CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 giugno 2018, n. 15870
Tributi – IRAP – Istanza di rimborso – Professionisti – Attività medica convenzionata
Rilevato che
1. A.C. ricorre con tre motivi contro l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n.347/63/10 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione distaccata di Brescia, del 23/11/2010, depositata il 14/12/2010 e non notificata, che ha rigettato l’appello del contribuente, in controversia concernente l’impugnativa del silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso relativa ad IRAP per gli anni di imposta 2003, 2004, 2005, 2006 e 2007;
2. con la sentenza impugnata, la C.T.R. della Lombardia riteneva legittimo il diniego tacito di rimborso dell’Amministrazione, sul presupposto che il contribuente esercitasse l’attività di medico pediatra convenzionato “in un ambulatorio gestito con altri medici, contribuendo quindi alle spese di gestione dello stesso (in misura del 20% circa degli assai consistenti ricavi) ed avvalendosi della prestazione di personale dipendente dell’organizzazione”;
3. a seguito del ricorso del contribuente, l’Agenzia delle Entrate si costituisce, resistendo con controricorso;
4. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 16 maggio 2018, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n. 168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n. 197;
5. il ricorrente ha depositato memorie;
Considerato che
1.1. preliminarmente, deve rilevarsi l’inammissibilità della memoria depositata dal ricorrente in data 8/5/2018, oltre i termini di cui all’art. 380 bis n.1 c.p.c.;
con il primo motivo, il ricorrente denunzia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.5 c.p.c., su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, consistente nella circostanza della partecipazione del contribuente, insieme con altri medici, ad una struttura organizzata che provvede alla gestione dell’ambulatorio e si avvale di personale dipendente; con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 D.Lgs. 446/97, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, c.p.c. in ordine all’individuazione dei requisiti dell’autonoma organizzazione;
con il terzo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 D.Lgs. 446/97, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, c.p.c., per l’irrilevanza di ogni struttura organizzativa utilizzata dal medico pediatra convenzionato ai fini della determinazione e dell’incremento del reddito imponibile, stante la natura parasubordinata del rapporto convenzionale;
1.2. i motivi sono connessi e vanno esaminati congiuntamente; i primi due sono fondati e vanno accolti, con assorbimento del terzo motivo;
1.3. in tema di Irap, le Sezioni Unite di questa Corte hanno ormai chiarito che, “il presupposto dell’autonoma organizzazione, richiesto dall’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997, non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive” (Cass. S.U. sent. n. 9451/16);
in particolare, in tema di IRAP per attività medica convenzionata, è regola affermata da questa Corte che il requisito della autonoma organizzazione non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive (Cass. sez. un. n. 9451 del 2016, proprio in caso di un medico che aveva solo pochi beni strumentali al suo attivo), cosi che in caso di convenzionamento non possono ritenersi eccedenti il minimo indispensabile i beni usati conformemente allo statuto della convenzione; di conseguenza la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate nell’art. 22 dell’Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con d.P.R. n. 270 del 2000, rientrando nell’ambito del “minimo indispensabile” per l’esercizio dell’attività professionale ed essendo obbligatoria ai fini dell’instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sé, pur in presenza di personale dipendente con mansioni esecutive, il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo (Cass. n. 13405 del 2016; n. 18881/16; n. 22027/17);
i suddetti principi sono riferibili anche al caso in esame, in cui il ricorrente svolge l’attività di medico pediatra convenzionato, attività del tutto conforme a quella del cd. “medico di famiglia”, regolata dalla medesima convenzione, con l’unica differenza che l’attività è rivolta a pazienti di età inferiore ai quattordici anni, il giudice del merito, quindi, avrebbe dovuto verificare le caratteristiche dei beni strumentali, l’effettiva incidenza di eventuali collaboratori e delle loro mansioni, l’entità dei compensi a terzi;
la C.T.R., invece, a fronte delle contestazioni del contribuente (che ha sottolineato come svolgesse la sua attività in uno studio condotto in locazione, posto in un immobile utilizzato anche da altri medici e gestito da una società di servizi, soggetto terzo di cui non era socio), non ha adeguatamente motivato sugli elementi in base ai quali ha tratto la convinzione che il contribuente facesse parte di una “struttura” e gestisse lo studio insieme con altri medici, non avendo evidenziato l’esistenza di una società o un’associazione tra i professionisti, cui partecipasse il contribuente, né che quest’ultimo esercitasse l’attività medica in qualsiasi altra forma associata;
inoltre, ai fini della sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, non può ritenersi sufficiente la considerazione di “consistenti ricavi” e di spese pari a circa il 20% degli stessi, poiché, come chiarito in recenti pronunce di questa Corte, “l’ammontare del reddito conseguito è irrilevante al fine della ricorrenza del presupposto dell’autonoma organizzazione richiesto dall’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997” (Cass. sent. n. 22705/16) ed “il valore assoluto dei compensi e dei costi, ed il loro reciproco rapporto percentuale, non costituiscono elementi utili per desumere il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione di un professionista” (ord. n. 23557/16);
deve, altresì, escludersi che “il presupposto dell’autonoma organizzazione richiesto dall’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997” ricorra “ove il contribuente si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive di segreteria reclutato in outsourcing mediante una società di servizi” (Cass. ord. n. 21679/16);
nella fattispecie in esame, costituisce circostanza pacifica e non contestata che il contribuente si avvalesse di un solo segretario, con mansioni meramente esecutive, rientrante nell’ambito del “minimo indispensabile” per l’esercizio dell’attività professionale;
1.4. per quanto fin qui detto, la sentenza va cassata in relazione ai primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, affinchè, nel rispetto dei parametri qualitativi e quantitativi enunciati nella pronuncia delle Sezioni Unite n. 9451 del 2016, il giudice di rinvio proceda a nuovo esame del merito, decidendo anche sulle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
In accoglimento del primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla C.T.R. della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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