CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 febbraio 2022, n. 5004

Tributi – Contenzioso tributario – Appello – Sentenza – Motivazione – Mancato esame dell’elemento di fatto determinante – Nullità

Rilevato che

– con la sentenza di cui sopra la Commissione Tributaria Regionale ha accolto l’appello dei contribuenti e in riforma della sentenza di primo grado ha dichiarato illegittimo l’avviso di accertamento impugnato per IVA, IRPEF ed IRAP 2004 quanto alla società C.S. s.r.l. e per IRPEF 2004 quanto al ridetto sig. P., socio della stessa per il reddito da partecipazione derivante dall’accertamento di maggior reddito in capo alla società;

– avverso la sentenza di secondo grado propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a tre motivi; i contribuenti resistono con unico controricorso;

Considerato che

– va dapprima disattesa l’eccezione di improcedibilità del ricorso per violazione dell’art. 369 c.p.c. relativamente alla specificazione della collocazione dei documenti ed atti su cui lo stesso si fonda e il deposito dei medesimi;

– detta eccezione è infondata; come questa Corte ha ancora di recente ribadito (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 16605 del 11/06/2021) la omessa menzione, nel ricorso per cassazione, del deposito degli atti e dei documenti di cui all’art. 369, comma 1, nn. 2 e 3, c.p.c. ovvero della avvenuta richiesta di trasmissione del fascicolo di ufficio non determina l’improcedibilità del ricorso stesso, potendo questa conseguire soltanto ad una deficienza di carattere sostanziale consistente nella effettiva mancanza degli atti indispensabili ai fini della decisione nell’incarto processuale e nell’indispensabilità del loro esame ai fini della decisione;

– parimenti infondata è l’ulteriore eccezione, pure posta in controricorso, relativa al difetto di autosufficienza del ricorso che si assume manchevole dei punti nevralgici e rappresentativi della controversia, costringendo la Corte a ricorrere per la decisione a elementi esterni al ricorso; dalla lettura dell’atto – in realtà – si evince con adeguata chiarezza e completezza quali siano i termini delle questioni poste, che pertanto la Corte è in grado di percepire e comprendere prima, e di decidere poi;

– tali considerazioni si applicano anche all’ulteriore eccezione di inammissibilità, relativa al mancato riferimento da parte della ricorrente Agenzia delle Entrate agli avvisi di accertamento notificati al sig. P.G. ai fini IRPEF; tal profilo risulta adeguatamente preso in considerazione dalla sentenza impugnata (pagg. 3 e 4 della stessa) e pertanto la Corte lo può percepire ed esaminare senza ricorrere a documenti o atti esterni alla sua prescritta attenzione;

– in ultimo, analoga reiezione merita l’eccezione relativa al passaggio in giudicato della sentenza gravata per mancata impugnazione della stessa in relazione alle ragioni di annullamento degli avvisi n. RF3010201582 e RF3070201583; invero, l’articolazione dei motivi e la loro direzione attinge l’accertamento in capo alla società, dei quali essi sono la conseguenza poiché diretti ai soci a seguito dell’accertamento di maggior reddito della stessa;

– ne consegue che con le censure dirette agli atti impositivi rivolti alla società l’Agenzia ricorrente colpisce anche le ragioni fondanti l’annullamento degli atti impositivi diretti ai soci, che non risultano aver proposto questioni personali relative alla qualità di soci;

– prima di procedere oltre, va però dato atto dell’avvenuta presentazione, nell’interesse del sig. P.G., dell’istanza di definizione ex d.L. n. 119 del 2018; la stessa risulta correttamente presentata e munita di prova del pagamento della somma dovuta;

conseguentemente, quanto alla posizione del ridetto, va dichiarata l’estinzione del processo restando le spese relative a carico di chi le ha anticipate;

– possono allora esaminarsi i motivi di ricorso, nel giudizio che prosegue unicamente nei confronti di C.S. s.r.l.;

– con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 654 c.p.p. nonché dell’art. 25 c. 1 lett. D) del d. Lgs. n. 74 del 2000 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR ritenuto che le affermazioni dell’Ufficio non fossero suffragate da sufficienti elementi probatori mentre il giudicato penale assolutorio formatosi nei confronti dei contribuenti oggi controricorrenti sigg. ri G. e P. costituisse inequivocabilmente prova della estraneità della società e quindi dei soci alla frode perpetrata da B.C. IMPORT s.r.l., soggetto altro, e l’effettività delle operazioni commerciali intercorse con essa;

– il motivo è infondato;

– invero, la CTR non ha posto alla base della propria pronuncia unicamente le risultanze assolutorie del giudizio penale, ma ha ritenuto infondata la pretesa tributaria (e quindi soggettivamente esistenti le operazioni contestate dall’Agenzia delle Entrate) esaminando complessivamente anche altri elementi versati in causa;

– essa difatti ha attribuito rilevanza, valutandole, anche le ulteriori circostanze consistenti nel fatto che “nell’anno 2004, la C.S. ha acquistato dalla B.C. quattro autovetture di cui solo una venduta ad un prezzo inferiore al costo d’acquisto e, contrariamente a quanto sostenuto dall’Ufficio, tutte in giorni successivi all’acquisto stesso” (pag. 10 della sentenza impugnata, secondo capoverso);

– inoltre, ha ritenuto “non indicativa” la circostanza relativa alla tempistica di esecuzione delle compravendite atteso che “l’attività commerciale ben può attuarsi con modalità specifiche del settore convenute tra soggetti” (pag. 10, terzo capoverso);

– quindi, ha ritenuto “non provato, nemmeno sul piano puramente fiscale, che G. Gianfranco, legale rappresentante della C.S., fosse consapevole di acquistare le autovetture della B.C. s.r.l. a un prezzo inferiore rispetto a quello versato all’alienante e della volontà preordinata del Logruosso di omettere il versamento dell’IVA” (pag. 10, quarto capoverso); e ha illustrato come “la C.S. srl ha peraltro fornito…anche le quotazioni di rivista specializzata nelle valutazioni di mercato delle auto usate al fine di dimostrare che, comunque, il prezzo di acquisto di ogni singola autovettura non era mai molto distante dalle quotazioni di riferimento” (pag. 11, primo capoverso);

– in ultimo, il giudice dell’appello ha rilevato come “non risulta provato per tali acquisti che il pagamento del prezzo sia avvenuto anche prima dell’acquisto originario”; e ha concluso allora, coerentemente, che “tali elementi, a giudizio del Collegio, non consentono di poter affermare la sussistenza della reale consapevolezza dei responsabili della società C.S. di essere partecipi, in concorso con i soggetti titolari della B.C., di un sistema finalizzato all’evasione dell’iva, tanto più che dette conclusioni sono coincidenti con quelle relative al richiamato procedimento penale” (pag. 11 terzultimo capoverso);

– è chiaro quindi come le ragioni che hanno indotto a decisione la CTR sono del tutto ulteriori ed autonome rispetto al giudizio penale, che è stato considerato, correttamente, quale uno degli elementi in forza dei quali si è giunti alla statuizione di annullamento dell’atto impugnato;

– il secondo motivo censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c. 1 c.p.c. e all’art. 62 c. 1 del d. Lgs. n. 546 del 1992 per avere il giudice dell’appello accollato al contribuente l’onere di dar prova della propria buona fede senza tuttavia individuare l’esatto contenuto della prova che era necessario fornire, diversa dalla mera regolarità formale delle fatturazioni e dei pagamenti;

– va premesso che dalla lettura della sentenza impugnata si evince come la CTR abbia fondato la propria decisione unicamente su aspetti di fatto relativi ad alcune circostanze, puntualmente indicate, relative al contenuto delle operazioni, riguardanti il prezzo praticato (pag. 10 penultimo periodo); le quotazioni delle auto (pag. 11 primo capoverso); le date di emissione delle fatture contestate (pag. 11 secondo capoverso);

– ciò posto, il motivo è fondato;

– invero, pur avendo preso in esame le circostanze sopra richiamate, relative ai prezzi di acquisto e alle modalità di pagamento, la CTR non ha colto quale avrebbe dovuto essere, indipendentemente da tali elementi, l’elemento di fatto al quale porre attenzione specifica e determinante: si tratta del diverso profilo relativo alla consapevolezza o meno in capo al sig. G. di esser parte di un meccanismo fraudolento in quanto le operazioni, sia pur in presenza di prezzi e metodi di pagamento solitamente rispondenti alla prassi commerciale, erano o potevano ritenersi sospette in forza della conoscenza diretta in capo a costui della natura di “cartiera” della società emittente;

– tal elemento, che andava accuratamente indagato in quanto dirimente, non risulta approfondito dalla CTR; di qui la sussistenza della violazione denunciata;

– il terzo motivo di ricorso si incentra sul difetto e/o sull’omessa motivazione, circa una specifica circostanza dedotta dall’Ufficio nel corso del giudizio di merito, ex art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c. per avere la CTR mancato di pronunciarsi sulla denunciata antieconomicità della politica commerciale della società contribuente, diretta a praticare prezzi molto concorrenziali e remunerativi;

– il motivo è infondato;

– esso infatti costituisce censura puramente motivazionale; poiché la sentenza oggetto di gravame risulta depositata in data successiva all’11 settembre 2012 trova qui applicazione quanto ai motivi di ricorso e ai vizi deducibili per cassazione, il nuovo testo dell’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c. (come modificato dal d. L. 22 giugno 2012, n. 83, cosiddetto “Decreto Sviluppo”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 26 giugno 2012, n. 147, convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 187 del 11-08-2012); tal disposizione, per l’appunto applicabile alle sentenze pubblicata a partire dall’11 settembre 2012, consente di adire la Suprema Corte per “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti“;

– conseguentemente, poiché formulate in concreto con riferimento al previgente testo del n. 5 di cui sopra, tutte le censure di cui ai sopradetti motivi aventi per oggetto in sostanza il difetto di motivazione non sono consentite e devono esser dichiarate inammissibili; è costante l’orientamento di questa Corte nel ritenere (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014) che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione;

– il motivo risulta comunque al di sotto della soglia dell’ammissibilità per una ulteriore ragione: le deduzioni ivi proposte nel concreto loro articolarsi ed esprimersi nel contenuto del motivo (Cass. Sez. 6 -5, Ordinanza n. 11863 del 15/05/2018) hanno ad oggetto la persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie ed attengono quindi comunque, al più, alla sufficienza della motivazione: risultano comunque inammissibili in quanto risulta qui applicabile l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione novellata dal d.l. n. 83 del 2012, conv., con modificazioni, nella l. n. 134 del 2012;

– per le sopra esposte ragioni, è accolto il solo secondo motivo; nel resto il ricorso è rigettato;

– la sentenza è cassata limitatamente al motivo accolto con rinvio al giudice dell’appello per nuovo esame;

P.Q.M.

Dichiara l’estinzione del processo nei confronti di P.G. e ne compensa le spese tra le parti; accoglie il secondo motivo di ricorso;

rigetta i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità.