CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 aprile 2019, n. 10485
Lavoro – Concessione della CIGS – Comunicazione di apertura della procedura di trattamento di integrazione salariale – Individuazione dei dipendenti interessati alla sospensione – Criteri
Rilevato che
1. M.C. convenne in giudizio la C.L.I. s.r.l., alle dipendenze della quale aveva lavorato con mansioni di sequenziatore, esponendo di essere stato sospeso in cassa integrazione guadagni straordinaria per ripetuti periodi dal 20 dicembre 2002 al 30 dicembre 2003 quando il rapporto era definitivamente cessato. Assumendo che la comunicazione aziendale del 5 novembre 2002 non conteneva specifici criteri né per l’individuazione dei lavoratori da collocare in cassa integrazione né per la rotazione degli stessi e che neppure nell’ambito della procedura che ne era seguita tali criteri erano specificati, chiese al Tribunale di Cassino la condanna della società convenuta al pagamento delle differenze spettanti tra trattamento di CIGS e retribuzione a titolo di risarcimento del danno. Il Tribunale di Cassino accolse la domanda mentre la Corte di appello di Roma pur dichiarata l’inammissibilità dell’appello proposto da C.L.I. s.r.l. nella parte in cui non conteneva una ragionata critica alla sentenza di primo grado, l’ha accolto in parte ed ha riconosciuto il diritto del lavoratore al risarcimento del danno chiesto che ha commisurato al differenziale tra il trattamento di integrazione salariale percepito dal P. ed il miglior trattamento economico mediamente percepito nel medesimo arco temporale dagli altri 162 sequenziatori collocati in CIGS per periodi di tempo minori.
2. Per la cassazione della sentenza propone ricorso M.C. che articola tre motivi. Resiste con controricorso la C.L.I. s.r.l. che propone ricorso incidentale affidato ad un solo motivo, cui oppone difese con controricorso M.C.
Considerato che
3. Il primo motivo di ricorso con il quale è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 434 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 primo comma nn. 3 e 4 cod. proc. civ. è inammissibile in quanto, nel dolersi della parziale inammissibilità dell’ appello in relazione alla mancata specifica impugnazione della sentenza di primo grado trascura di trascrivere nel ricorso le parti rilevanti delle censure formulate nel gravame, così incorrendo nella violazione dell’art. 366 primo comma nn. 4 e 6 cod. proc. civ.. Per effetto della mancata riproduzione delle censure formulate in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non è consentito alla Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. recentemente Cass. 13/03/2018 n. 6014 ed ivi le richiamate Cass. 18/04/2006 n. 8932, 20/01/2006 n. 1108, 08/11/2005 n. 21659, 02/08/2005 n. 16132, 25/02/2004 n. 3803, 28/10/2002 n. 15177, 12/05/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (cfr. Cass. n. 6014 del 2018 cit. ed ivi richiami ulteriori).
4. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso con i quali è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 commi 4 e 5 della legge 20 maggio 1975 n. 164 nonché dell’art. 1 commi 7 e 8 della legge 23 luglio 1991 n. 223 sono invece fondati.
4.1. La Corte di merito si è infatti discostata dai principi più volte affermati da questa Corte di legittimità secondo cui “In tema di procedimento per la concessione della c.i.g.s., la comunicazione di apertura della procedura di trattamento di integrazione salariale, assolutamente generica in ordine ai criteri in base ai quali pervenire all’individuazione dei dipendenti interessati alla sospensione ed in ordine all’adozione di meccanismi di rotazione o di criteri specifici alternativi, tale da rendere impossibile qualunque valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere, viola l’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 1, comma 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223, e tale violazione non può ritenersi sanata dall’effettività del confronto con le organizzazioni sindacali, trovandosi queste ultime a dover interloquire sul tema senza essere a conoscenza del contenuto specifico dei dati da trattare.” (cfr. Cass. 22/02/2012 n. 7459).
4.2. E’ stato infatti rammentato che la norma guida (art. 1, comma 7, della legge 223 del 1991) è molto chiara nello stabilire che “devono” formare “oggetto della comunicazione” i “criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonché le modalità della rotazione prevista dal comma 8”. Le Sezioni unite hanno escluso la fondatezza di interpretazioni riduttive di tale disposizione, sottolineando, con la sentenza n. 302 del 2000, che, in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l’attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale implicante una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall’attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell’esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che devono essere sospesi, in base al combinato disposto della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7, e della L. 20 maggio 1975, n. 164, art. 5, commi 4 e 5. L’orientamento si è consolidato del tempo, trovando conferma nella successiva giurisprudenza di legittimità (per tutte: Cass. 23 aprile 2004, n. 7720; Cass. 4 maggio 2009, n. 10236; Cass. 1 luglio 2009, n. 15393; Cass. 21 settembre 2011, n. 19235). I principi base che regolano la materia sono stati così sintetizzati (v. Cass. 22/02/2012 n. 7459 e recentemente ord. VI-L 06/05/2014 n. 9737):
a) il provvedimento di sospensione dell’attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro (sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione, sia in caso contrario) ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell’esame congiunto, ovvero di concordare con le stesse, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che devono essere sospesi, ed ai quali criteri la scelta dei lavoratori deve poi effettivamente corrispondere (Cass. 28 novembre 2008, n. 28464);
b) la specificità dei criteri di scelta consiste nell’idoneità dei medesimi ad operare la selezione e nel contempo a consentire la verifica della corrispondenza della scelta ai criteri (Cass. 23 aprile 2004, n. 7720);
c) la comunicazione di apertura della procedura di trattamento di integrazione salariale la cui genericità rende impossibile qualunque valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere, viola l’obbligo di comunicazione previsto dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7, (Cass. 9 giugno 2009, n. 13240);
d) la mancata specificazione dei criteri di scelta (o la mancata indicazione delle ragioni che impediscono il ricorso alla rotazione) determina l’inefficacia dei provvedimenti aziendali che può essere fatta valere giudizialmente dai lavoratori, in quanto la regolamentazione della materia è finalizzata alla tutela, oltre che degli interessi pubblici e collettivi, soprattutto di quelli dei singoli lavoratori (Cass. 19 agosto 2003, n. 12137; Cass. 18 maggio 2006, n. 11660).
4.3 In sostanza, come affermato anche di recente da questa Corte, nel procedimento per la concessione della c.i.g.s., la verifica dell’adeguatezza della comunicazione ex art. 1, comma 7, della l. n. 223 del 1991 – sotto il profilo della specificità dei criteri di individuazione dei lavoratori da spostare e delle modalità della rotazione – deve essere condotta con valutazione in astratto ed “ex ante”, e non in concreto ed “ex post” poiché deve assolvere alla funzione di porre le associazioni sindacali in condizione di contrattare i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere e di assicurare al lavoratore la previa individuazione di tali criteri e la verificabilità dell’esercizio del potere del datore di lavoro (Cass. 15/10/2018 n. 25737).
5. Per effetto dell’accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso rimane assorbito l’esame dell’unico motivo di ricorso incidentale con il quale la società, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 commi 7 e 8 I. 223 del 1991, sostiene che la disposizione impone di indicare le ragioni per le quali non si procede alla rotazione e non anche per i caso contrario in cui invece si dà corso alla rotazione.
6. In conclusione la sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo ed il terzo assorbito il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.