CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 giugno 2018, n. 15895
Adeguamento annuale del sussidio LPU – Misura dell’80% dell’aumento annuale Istat
Rilevato
1. che con sentenza n. 628 depositata il 17.5.2012, la Corte d’appello di Catanzaro, in riforma della pronuncia di primo grado e in accoglimento dell’appello dell’Inps, ha revocato i decreti ingiuntivi opposti, emessi su domanda dei lavoratori per il pagamento dell’adeguamento annuale del sussidio LPU nella misura dell’80% dell’aumento annuale Istat, per gli anni dal 2000 al 2004;
2. che la Corte territoriale ha preliminarmente respinto l’eccezione di inammissibilità dell’appello ritenendo che i motivi articolati avessero i requisiti di necessaria specificazione e non introducessero nuovi elementi fattuali, e che i criteri di determinazione dei coefficienti applicati per l’adeguamento dell’assegno, indicati nel ricorso in appello, costituissero mera puntualizzazione delle difese già svolte dall’Inps in primo grado;
3. che ha ritenuto corretta la rivalutazione dell’assegno come eseguita dall’Inps svolgendo puntuali conteggi e richiamando l’esito della c.t.u. svolta nel proc. n. 2573 del 2008, avente lo stesso oggetto e definito dalla medesima Corte con sentenza emessa all’udienza del 12.4.2012;
4. che avverso tale sentenza i lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui ha resistito, con controricorso, l’Inps;
5. che quest’ultimo ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis. 1. c.p.c.;
Considerato
6. che con l’unico motivo di ricorso, i lavoratori hanno dedotto nullità della sentenza per violazione degli artt. 437 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.;
7. che, in particolare, hanno rilevato come l’Inps, nel giudizio di primo grado, avesse contestato unicamente l’an della pretesa e non il quantum della stessa, cioè i coefficienti utilizzati per la quantificazione delle somme rivendicate dai lavoratori ed i conteggi dai medesimi prodotti in sede monitoria e nel giudizio di opposizione, ed hanno trascritto il contenuto degli atti di opposizione sul punto;
8. che secondo i ricorrenti la Corte territoriale avrebbe erroneamente considerato ammissibile la produzione di conteggi inseriti nel ricorso in appello dell’Inps, benché quest’ultimo avesse solo genericamente contestato in primo grado i conteggi prodotti dalla controparte;
9. che, ove si invocasse l’art. 437, comma 2, c.p.c. sui poteri ufficiosi riconosciuti anche in appello al giudice del lavoro, dovrebbe comunque riconoscersi l’illegittimo esercizio dei poteri medesimi in quanto impiegati non nell’ambito dei dati fattuali tempestivamente allegati dalla parte onerata, bensì per rimediare ad una colpevole inerzia della stessa;
10. che la condotta processuale dell’Inps deve essere considerata idonea a ledere il diritto di difesa ed il principio del contraddittorio;
11. che il ricorso non può trovare accoglimento;
12. che, come riportato nel ricorso in esame (pagine 7, 8, 9), l’Inps in sede di opposizione ai decreti ingiuntivi emessi in favore dei lavoratori ha sostenuto di aver erogato, sugli assegni LSU in relazione agli anni dal 2000 al 2004, la rivalutazione nella misura dell’80% della variazione Istat dei prezzi al consumo stabilita dal D.Lgs. n. 468 del 1997;
13. che l’Inps non ha contestato il diritto dei lavoratori alla rivalutazione ma ha eccepito come le somme già liquidate in favore dei predetti includessero la rivalutazione rivendicata;
14. che tale eccezione presuppone logicamente la contestazione del quantum preteso dalle controparti;
15. che nel rito del lavoro, il divieto di jus novorum in grado di appello, di cui all’art. 437, secondo comma, c.p.c. ha ad oggetto le sole eccezioni in senso proprio e non si estende alle eccezioni improprie ed alle mere difese, ossia alle deduzioni volte alla contestazione dei fatti costitutivi e giustificativi allegati dalla controparte a sostegno della pretesa ovvero alle deduzioni che corroborano sul piano difensivo eccezioni già ritualmente formulate, (Cass. n. 20157 del 2012; Cass. n. 4854 del 2014);
16. che nel caso di specie non è rinvenibile il vizio denunciato in quanto i conteggi allegati al ricorso in appello dell’Inps non integravano, come correttamente ritenuto dalla Corte territoriale, una prova nuova né erano posti a base di una nuova eccezione ma costituivano argomentazioni difensive volte a supportare, con ulteriori e specifici calcoli, la tesi dell’Istituto sull’avvenuto computo della rivalutazione nelle somme già erogate;
17. che per tali ragioni il ricorso deve essere respinto, con condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo;
18. che non può trovare applicazione il beneficio dell’esenzione dalle spese legali, ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., atteso che la dichiarazione reddituale, inserita nel ricorso per cassazione, risulta sottoscritta non dalle parti ma unicamente dal difensore;
19. che questa Corte ha ripetutamente affermato come la dichiarazione reddituale, inserita nelle conclusioni dell’atto introduttivo (e dello stesso ricorso per cassazione) ai fini dell’esonero dal pagamento delle spese di lite, debba essere corredata della sottoscrizione della parte, da cui non può prescindersi ai fini previsti dalla legge, poiché alla dichiarazione in parola sono connessi effetti di assunzione diretta di responsabilità, non delegabile al difensore: significativo, in tal senso, è il testo dell’art. 42, comma 11, ultimo periodo, del d.l. 269/2003, a termini del quale è “l’interessato” che deve rendere la dichiarazione e assumere l’impegno a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito …”, (cfr. Cass. n. 5363 del 2012; Cass. ord. n. 27211 del 2017);
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 1.700,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
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