CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 gennaio 2019, n. 774
Tributi – Versamento rateale delle imposte – Società titolari di partita IVA assoggettate a procedura concorsuale – Termine il giorno 16 di ogmi mese – Versamento oltre il termine – Sanzioni
Fatti di causa
1. La Commissione tributaria regionale per la Lombardia in Milano ha confermato la sentenza di primo grado che aveva parzialmente accolto l’opposizione proposta dalla C. E. S.p.a. in liquidazione in Amministrazione straordinaria avverso la cartella di pagamento n. 06820090089690678 relativa a Iva, Irpef e Irap per l’anno 2005.
2. Ha rilevato il giudice di appello che la sanzione per il ritardato pagamento della prima rata Irap per l’anno 2005 va contenuta entro il 10% del valore, atteso che l’Ufficio impositore ha omesso di provare la ricezione da parte della contribuente della comunicazione di irregolarità; in relazione alla quarta rata, il versamento è invece tempestivo atteso che la procedura di amministrazione straordinaria, non essendo tenuta alla redazione di un bilancio ma solo di un rendiconto, non è tenuta al rispetto del termine del pagamento stabilito per le società commerciali (giorno 16 del mese di scadenza), sicché legittimo era il pagamento avvenuto nella specie entro lo spirare del mese di riferimento (ottobre 2005).
3. Per la cassazione della citata sentenza l’Agenzia delle Entrate ricorre con due motivi, resistiti dalla C. E. S.p.a. in liquidazione in Amministrazione straordinaria con controricorso.
4. La controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380- bis 1 cod. proc. civ.
Ragioni della decisione
1. Il ricorso lamenta:
a. Primo motivo «Violazione e falsa applicazione dell’art. 20 comma 4 del D. Lgs. n. 241 del 1997 e, ove sussistenti, dei principi generali in materia di termini per i versamenti rateali delle imposte da parte dei soggetti titolari di Iva sottoposti a procedure concorsuali, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.» deducendo l’erroneità della sentenza per aver omesso di rilevare che le società titolari di partita IVA assoggettate a procedura concorsuale sono obbligate in caso di versamento rateale, a osservare il termine del giorno 16 di ogni mese,
b. Secondo motivo «Violazione e falsa applicazione del terzo comma dell’art. 36 bis del D.P.R. n. 600/73 (come modificato dall’art. 2 comma 10 del D.L. n. 203/2005 convertito in Legge n. 248/2005) e dell’art. 6 comma 5 della legge 212/2000, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Omessa o, in ipotesi, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, del c.p.c.» deducendo l’erroneità della sentenza per aver omesso di rilevare che l’invio della comunicazione di irregolarità va effettuato al contribuente nella sola ipotesi di incertezza in merito alla debenza delle somme indicate in dichiarazione e non già in ipotesi di ritardo nel versamento.
2. La controricorrente eccepisce l’inammissibilità del ricorso, di cui chiede accertarsi comunque l’infondatezza.
3. Il ricorso va accolto.
4. Il primo motivo è fondato. Il decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ha introdotto norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in tema di dichiarazioni fiscali e di imposta sul valore aggiunto. Tra di esse l’art. 20 consente il versamento rateale dell’IVA a domanda del contribuente (comma 1) e in tal caso prevede che il versamento avvenga entro il termine del giorno 16 di ciascun mese (comma 4). Nel caso di specie non è contestato che la società in bonis fosse titolare di partita Iva e che l’organo commissariale della procedura di amministrazione straordinaria abbia continuato ad avvalersene anche in relazione all’oggetto della presente lite. L’esimente dall’obbligo dell’integrale rispetto del citato dettato normativo è stata individuata dalla sentenza impugnata nella circostanza che i commissari straordinari sarebbero tenuti a redigere solo un rendiconto della propria gestione e non già un bilancio e ciò determinerebbe la ragionevolezza, secondo i “principi generali”, dell’esonero dal rispetto del termine di scadenza del pagamento rateale, cui sono tenute tutte le società commerciali in bonis. Tale motivazione non è condivisibile perché applica falsamente i principi ricavabili dal citato articolo. In primo luogo, a livello letterale, va rilevato che la norma individua i soggetti interessati alla sua applicazione con il solo riferimento al contribuente interessato al versamento dell’Iva. Dunque, si tratta di soggetti titolari di relativa posizione Iva e della relativa partita identificativa. In nessuna parte della disposizione vi è un accenno alla distinzione tra soggetti in bonis e soggetti sottoposti a procedure concorsuali. Il discrimine è stato individuato laconicamente dalla sentenza impugnata nella circostanza che le società commerciali sono tenute alla redazione di un bilancio mentre i commissari straordinari sono tenuti alla redazione “solo” di un rendiconto. Ciò giustificherebbe, secondo non meglio precisati “principi generali” il differimento per i secondi del termine per il pagamento rateale alla fine del mese anziché al giorno 16. Una siffatta motivazione viola innanzitutto i principi interpretativi della norma applicata. Invero né la lettera della norma accenna ad alcuna differenza tra società commerciali e società sottoposte a procedure concorsuali, né tantomeno si intravvede una possibile interpretazione di tale distinzione secondo i principi ermeneutici integrativi. Invero, anche volendo indagare la ratio della norma applicata, essa prevede un’agevolazione per il contribuente titolare di partita Iva, che beneficia di una rateazione dell’obbligo di pagamento. La circostanza che lo stato di decozione sostituisca agli organi sociali quelli della procedura concorsuale è del tutto irrilevante ai fini della applicazione della norma in esame; invero nella specie, essendo la norma di favore, la procedura ha manifestato interesse a continuare a beneficiare del meccanismo di rateazione e dunque, anche secondo un’interpretazione logicosistematica, ha dimostrato di assoggettarsi alla disposizione normativa. Quindi è proprio in applicazione dei principi generali di rango costituzionale in tema di obblighi tributari che va affermato che gli organi della procedura, subentrati a quelli societari, hanno di fronte a loro un’alternativa: o manifestano la volontà di continuare a beneficiare della rateizzazione prevista per il soggetto in bonis, oppure debbono versare una tantum il saldo dell’imposta. Nel primo caso, tuttavia, la posizione del contribuente resta la stessa di fronte alla norma, a prescindere dalla circostanza che esso sia in bonis o assoggettato a una procedura concorsuale: dunque il termine del giorno 16 di ciascun mese di rateizzazione va comunque rispettato. Va conclusivamente rilevato che la circostanza distintiva enucleata nella sentenza impugnata è del tutto incongrua. La modalità di documentazione dei risultati dell’esercizio sociale (bilancio o rendiconto) è infatti elemento del tutto estraneo al presupposto applicativo della disposizione in esame che, si ripete, si identifica con la titolarità di partita IVA. Di talché, a tacere della laconicità della distinzione tra bilancio e rendiconto alla luce delle rispettive previsioni di legge, che il giudice di appello afferma sussistere ma non spiega affatto, la questione non appare per nulla dirimente ai fini del decidere. Erronea è infine l’affermazione che per l’amministrazione straordinaria il termine finale di pagamento si identificherebbe nella scadenza del mese di riferimento. La sentenza sul punto si palesa apparente, giacché richiama non meglio identificati “principi generali” per giustificare la ritenuta uniformità all’ordinamento di un differimento dei termini, che in effetti è privo di qualsiasi supporto normativo.
5. Il secondo motivo è fondato. Deve premettersi che l’eccezione di giudicato interno sollevata dalla controricorrente non è fondata: la sentenza impugnata ha affermato che la sanzione per il ritardato pagamento della prima rata (ritardo pacifico in causa) va ridotta al 10% perché l’Ufficio non ha provato la ricezione da parte del contribuente della comunicazione di irregolarità. Ciò significa che il presupposto della decisione è che tale comunicazione fosse dovuta; avverso tale presupposto si appunta la censura del secondo motivo; di talché la circostanza che la ricorrente non abbia specificamente impugnato le affermazioni della sentenza di primo grado inerenti alla correttezza dell’attivazione della procedura di avviso bonario è del tutto irrilevante ai fini che ne occupa. Nel merito la sentenza impugnata ha erroneamente applicato l’art. 36-bis, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di tributi diretti), atteso che questa Corte ha sul punto espresso il condivisibile principio, che va ribadito, secondo cui in tali ipotesi l’emissione della cartella di pagamento non è condizionata dalla preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente, salvo che il controllo medesimo non riveli l’esistenza di errori, con il connesso obbligo di comunicazione (Sez. 5, sentenza n. 17396 del 23/07/2010; Sez. 6-5, Ordinanza n. 42 del 03/01/2014; Sez. 6-5, Ordinanza n. 3154 del 17/02/2015).
6. La controversia può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto.
7. Le spese di lite vanno compensate per la fase di merito e seguono il principio di soccombenza per la fase di legittimità, e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara cessata la materia del contendere con riferimento agli importi sgravati dall’Ufficio; in relazione al tardivo versamento della prima rata del saldo IRAP relativo all’anno di imposta 2005, accerta e dichiara che le relative sanzioni per il ritardato pagamento sono dovute per l’intero; rigetta l’opposizione della contribuente in relazione alla sanzione irrogata con riguardo alla quarta rata del saldo IRAP relativo all’anno di imposta 2005; previa compensazione integrale tra le parti delle spese di lite relative ai gradi di merito, condanna la controricorrente C. E. S.p.a. in liquidazione in Amministrazione Straordinaria al pagamento, in favore della ricorrente Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.500,00, oltre spese prenotate a debito.
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