CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 aprile 2021, n. 9913
Recupero di sgravi contributivi – Violazione del diritto di precedenza alla ex dipendente licenziata – Rinuncia preventiva al diritto di prelazione, pur valida nei rapporti tra privati, non opponibile all’INPS – Sostituzione vera e propria tra due lavoratori – Impedire operazioni elusive di mera sostituzione di un lavoratore con altro più vantaggioso – Nuove assunzioni decise dall’imprenditore nella “stessa qualifica” dei licenziati – Sostanziale coincidenza tra le professionalità di cui l’azienda abbisogna e quella posseduta da questi ultimi
Rilevato che
1. con ricorso depositato il 9.10.2017 la T.S.L. srl ha proposto opposizione all’avviso di addebito emesso dall’INPS per il recupero di sgravi contributivi, di cui la società aveva beneficiato per l’assunzione in data 16.7.2014 del lavoratore M.L., e che l’Istituto assumeva non spettanti per la violazione del diritto di precedenza riconosciuto alla ex dipendente B.N., licenziata il 28.3.2014;
2. il Tribunale di Trieste ha accolto l’opposizione ritenendo che la lavoratrice avesse diritto di precedenza;
3. la Corte d’appello di Trieste, con sentenza n. 280, pubblicata il 31.12.18, ha respinto l’appello dell’INPS;
4. ha giudicato valida la rinuncia da parte della lavoratrice B. N. rilevando che il diritto di precedenza alla riassunzione, di cui all’art. 15 della legge n. 264 del 1949, sorge all’atto del licenziamento e che da questo momento decorre il termine di sei mesi per l’esercizio dello stesso, con la conseguenza che la lavoratrice aveva rinunciato ad un diritto di cui poteva disporre;
5. nonostante tale rilievo, i giudici di appello hanno, comunque, riconosciuto che la violazione del diritto di precedenza costituisce condizione ostativa al godimento degli sgravi contributivi, come disposto dall’art. 4, comma 12, lett. b) della legge n. 92 del 2012, sostituito dall’art. 31, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 81 del 2015; che, data la natura inderogabile della disciplina previdenziale, la rinuncia preventiva al diritto di prelazione, se pure valida nei rapporti tra privati, non è opponibile all’INPS, con la conseguenza che il datore di lavoro, nei sei mesi precedenti la nuova assunzione, deve comunque offrire il posto al dipendente licenziato (come previsto anche dalla circolare INPS n. 137 del 12.12.12); ciò in coerenza con la ratio della normativa volta ad impedire operazioni elusive di mera sostituzione di un lavoratore con altro più vantaggioso;
6. hanno precisato, aderendo a tale interpretazione, che il diritto di precedenza deve ritenersi operante solo ove si realizzi una sostituzione vera e propria tra due lavoratori, il che si verifica quando il lavoratore licenziato e quello neo assunto hanno profili professionali e mansioni identici o almeno fungibili;
7. hanno accertato in fatto che B. N. e M.L. erano inquadrati in livelli diversi (rispettivamente II e III del CCNL) ed erano addetti a mansioni differenti per contenuto e tipologia (la prima addetta all’acquisizione di nuovi clienti e al marketing per il mercato turco, alla compilazione di certificati sanitari e ai rapporti con terzi e con la pubblica amministrazione, con sede di lavoro prevalente presso l’ufficio in Porto Nuovo; il secondo era addetto alla emissione di bolle per l’import-export presso l’ufficio di Fernetti), circostanze mai contestate dall’INPS, che si era limitato ad osservare come entrambi avessero la qualifica di impiegati;
8. avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria, la T.S.L. srl;
9. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ..
Considerato che
10. con l’unico motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8, l. n. 223 del 1991, dell’art. 4, comma 12, l. n. 92 del 2012, come sostituito dall’art. 31, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 150 del 2015, dell’art. 2697 cod. civ.;
11. l’Istituto ricorrente ha censurato la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto non operante il diritto di precedenza per essere i due lavoratori inquadrati in diversi profili professionali ed adibiti a mansioni differenti, sebbene il requisito della identità dei profili e delle mansioni non sia richiesto dall’art. 4, comma 12 cit.;
12. il ricorso è fondato;
13. ai sensi dell’art. 15, comma 6, l. n. 264 del 1949, “I lavoratori licenziati da un’azienda per riduzione di personale hanno la precedenza nella riassunzione presso la medesima azienda entro un anno”; il termine di un anno è stato ridotto a sei mesi, dall’art. 6, comma 4, d.lgs. n. 297 del 2002;
14. il comma 7 del medesimo art. 15, aggiunto dalla l. n. 1618 del 1962, prevedeva: “A tal fine i datori di lavoro debbono dichiarare all’atto della presentazione delle richieste, sia nominative che numeriche, se vi siano stati, entro l’anno precedente, dipendenti della stessa qualifica licenziati per riduzione di personale, specificandone i nomi”; questa disposizione è stata abrogata ad opera del d.lgs. n. 297 del 2002, art. 8;
15. l’art. 8, l. n. 223 del 1991, stabilisce al comma 1: “Per i lavoratori in mobilità ai fini del collocamento si applica il diritto di precedenza nell’assunzione di cui al sesto comma dell’articolo 15 della legge 29 aprile 1949, n. 264 e successive modificazioni ed integrazioni”;
16. la legge n. 92 del 2012, all’art. 4, comma 12, “Al fine di garantire un’omogenea applicazione degli incentivi all’assunzione, ivi compresi quelli previsti dall’articolo 8, comma 9, della legge 29 dicembre 1990, n. 407, e dagli articoli 8, commi 2 e 4, e 25, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, per i periodi di vigenza come ride finiti dalla presente legge”, ha fissato alcuni principi generali applicabili agli incentivi per le assunzioni; in particolare, al comma 12, lett. b), ha previsto: “b) gli incentivi non spettano se l’assunzione viola il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine; gli incentivi sono esclusi anche nel caso in cui, prima dell’utilizzo di un lavoratore mediante contratto di somministrazione, l’utilizzatore non abbia preventivamente offerto la riassunzione al lavoratore titolare di un diritto di precedenza per essere stato precedentemente licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine” (v. sul punto circolare INPS n. 137 del 2012);
17. analoga disposizione è contenuta nel d.lgs. n. 150 del 2015, all’art. 31, comma 1, lett. b);
18. questa Corte, in relazione al diritto di precedenza alla riassunzione, riconosciuto ai lavoratori licenziati per riduzione di personale dall’art 15 della legge 29 aprile 1949 n. 264 (cui rinvia integralmente l’art. 8, primo comma, della legge n. 223 del 1991), ha affermato che “il datore di lavoro che assuma lavoratori diversi (in luogo di quelli licenziati) entro il suddetto termine annuale (riferito alla stipulazione di relativi contratti) può sottrarsi alla responsabilità per inadempimento, ex art. 1218 cod. civ., ed al conseguente obbligo di risarcimento del danno, solo ove fornisca la prova della assoluta inevitabilità della scelta, sotto il profilo delle professionalità assolutamente peculiari da acquisire all’azienda ovvero della impossibilità di procedere alla stipulazione di contratti dei quali potrebbero essere parti gli ex dipendenti“, (Cass. n. 14293 del 2002);
19. la decisione appena richiamata, se pure relativa ad una fattispecie (domanda di risarcimento danni per violazione del diritto di precedenza, disciplinata dall’art. 15, l. n. 264 del 1949, nel testo comprensivo del comma 7, poi abrogato dal d.lgs. 297 del 2002, che faceva espresso riferimento all’assunzione di “dipendenti della stessa qualifica licenziati”) diversa da quella in esame, ha enunciato principi di valenza generale e che risultano rilevanti e significativi ai fini della questione oggetto di causa; in particolare, nella citata sentenza n. 14293 del 2002, è affermato: “…l’ulteriore condizione per l’insorgenza del diritto di precedenza, quale si desume dal comma settimo dell’art. 15 I. 264/1949, che si tratti cioè di nuove assunzioni decise dall’imprenditore nella “stessa qualifica” dei licenziati, si deve intendere realizzata quando vi sia sostanziale coincidenza tra le professionalità di cui l’azienda abbisogna e quella posseduta da questi ultimi.
Sarebbe irragionevole e non conciliabile con la ratio delle disposizioni in tema di diritto di precedenza leggere l’espressione “stessa qualifica” come identità di livelli di inquadramento formale”; la ratio di dette disposizioni è, infatti, individuata attraverso il riferimento al “principio dell’assoluta preminenza dell’interesse al posto di lavoro dei dipendenti coinvolti nella vicenda di riduzione di personale”;
20. in relazione alla vicenda oggetto di causa, regolata ratione temporis dalle disposizioni di cui alla l. n. 92 del 2012 e successive modifiche, ed in cui costituisce circostanza pacifica l’assunzione del M. prima dei sei mesi dal licenziamento della B., titolare del diritto di precedenza, i principi enunciati dalla richiamata sentenza di questa Corte devono trovare puntuale riscontro, a maggior ragione data l’ampiezza della previsione introdotta nel 2012; con la conseguenza che il datore di lavoro, pacificamente onerato della prova degli elementi costitutivi del diritto allo sgravio (v. Cass. n. 1157 del 2018; n. 21898 del 2010), deve dimostrare che la nuova assunzione dalle liste di mobilità (e quindi la mancata offerta del lavoro agli ex dipendenti titolari del diritto di precedenza) ha rappresentato una scelta inevitabile, a causa delle professionalità assolutamente peculiari da acquisire all’azienda ovvero dell’impossibilità di procedere alla stipulazione di contratti dei quali potessero essere parti gli ex dipendenti;
21. la sentenza impugnata, poiché ha ritenuto soddisfatto l’onere di prova di parte datoriale sull’unico rilievo dell’essere i due lavoratori, la persona licenziata ed il neo assunto, inquadrati in due distinti livelli contrattuali, rispettivamente il II e il III del CCNL applicato, pur avendo essi la medesima qualifica di impiegati, ha male interpretato le disposizioni oggetto del motivo di ricorso, non attenendosi ai principi enunciati da questa Corte e sopra richiamati;
22. la Corte di merito avrebbe dovuto esigere, ai fini del diritto allo sgravio vantato dalla società attuale controricorrente, la dimostrazione che l’assunzione del nuovo lavoratore dalle liste di mobilità rispondesse ad una esigenza di specifica professionalità, non suscettibile di essere soddisfatta nel rispetto del diritto di precedenza di cui era titolare la ex dipendente licenziata;
23. per tali ragioni la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione.