ivi difensore dei reclamanti, si legga dell’avvenuta notificazione della stessa, al menzionato difensore, tramite PEC, il 21 giugno 2018), la B. e l’A., in proprio e nella indicata qualità, ricorrono per cassazione, affidandosi a sei motivi, il quarto ed il quinto dei quali subordinati all’eventuale mancato accoglimento del terzo. La curatela fallimentare e la suddetta creditrice istante sono rimaste solo intimate.
Ragioni della decisione
1. Preliminarmente all’esame dei formulati motivi – così, rispettivamente, rubricati: 1. «Falsa applicazione di una norma di diritto, ed in particolare degli artt. 2435 c.c. e 15, comma 4, L.fall., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.»; 2. «Violazione di una norma di diritto, ed in particolare degli artt. 115, comma 1, e 116 comma 1, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.»; 3. «Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, n. 4 (ai sensi dell’art. 156, comma 2, c.p.c.), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per motivazione apparente»; 4. «Violazione di una norma di diritto, ed in particolare dell’art. 132, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.»; 5. «Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.»; 6. «Nullità del procedimento per “error in procedendo” dovuto alla mancata pronuncia del giudice sulla istanza istruttoria avanzata dalla parte, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.» – rileva il Collegio che l’odierno ricorso deve essere dichiarato inammissibile perché tardivamente proposto.
1.1. Va evidenziato, infatti, che, come peraltro riferito dai medesimi ricorrenti (cfr. pag. 2 del ricorso), la sentenza impugnata, resa dalla corte anconetana il 21 giugno 2018, è stata ad essi ritualmente notificata (evidentemente dalla cancelleria), tramite PEC, il successivo 28 giugno 2018. Nell’attestazione di conformità all’originale della medesima sentenza, sottoscritta dall’Avv. M.S., ivi difensore dei reclamanti, si legge, invece, dell’avvenuta notificazione della stessa, al menzionato difensore, tramite PEC, il 21 giugno 2018.
1.1.2. La B. e l’A., poi, risultano aver notificato, tramite PEC, l’odierno ricorso (già datato 13 settembre 2018) alle controparti (curatela fallimentare e F.G. s.r.l.) solo il 17 settembre 2018, ben oltre, dunque, il termine di 30 giorni (anche a farlo decorrere dal 28 giugno 2018, invece che dal 21 giugno) previsto dall’art. 18, comma 14, L.fall..
1.2. Costituisce, del resto, orientamento ormai consolidato di questa Corte che «la notifica del testo integrale della sentenza reiativa del reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, e ettuata ai sensi dell’art. 18, comma 13, l. fall. , dal cancelliere mediante posta elettronica certificata (PE C), ex art. 16, comma 4, del d.l. n.179 del 2012, convertito, con modificazioni dalla legge n. 221 del 2012, è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione in cassazione ex art. 18, comma 14, l.fall., non ostandovi il nuovo testo dell’art. 133, comma 2, cod. proc. civ., come novellato dal d.l n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 114 del 2014, secondo il quale la comunicazione del testo integrale della sentenza da parte del cancelliere non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c. l.fall.» Cass. nn. 34103, 23443 e 23007 del 2019; Cass. nn. 26872 e 27685 del 2018; Cass. nn. 23575, 14972, 13529 e 2315 del 2017; Cass. n. 10525 del 2016; in senso analoga, si veda anche la precedente Cass. 23526 del 2014 con riguardo all’impugnazione in cassazione ex art. 348-ter cod. proc. civ.).
1.2.1. E’ stato, infatti, chiarito che la menzionata modifica dell’art. 133 del codice di rito ad opera dell’art. 45, comma 1, lett. b), del d.l. n. 90 del 2014, riguarda solo le notifiche che vengono effettuate su impulso di parte, e non incide invece sulle norme processuali – di carattere derogatorio e speciale – in base alle quali la notifica deve essere effettuata a cura della cancelleria, come appunto l’art. 18 l.fall. (che richiama l’art. 17) ove, stanti le esigenze di celerità che caratterizzano il procedimento fallimentare, si reputa che la conoscenza legale del provvedimento suscettibile di impugnazione sia assicurata anche dalla comunicazione in forma integrale, al pari della notificazione ((jr. anche l’art. 99, ultimo comma, l.fall. nonché gli artt. 348-ter, 669-terdecies, comma 1, e 702-quater cod. proc. civ.); al tempo stesso, è stato precisato che l’operatività di tale principio vale solo per il periodo successivo alla modifica dell’art. 45, disp. att. cod. proc. civ. adopera dell’art. 16, comma 6, del citato d.l. n. 179 del 2012, che ha imposto la comunicazione del testo integrale del provvedimento da parte della cancelleria (cfr Cass. n. 23575 del 2017).
2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non segue la condanna della Baldassarre e dell’A. alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, essendo le controparti rimaste solo intimate, mentre, invece, deve darsi atto – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017), e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115/02, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido tra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento».
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, giusta il comma 1-bis dello stesso articolo 13.
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