CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 gennaio 2019, n. 716
Tributi – Reddito d’impresa – Accertamento – Riscossione – Condono – Efficacia – Contenzioso tributario
Rilevato che
– L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, depositata il 7 febbraio 2011, di reiezione dell’appello dalla stessa avanzato avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla società contribuente per l’annullamento di un avviso di accertamento con cui era stato rideterminato il reddito d’impresa per l’anno 1999 e recuperate a tassazione le imposte non versate (Irpeg e Irap);
– il ricorso è affidato a due motivi;
– ha resistito con controricorso e depositato memoria la società contribuente, la quale ha riproposto questioni già dedotte in fase d’appello, in esito alla quale era risultata, peraltro, totalmente vittoriosa;
Considerato che
1. Con il primo motivo viene denunciata, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto che una propria precedente sentenza irrevocabile, in materia di IVA, nel ritenere l’efficacia del condono tombale presentato ai sensi dell’art. 9 della l. n. 289 del 2002, spiegasse efficacia di giudicato esterno sulla controversia odierna, afferente Irpeg e Irap;
2. Con il secondo motivo viene denunciata, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 9 della l. n. 289 del 2002, per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto la validità della dichiarazione di condono tombale, quand’anche non coprente tutti i periodi di imposta.
3. Il primo motivo è fondato nei termini che seguono.
4. Nel caso di specie, la sentenza n. 45/23/09 della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, passata in giudicato, afferiva a differente periodo (il 2000 in luogo del 1999) e si era limitata a ritenere la validità del condono “tombale” in relazione ad altra imposta (IVA in luogo di Irpeg e Irap), rispetto alla quale erano stati determinati i valori cui commisurare l’entità dell’imposta stessa da versare ai fini del condono.
5. Sul punto, nella sostanza, la contribuente non contesta che la sentenza richiamata riguardasse l’IVA.
6. Il giudicato formatosi in materia di IVA non è, di per sé, preclusivo delle questioni concernenti l’Irpeg e l’Irap.
7. Il motivo de quo trova solido sostegno nella natura stessa del condono, istituto che risponde al duplice obiettivo del recupero di risorse finanziarie e della riduzione del contenzioso, senza sottendere finalità accertative. II condono non ha, né può avere, effetti che vadano al di fuori del proprio campo specifico; vale, in realtà, soltanto a determinare valori virtuali su cui commisurare il pagamento delle imposte, ma non comporta nessun accertamento che possa dispiegare i propri effetti al di fuori di quest’ambito. In tal senso, esso giova semplicemente ad elidere in tutto o in parte il debito fiscale correlato ad una o più imposte, senza precludere l’accertamento delle altre.
8. Del resto – come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte con sent. n. 16692 del 17 luglio 2017 – il primo periodo del comma 9 dell’art. 9 l. n. 289 del 2002, là dove stabilisce la definitività della liquidazione delle imposte risultanti dalla dichiarazione riguarda l’imposta lorda, di modo che, quel che si rende definitivo, nel caso del condono, è solo l’imponibile (sui cui meccanismi la legislazione condonistica incide), in base al quale l’imposta lorda – nel caso di specie l’IVA – si quantifica, giustappunto perché il condono dell’imponibile, esclude qualsivoglia accertamento.
9. Come chiarito nel menzionato arrèt, la sanatoria derivante dal condono è “effetto di legge dell’adesione oblativa, senza che il fisco possa esercitare alcun potere decisorio in quanto il condono opera secondo meccanismi di diritto pubblico diversi dalla modificazione negoziata per via di novazione, transazione o conciliazione” (nel medesimo senso v. Cass. sez. un., n. 1518 del 2016), il che postula la preclusione di ogni accertamento tributario nei confronti del dichiarante derivante dal perfezionamento del procedimento di condono concernente lo specifico debito tributario.
10. Da ciò consegue che, essendosi reso definitivo l’imponibile esclusivamente in riferimento all’IVA, non già in rapporto alle imposte dirette, non può predicarsi affatto per queste ultime l’estensione del giudicato.
11. Necessita evidenziare che questa Corte ha già avuto modo di osservare – sia pure in relazione a condono regolato da una differente normativa (nel caso di specie, dalla l. 30 dicembre 1991, n. 413) – che, a seguito di presentazione di istanza di condono “tombale” finalizzata alla regolazione di un’imposta, i valori di reddito determinati per la commisurazione della somma da versare per l’applicazione del beneficio non rilevano ai fini della determinazione di una diversa imposta, essendo il condono essenzialmente diretto alla determinazione di valori virtuali cui rapportare il pagamento delle imposte e non comportando, per contro, alcun accertamento suscettibile di dispiegare effetti al di fuori del suo ambito specifico, sol che si consideri che la sanatoria che esso acclude vale ad evitare le conseguenze di una situazione di illegittimità e le sanzioni ad essa connesse, ma non ne annulla i presupposti logici (Cass., 1 agosto 2002, n. 11456). Del resto, come chiarito da questa Corte – sempre in relazione al condono di cui alla I. 30 dicembre 1991, n. 413, ma sulla base di argomentazioni che mutatis mutandis colgono perfettamente nel segno anche in riferimento al condono ex l. n. 289 del 2002 – l’applicazione diretta dei principi costituzionali di uguaglianza, legalità, imparzialità amministrativa e capacità contributiva comporta che, finanche in difetto di un’espressa previsione legislativa, il valore accertato dall’Amministrazione finanziaria ai fini applicativi di un’imposta vincola la stessa Amministrazione pure in riferimento all’applicazione di altri tributi qualora i fatti economici siano i medesimi e le singole leggi d’imposta non stabiliscano differenti criteri di valutazione, senza che assuma alcun rilievo la circostanza che per la prima imposta il contribuente abbia usufruito del condono fiscale, i cui effetti restano, invero, circoscritti nell’ambito esclusivo dell’imposta per cui il beneficio è stato richiesto (v. anche Cass. 8 settembre 2006, n. 19321).
12. Pertanto, legittimamente l’Agenzia delle Entrate ha usufruito degli elementi emersi a seguito di accertamento ai fini dell’Irpef e dell’Irap per rettificare quanto dichiarato dalla contribuente in punto di reddito d’impresa in relazione alla annualità 1999, non rilevando che per l’IVA lo stesso contribuente avesse usufruito della definizione di cui alla l. n. 289 del 2002 e rimanendo gli effetti di tali benefici, come pure del giudicato che abbia riconosciuto la legittimità dello strumento impiegato in funzione di essi, racchiusi nel quadro esclusivo dell’imposta di riferimento.
13. Fondato è anche il secondo motivo di ricorso.
14. La Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna ha affermato che il condono ex art. 9, l. n. 289 del 2002, proposto dal contribuente si era validamente perfezionato nonostante questi avesse formulato la domanda di condono con esclusione dell’anno 1998.
15. L’affermazione contraddice l’orientamento di questa Corte – cui si intende dare continuità – in base al quale, in tema di condono fiscale, la definizione agevolata di cui all’ art. 9 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, deve essere domandata, a pena di inammissibilità, per tutti i periodi di imposta in relazione ai quali i termini per la presentazione delle relative dichiarazioni sono scaduti entro il 31 dicembre 2002, non essendone possibile, attesa la sua natura di condono “tombale”, la limitazione soltanto ad alcune annualità, altrimenti alterandosi l’equilibrio che deriva dal complessivo assetto delineato dal legislatore (v. Cass., 8 ottobre 2014, n. 21164: nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto perfezionato il condono proposto dal contribuente, nonostante questi ne avesse formulato domanda con esclusione di alcune annualità nelle quali non aveva percepito redditi).
16. L’art. 9 appena evocato prevedeva infatti, ai fini del perfezionamento del condono, la presentazione di una dichiarazione concernente, a pena di nullità, tutti i periodi d’imposta per i quali i termini per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi erano scaduti entro il 31 ottobre 2002.
17. Il presupposto della ricomprensione nell’istanza di definizione dell’intero arco temporale indicato dall’art. 9 (la somma di tutti i periodi d’imposta per i quali al 31 ottobre 2002 erano scaduti i termini) costituisce condizione necessaria di validità del condono, non potendo, nell’ambito temporale normativamente considerato, distinguersi tra le diverse annualità. E ciò proprio in considerazione della natura di “condono tombale” della fattispecie prevista dall’art. 9 l. n. 289 del 2002, a differenza della diversa ipotesi prevista dall’art. 9-bis stessa legge.
18. L’adesione al condono comportava dunque necessariamente la definizione di ciascuno dei periodi d’imposta indicati dall’art. 9, determinando un effetto preclusivo conforme alla natura del condono tombale (Cass. 13 ottobre 2011, n. 21120).
19. Spetta dunque alla libera valutazione del contribuente decidere se aderire al condono tombale per tutte le annualità ovvero rifiutarlo e sottostare all’alea dell’accertamento. Non è, per converso, possibile limitare gli effetti del condono soltanto a talune delle annualità, in quanto in tal modo si verrebbe ad alterare l’equilibrio che deriva dal complessivo assetto come delineato dal legislatore, espressamente previsto a pena di nullità.
20. Non possono dunque individuarsi limiti impliciti alle condizioni previste dall’art. 9, comma 1 ed in particolare al presupposto, previsto a pena di nullità, che la definizione riguardasse l’intero periodo considerato, in quanto tale elemento appare connaturato, come si è già evidenziato, alla stessa natura “tombale” del condono e si palesa, del resto, confermata dalla complessiva disciplina dell’istituto, incentrata sull’essenziale presupposto della sua efficacia onnicomprensiva in rapporto all’intero arco temporale considerato.
21. Come evidenziato anche dalla Corte costituzionale l’adesione al condono implica, in ultima analisi, una scelta rimessa alla volontà del contribuente (Corte cost. ord. n. 500 del 2000), il quale non può però, evidentemente, adattare alle proprie esigenze i presupposti dell’istituto, stabiliti dal legislatore a pena di nullità.
22. Né può rilevare nel caso di specie – come pur invocato dalla società contribuente – l’errore scusabile esimente, correlato all’incertezza del dato normativo e della connessa interpretazione.
23. Invero, le disposizioni che nell’ordinamento tributario danno rilevanza all’errore scusabile sono sempre riferite agli istituti sanzionatori, ove si consideri che con il d.lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, il legislatore ha affermato la non punibilità ai fini del procedimento sanzionatorio amministrativo in materia tributaria di chi sia incorso in violazione determinata da “obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione” delle disposizioni cui le violazioni si riferiscono; con la l. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, più in generale il legislatore ha espresso il principio per cui “le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria”; infine, con il d.lgs. n. 546 del 1992, art. 8, disposizione di natura processuale, il legislatore ha previsto che il giudice non applichi, nei casi anzidetti, “sanzioni, non penali previste dalle leggi tributarie”.
24. Tali norme, intese quale presidio del principio di collaborazione e di buona fede al quale sono improntati i rapporti tra contribuente amministrazione finanziaria, rilevano, con ogni evidenza, ai soli fini della non irrogazione delle sanzioni, restando invece dovuto il tributo; l’irrogazione di sanzioni infatti – in presenza di incertezza normativa oggettiva – si porrebbe, a differenza del permanere della debenza dei tributi, in stridente contrasto con detto principio (v. Cass. 28 febbraio 2017, n. 5105).
25. L’errore scusabile, quale è configurato dalle norme in questione, non rilevando dunque al di fuori dell’applicazione di sanzioni per violazioni tributarie, non può essere invocato laddove si tratti non già di siffatta irrogazione, bensì – come nella fattispecie in esame, ove nessuna sanzione risulta irrogata – di presunto errore circa il contenuto della norma concernente la scadenza di termine decadenziale per potersi avvalere di un istituto quale quello di cui si tratta relativo a istanza di definizione di cui all’art. 9, l. n. 289 del 2002.
26. La non riferibilità alla fattispecie delle disposizioni in tema di errore scusabile all’incertezza sul contenuto e sull’oggetto della norma sul condono tombale or ora richiamata implica l’accoglimento anche del secondo motivo di ricorso.
27. Il ricorso va, quindi, accolto con l’affermazione del seguente principio di diritto: “Il condono c.d. “tombale”, ottenuto ai sensi dell’art. 9 della l. n. 289 del 2002 avuto riguardo all’IVA, non rileva ai fini della determinazione delle imposte ulteriori (Irpeg, Irap), delle quali non preclude l’autonomo accertamento; l’istituto non sottende, infatti, finalità accertative, per un verso, essendo diretto alla individuazione di valori reddituali meramente virtuali, cui commisurare il pagamento delle singole imposte (elidendone il debito complessivo ed evitando le conseguenze sanzionatone ad esso correlate), per altro verso, essendo suscettibile di incidere solo sull’imponibile in base al quale è quantificata l’imposta lorda, oggetto di definizione automatica ai sensi del primo periodo del comma 9 della summenzionata norma”.
28. Ne segue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, che esaminerà anche le questioni rimaste assorbite e ritualmente riproposte (v. Cass., sez. un., 19 aprile 2016, n. 7700).
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna in diversa composizione, anche per le spese.
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