CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 giugno 2018, n. 15882
Tributi – Accertamento – Notificazione – Termine di impugnazione
Rilevato che
1. l’Agenzia delle Entrate ricorre con quattro motivi contro C.B. per la cassazione della sentenza n. 108/20/2010 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione n.20, emessa l’8/10/2010, depositata il 19 ottobre 2010 e non notificata, che ha accolto l’appello del contribuente, in controversia concernente l’impugnativa dell’avviso di accertamento per IRPEF ed IRAP anno 2003, ritenendo che non fosse giustificata la ricostruzione induttiva dei maggiori ricavi contenuta nell’avviso di accertamento e che, in particolare, la spesa per la ristrutturazione dello studio odontoiatrico e l’acquisto di nuove attrezzature fossero coperte da documentati finanziamenti e operazioni di leasing;
3. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 30 maggio 2018, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n. 168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n. 197;
4. a seguito del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, il contribuente si è costituito, resistendo con controricorso;
5. il controricorrente ha depositato memorie;
Considerato che
1.1. preliminarmente deve rilevarsi che il ricorso è ammissibile, poiché ad esso non si applica il termine semestrale, ma annuale;
invero, “in materia di cosiddetto termine lungo di impugnazione, l’art. 327 cod. proc. civ., come novellato dall’art. 46 della legge n. 69 del 2009 mediante riduzione del termine da un anno a sei mesi, si applica, ai sensi dell’art. 58 della medesima legge, ai giudizi instaurati, e non alle impugnazioni proposte, a decorrere dal 4 luglio 2009, essendo quindi ancora valido il termine annuale qualora l’atto introduttivo del giudizio di primo grado sia anteriore a quella data” (Cass. sent. n. 6784/12);
passando al primo motivo, la ricorrente denunzia la nullità della sentenza impugnata per la violazione degli artt. 61 e 36, comma 2, n. 2, D.Lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360, comma 1, n.4, c.p.c.;
secondo la ricorrente, la sentenza impugnata sarebbe radicalmente nulla, perché priva di un adeguato svolgimento del processo e dell’esposizione delle questioni di fatto e di diritto oggetto del thema decidendum;
1.2. il motivo è infondato;
1.3. ed invero, la sentenza contiene il sintetico svolgimento del processo ed una motivazione stringata, ma effettiva, idonea a palesare il tema controverso e l’iter logico argomentativo che ha condotto alla soluzione adottata;
la C.T.R., infatti, ha affermato l’erroneità della ricostruzione induttiva da parte dell’Amministrazione dei maggiori ricavi del contribuente, sulla base delle ingenti spese sostenute;
la motivazione, quindi, a prescindere dal giudizio sulla condivisibilità o meno, non può considerarsi omessa o solo apparente;
2.1. con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la nullità della sentenza impugnata per la violazione dell’art. 53 D.Lgs. n. 543/92, in relazione all’art. 360, comma 1, n.4, c.p.c.;
secondo l’Agenzia delle Entrate il giudice di secondo grado avrebbe omesso di rilevare l’inammissibilità dell’appello, con cui il contribuente aveva impugnato solo una delle due distinte rationes decidendi poste a base della decisione di primo grado;
in particolare, la C.T.P. aveva ritenuto che la ripresa a tassazione fosse dovuta all’irrisoria redditività dell’attività odontoiatrica, che non teneva conto degli investimenti effettuati, ed alla circostanza che, a fronte di un reddito dichiarato di euro 35.158,00, il contribuente avesse speso quasi 400.000,00 euro per la ristrutturazione e l’ammodernamento dello studio professionale;
sostiene l’Agenzia ricorrente che il contribuente, con l’atto di appello (integralmente riprodotto nel ricorso in Cassazione), non avrebbe impugnato la motivazione della C.T.P. relativa all’incongruenza dei costi sostenuti per la ristrutturazione dello studio ed il reddito dichiarato per l’anno in contestazione;
2.2. il motivo è infondato;
2.3. la sentenza della C.T.P. non sembra basata su di una duplice ratio, ma piuttosto sulla valutazione unitaria di una serie di elementi indiziari (le dimensioni dello studio, l’entità dei ricavi conseguiti, l’indice di redditività delle diverse attività, con riguardo sia ai dati contabili del contribuente, sia al settore di riferimento), tra cui quello della sproporzione tra le spese sostenute ed il reddito dichiarato;
non si ravvisa, quindi, l’inammissibilità dell’appello per aver impugnato solo una delle due distinte rationes decidendi poste a base della decisione di primo grado;
3.1. con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la nullità della sentenza impugnata per la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.;
sostiene la ricorrente che la C.T.R. sarebbe incorsa nel vizio di extrapetizione nell’affermare che le spese di ristrutturazione dello studio erano coperte da documentati finanziamenti da parte di istituti di credito e operazioni di leasing, circostanze mai allegate e provate dal contribuente;
con il quarto motivo, la ricorrente denuncia l’insufficiente motivazione su di un fatto controverso e decisivo, consistente nel divario tra capacità di spesa ed esiguità dei redditi dichiarati per il 2003, anche in relazione all’entità dei ricavi dichiarati ed all’indice di redditività dell’8%, del tutto incongruo rispetto a quello medio del settore di riferimento (45,36%) ed inadeguato rispetto al volume di affari ed alle modalità di esercizio dell’attività concretamente riscontrati dai verificatori;
3.2. i motivi vanno esaminati insieme, perché connessi, sono fondati e vanno accolti;
3.3. ed invero, la pronuncia del giudice di appello risulta in parte basata su circostanze (quali i finanziamenti da parte di istituti di credito e le operazioni di leasing) mai dedotte dal contribuente, il quale, dalla lettura dell’atto di appello, riportato integralmente nel ricorso dell’Agenzia, non risulta aver fornito alcuna spiegazione in ordine ai redditi che gli avrebbero consentito di far fronte alle spese di ristrutturazione dello studio;
di conseguenza la pronuncia, basandosi su circostanze mai allegate dal contribuente, affrontano tematiche che non rientrano nel thema decidendum ;
inoltre, la motivazione è carente, perché omette l’esame di una serie di circostanze ulteriori, tutte evidenziate nell’accertamento dell’amministrazione, che hanno costituito complessivamente gli elementi presuntivi, gravi, univoci e concordanti, in base ai quali l’Amministrazione ha ricostruito il maggior reddito;
6.1. per quanto fin qui detto, in accoglimento del terzo e del quarto motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, affinché, escludendo il riferimento alle circostanze mai allegate dalla parti, proceda a nuovo esame, motivando adeguatamente in ordine alla sussistenza degli elementi posti a base dell’accertamento del maggior reddito ed alla loro univocità o meno, decidendo anche sulle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Rigettati il primo ed il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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