CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 febbraio 2019, n. 4593
Tributi locali – ICI – Accertamento – Immobili – Aziende sanitarie locali – Natura commerciale
Rilevato che
Il Comune di Alatri notificò il 2 gennaio 2009 alla azienda sanitaria locale di Frosinone avviso di accertamento per l’importo complessivo di Euro 86.514,45 comprensivo di interessi e sanzioni, contestando l’omessa dichiarazione ed il mancato pagamento dell’ICI relativamente ad immobili di proprietà di quest’ultima siti nel Comune di Alatri per l’anno 2003. Proposta impugnazione dalla azienda sanitaria locale, la CTP di Frosinone accoglieva il ricorso, ritenendo che le aziende sanitarie, dotate di personalità giuridica pubblica ampia autonomia amministrativa, costituissero con lo Stato, le Regioni ed i comuni uno dei livelli dell’organizzazione sanitaria, preposta al soddisfacimento di interessi generali aventi carattere non commerciale; ulteriormente rilevando che l’art. 87 comma 1 lett.c) richiede solo che gli enti pubblici o privati – che siano società – non abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio e di attività commerciale. Affermava inoltre che il medesimo contratto di leasing finanziario prevedeva il trasferimento del possesso degli immobili all’azienda.
La CTR del Lazio – sezione distaccata di Latina – accolse, con sentenza n. 852/40/13 notificata il 6.02.2014, l’appello proposto dal Comune avverso la pronuncia di primo grado, osservando che l’esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), non potesse trovare applicazione nella fattispecie in esame, mancando sia il requisito soggettivo in capo all’ASL, ente dotato di personalità giuridica e dunque non appartenente alla categoria degli enti non commerciali sia il requisito oggettivo individuato dal regolamento comunale; detto regolamento difatti aggiungeva alle esenzioni di legge, gli immobili, posseduti a titolo di proprietà o di diritto reale di godimento in qualità di locatario finanziario dallo Stato, dalle regioni e dalle asl, non destinati esclusivamente a compiti istituzionali, escludendo i giudici che l’immobile de quo fosse posseduto secondo i titoli sopra menzionati.
Avverso la succitata sentenza l’azienda sanitaria ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Il Comune di Alatri resiste con controricorso.
Considerato che
2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. i), in combinato disposto con il D.L. n. 203 del 2005, art. 7, comma 2 bis – come modificato dal D.L. n. 223 del 2006, art. 39 – e del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. c), dell’art. 4 nn. 1 e 2 del regolamento lei del Comune di Alatri anche in combinato disposto con l’art. 73 ( ex art. 87) comma 1 lett. C) del DPR n. 917/86; nonché violazione dell’art. 1 del d.lgs. 344/2003 (ex art. 74 dpr 91 DEL 1986), sostanzialmente lamentando che la decisione impugnata, nel pervenire all’accoglimento dell’appello proposto dal Comune di Alatri avrebbe attribuito erronea rilevanza alla provenienza del cespite ceduto in locazione finanziaria da una società privata conferendo inoltre all’azienda la natura di ente commerciale, escludendola così dalla invocata esenzione.
Ciò ritenendo che l’art. 7 citato lett. i debba essere letto in combinato disposto con quanto previsto dal comma 2 bis dell’art. 7 D.L. n. 203/2005, come riformulato dall’art. 39 D.L. n. 223 del 2006, in base al quale l’esenzione disposta dall’art. 7 comma 1 lett. I del d.lgs n. 504/92 si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale; con il conseguente diritto all’esenzione invocata, non avendo l’azienda sanitaria natura commerciale, trattandosi di ente che, ai sensi dell’art. 73 ( ex art. 87) DPR n. 917/98, non ha per oggetto l’esercizio di attività commerciale e che utilizza gli immobili de quibus esclusivamente ai fini dello svolgimento delle attività indicate nella lettera i dell’art. 7 cit..
Ulteriormente argomentando il possesso oltre che del requisito soggettivo, integrato dal fatto che l’immobile è utilizzato da un ente non commerciale di cui all’art. 73 T.U. delle imposte sui redditi, anche del requisito oggettivo, determinato dal fatto che gli immobili sono utilizzati esclusivamente per lo svolgimento delle attività tassativamente elencate nella norma menzionata.
Deduce inoltre la ricorrente l’erroneità della decisione adottata laddove, dopo aver attribuito la natura commerciale all’asl, in contrasto col regolamento comunale, ne esclude l’esenzione dall’imposta in contrasto con quanto stabilito dal regolamento medesimo che include tra i soggetti esenti anche i locatari finanziari degli immobili che li posseggono, censurando altresì la rilevanza data dai giudici regionali al trasferimento ed alla successiva locazione finanziaria da parte di una società per azioni, requisito non previsto da alcuna norma nemmeno regolamentare.
3. Con la seconda censura si lamenta l’omessa ed insufficiente motivazione o omesso esame circa un fatto decisivo della controversia che è stato oggetto della discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., lamentando l’omessa valutazione nel periodo controverso del dedotto utilizzo diretto da parte dell’azienda del plesso ospedaliero.
4. Con il terzo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 1 lett. A) d.lgs n. 504/92 in combinato disposto con l’art. 3 d.lgs n. 502/92 ex art. 360 c. 1 n. 3 e contestualmente l’omessa motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.., per avere i giudici regionali ritenuto assorbita la relativa questione, benché sia compito del giudice rilevare di ufficio l’individuazione della norma correttamente applicabile; atteso che la disposizione in parola include tra i soggetti esenti dall’ICI i possessori di immobili quali le aziende sanitarie locali che destinano i cespiti esclusivamente ai compiti istituzionali.
5. Il primo motivo va accolto, assorbiti gli altri.
6. Come già evidenziato da questa Corte nella sentenza n. 5675 del 2012, la qualificazione dell’Azienda sanitaria come ente strumentale della regione, contenuta nell’originaria formulazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3, comma 1 è stata espressamente eliminata dal D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 571, che ha definito l’azienda sanitaria quale “azienda dotata di personalità giuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica.
L’Azienda sanitaria, quindi, già dal 1993 ha perso il carattere di organo della Regione, acquisendo una propria soggettività giuridica con un’autonomia che ha poi assunto, stante il disposto del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3, comma 1 bis (comma introdotto dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229), anche carattere imprenditoriale “in funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie locali si costituiscono in Aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale”; disposizione quest’ultima che ha indotto la giurisprudenza amministrativa a ritenere che le Aziende sanitarie abbiano assunto la natura di enti pubblici economici non commerciali (TAR Catanzaro ha Sez. 17 gennaio 2001 n. 37 – confermata in appello dalla 5A Sez. del Consiglio di Stato con decisione 9 maggio 2001 n. 2609 – e 5 aprile 2002 n. 809; Cass. n. 12773/2011 Cass. n.11088 e n. 23059 del 2014).
La ricorrente, dunque, pur essendo ente pubblico economico, dotato di autonomia economica e gestionale, svolgendo un ruolo primario nell’erogazione di servizi pubblici di natura sanitaria ed assistenziale, va inclusa tra gli enti non commerciali ex art. 87 d.lgs. n. 917/86, ed in quanto tale rientra tra i soggetti di cui all’art. 7, comma 1, lett. a, d. Igs. 504/92.
7.In base al cit. art. 7, nella versione anteriore al D.L. n. 203 del 2005 cit. (e alla successiva evoluzione), trattandosi di imposta dovuta per l’anno 2003, sono esenti dall’Ici gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’articolo 87, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del presidente della repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni,( c) – vale a dire gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali – destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222.
Alla stregua del mutato quadro normativo, poi, l’esenzione disposta dall’art. 7, comma 1, lett. i) cit è stata estesa alle attività ivi indicate “a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse” e poi a quelle “che non abbiano esclusivamente natura commerciale”.
Accertata la natura di enti non commerciali delle aziende sanitarie locali, occorre esaminare l’applicabilità al caso di specie dell’esenzione prevista dall’art. 7, comma primo, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504.
Orbene, con riferimento alla disciplina precedente si è ritenuto da questa Corte che l’esenzione resta subordinata alla compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività (per quanto qui interessa) sanitarie o di assistenza (ovvero di altre attività equiparate dal legislatore ai fini specifici), e di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento di tali attività direttamente da parte dì un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, in base all’art. 87, comma 1, lett. (c) del Tuir (Sez. 5 n. 7385-12; n. 25674-08; n. 18838-06; n. 20776-05; n. 13232-05; n. 6316-05).
Il requisito della esclusiva destinazione dell’immobile ad attività peculiari, non produttive di reddito, ritenute dal legislatore meritevoli di un trattamento fiscale di favore, va accertato verificando “concretamente se l’attività cui l’immobile è destinato, se pure rientrante fra quelle esenti, non sia svolta in concreto secondo le modalità di un’attività commerciale” (Cass. n, 31025/2018; n 20776/2005; Cass.n. 4654/2004; Cass.n.18450/2003).
Con riferimento alla disciplina anteriore alle modifiche di fine anno 2005 occorre dunque considerare che il ricordato art.7 c.1 impone la destinazione esclusiva allo svolgimento di attività assistenziali (Cass. 1195/2016).
In particolare, le SU di questa Corte, con la sentenza n. 28160 del 2008, dopo aver affermato che l’esenzione dall’ICI di cui al citato art. 7, comma 1, lett. i) costituisce – al pari delle altre norme che prevedono trattamenti agevolati in materia tributaria – una deroga alla regola generale, ed è perciò di stretta interpretazione, hanno ritenuto che l’esenzione in questione opera in costanza della “duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito”, escludendo che il beneficio possa spettare in caso di utilizzazione indiretta, pur se assistita da finalità di pubblico interesse (Cass.n. 18838 del 2006; 10827 del 2005; 8054 del 2005; 142 del 2004; 18549 del 2003).
Se questi sono i requisiti richiesti ai fini dell’esenzione, l’affermazione del decidente secondo la quale è ostativo all’esenzione sia la natura dell’ente che il trasferimento in locazione finanziaria all’asl da soggetto privato ( società) contrasta con quanto disposto sia dall’art. 7 cit. sia dall’art. 4 del regolamento comunale di Alatri, adottato ai sensi dell’art. 59 del d.lgs 546/97 che recita: con regolamento comunale adottato a norma dell’art. 52 i comuni possono stabilire che l’esenzione di cui all’art. 7 lett. I dei d.lgs n. 504/92 concernente gli immobili utilizzati da enti non commerciali si applica soltanto ai fabbricati e a condizione che gli stessi oltreché utilizzati sono anche posseduti dall’ente non commerciale utilizzatore, l’esenzione dall’imposta prevista dall’art. 7, comma primo, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 esige la duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito. Ed in attuazione dell’art. 59 cit., l’art. 4 del regolamento comunale ha applicato l’ambito dell’esenzione includendo esplicitamente le aziende sanitarie locali che posseggono gli immobili destinati in modo esclusivo allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, ricreative, culturali e sportive, a titolo di proprietà o diritto reale di godimento o in qualità di locatario finanziario dallo Stato, dalle regioni, dalle aziende sanitarie locali, non destinate esclusivamente ai compiti istituzionali.
Le autorità indicate (Stato, Regione e azienda sanitarie) nella norma in esame sono i soggetti che – in base ai titoli giuridici indicati (proprietà, diritto reale di godimento, locazione finanziaria) – posseggono gli immobili e non, invece, i soggetti che, come ha affermato erroneamente dal decidente, quei diritti trasferiscono.
Sulla base della corretta interpretazione della norma regolamentare e dell’art. 59 cit. risulta quindi del tutto irrilevante se l’azienda abbia acquistato in leasing da un privato o da un soggetto pubblico – quest’ultimo normalmente non dedito ad attività imprenditoriali di acquisto-concessione in locazione finanziaria- i plessi dove svolge l’attività sanitaria.
Sul piano oggettivo, l’art. 7, comma 1, lett i), del d.lgs. n. 504 del 1992, richiede che gli immobili abbiano la caratteristica oggettiva di essere “destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”, a prescindere dagli scopi dell’attività dell’ente proprietario, che possono essere anche finalità di promozione economica e sociale.
In base ai principi generali (Sez. 5 n. 7385-12; Cass. n. 4502-12; n. 25674- 08; n. 18838-06; n. 20776-05; n.13232-05; n.6316-05), è onere del contribuente dimostrare l’esistenza in concreto dei requisiti di esenzione a mezzo della prova che l’attività, cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti (siccome di tipo sanitario e assistenziale), non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale ma, nel caso in esame, la decisione impugnata non ha escluso l’esenzione sulla scorta della natura commerciale dell’attività – esercizio pubblico di attività sanitaria ed assistenziale – ma sulla base della natura commerciale del soggetto ricorrente, decidendo sull’unico motivo di gravame interposto dall’ente comunale, che rilevava l’insussistenza del requisito soggettivo( coincidenza tra possessore ed utilizzatore).
Difatti, avverso la sentenza di primo grado che confermava la presenza sia del requisito soggettivo che di quello oggettivo, avendo l’UsI dimostrato che l’immobile in questione è costituito dal presidio ospedaliero San Benedetto di Alatri, nei cui locali si esercita esclusivamente l’attività sanitaria ed assistenziale, soddisfacendo il requisito della lett. I) dell’art. 7 in esame, l’amministrazione comunale proponeva appello sul rilievo che il trasferimento in locazione finanziaria da parte di una società – e non di un ente pubblico – escludeva l’usi dall’applicabilità dell’art. 4 del regolamento comunale, nonché sul presupposto della natura commerciale dell’azienda sanitaria locale, senza gravare la decisione di primo grado sotto il profilo del riconosciuto requisito oggettivo: destinazione dei locali esclusivamente ad attività sanitaria (ospedale).
Ne consegue che le difese svolte con il controricorso dal Comune anche con riferimento all’assolvimento dell’onere della prova circa la destinazione dell’immobile per cui si invoca l’esenzione dall’ICI, appaiono precluse dall’intervenuto giudicato interno.
Eccepita la carenza di prova in ordine al requisito oggettivo descritto, qualora la decisione in prime cure di tale questione non abbia formato oggetto di specifica impugnazione, si verifica sul punto, una preclusione processuale (derivante da giudicato cosiddetto “interno”), che impone alla Corte di cassazione, investita del ricorso avverso la sentenza resa da quest’ultimo, di dichiarare inammissibile la doglianza (Cass. nn. 22781 e 1651 del 2014; Cassazione n. 15383/2018; Cass.n. 2322/2017).
In conclusione deve trovare accoglimento il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata.
Non essendo necessari ulteriori accertamento in fatto il ricorso va deciso nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con l’accoglimento del ricorso introduttivo della contribuente.
Per il principio della soccombenza, le spese del presente giudizio vanno poste a carico dell’amministrazione comunale, tenuto conto comunque che il ricorso proposto contiene le medesime difese svolte negli altri giudizi introdotti nei confronti della medesima azienda sanitaria.
Sussistono i presupposti per la compensazione delle spese del giudizio di merito, tenuto conto delle alterne vicende del processo.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso dell’ASL;
Condanna l’ente comunale alla refusione delle spese di lite del presente giudizio che liquida in euro 3.000,00, oltre rimborso forfettario e accessori come per legge.
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