CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 giugno 2018, n. 15896
Cartella esattoriale – Società immobiliare – Iscrizione nella Gestione Commercianti – Obbligo – Accertamento
Rilevato che
la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n. 791 del 2012, ha accolto con annullamento dell’iscrizione a ruolo e della cartella esattoriale opposta, l’appello proposto da G.A. nei riguardi dell’INPS e di Equitalia Cerit s.p.a., avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato le opposizioni alle cartelle esattoriali fondate sull’insussistenza dell’obbligo di iscrizione nella Gestione Commercianti, disposto d’ufficio da parte dell’Istituto ai sensi dell’art. commi 202 e 203 legge n. 662 del 1996, e sulla consequenziale infondatezza della pretesa dell’INPS di ottenere il pagamento dei contributi dovuti per gli anni dal 2005 al 2010;
la Corte territoriale ha ritenuto fondato il motivo d’appello proposto dalla parte opponente relativo alla circostanza, disattesa dal primo giudice, che la società immobiliare P. s.n.c., di cui la stessa A. era socia ed amministratrice, gestiva esclusivamente la locazione di un unico immobile di sua proprietà adibito ad attività commerciale, per cui non era svolta alcuna attività d’impresa ma di mero godimento di un unico bene immobile; avverso tale sentenza l’INPS ricorre per cassazione con unico articolato motivo con il quale denunzia la violazione e/o falsa applicazione della L. 22 luglio 1966, n. 613, art. 1, della L. 27 novembre 1960, n. 1397, art. 1, così come modificato dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203 e segg., della stessa L. n. 1397 del 1960, art. 2, e degli artt. 2313, 2318 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3; nonché omessa, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio da ravvisarsi nella circostanza che G.A., pur essendo socia ed amministratrice della s.n.c. P., non era stata ritenuta tenuta all’iscrizione nella Gestione Commercianti perché la società aveva ad oggetto il mero godimento di un immobile;
G.A. resiste con controricorso illustrato da memoria;
Equitalia Cerit s.p.a. è rimasta intimata;
Considerato
che è infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione per decadenza ai sensi dell’art. 327 cod. proc.civ. sollevata dalla contro ricorrente in relazione alla circostanza che al momento della consegna del ricorso agli ufficiali giudiziari per la notifica (4 gennaio 2013) sarebbero trascorsi i sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, avvenuta il 3 luglio 2012, posto che il cd. termine lungo previsto dall’art. 327 cod. proc. civ. è stato ridotto a sei mesi dall’art. 46, comma 17, della legge n. 69 del 2009 a decorrere dal 4 luglio 2009, in relazione ai giudizi introdotti dopo l’entrata in vigore della stessa legge (art. 58,comma 1, legge n. 69 del 2009. Infatti, (Cass. n. 19969 del 2015; n. 20102 del 2016) in tema di impugnazioni, la modifica dell’art. 327 c.p.c., introdotta dalla legge n. 69 del 2009, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio;
dunque, il nuovo termine non può essere applicato alla presente fattispecie in cui il ricorso introduttivo di primo grado risulta depositato solo nell’anno 2008; il motivo di ricorso risulta fondato sulla pretesa di desumere l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti da elementi di carattere meramente presuntivo, che (come osservato già da Cass. n. 17643 del 2016 e da ultimo da Cass. 296 del 2018) non rilevano sul piano previdenziale e che non scalfiscono la validità della “ratio decidendi” della sentenza impugnata che è correttamente incentrata sulla rilevata insussistenza dello svolgimento di un’attività commerciale da parte della A., essendo stato ben evidenziato che quest’ultima si limitava a riscuotere i canoni dell’immobile, cioè a goderne i frutti;
in concreto, secondo il condiviso ragionamento dei giudici d’appello, si trattava di un’attività che non era finalizzata alla prestazione di servizi in favore di terzi, né ad atti di compravendita o di costruzione, per cui la stessa non esorbitava da quella che era la semplice gestione dell’ immobile concesso in locazione;
infatti, il presupposto per l’iscrizione alla gestione commercianti è lo svolgimento da parte dell’interessato di attività commerciale, che nella specie non risulta;
quanto alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali e del terziario, la disciplina previgente è stata modificata dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203 che così sostituisce la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1: “L’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla L. 22 luglio 1966, n. 613, e successive modificazioni ed integrazioni, sussiste per i soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti: a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita; b) abbiano la piena responsabilità dell’impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione e tale requisito non è richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita nonché per i soci di società a responsabilità limitata; c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza; d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri e ruoli”;
quindi il presupposto imprescindibile è che per l’iscrizione alla gestione commercianti vi sia un esercizio commerciale, la gestione dello stesso come titolare o come familiare coadiuvante o anche come socio di s.r.l che abbia come oggetto un esercizio commerciale (v. in tal senso Cass. sez. 6 – Lav., Ordinanza n. 3145 del 2013) e tale presupposto non ricorre nella specie come descritta in fatto dalla sentenza impugnata, contraddistinta dallo svolgimento della sola attività di riscossione dei canoni di un solo immobile concesso in locazione;
va, quindi, esclusa la ricorrenza dell’ attività a cui la legge ricollega l’obbligo di iscrizione e il versamento di contribuzione alla gestione commercianti, a prescindere da ogni considerazione sulla attività prevalente ed in definitiva il ricorso va rigettato;
le spese di lite del presente giudizio vanno compensate attesa la infondatezza dell’eccezione di decadenza dall’impugnazione sollevata dalla contro ricorrente, reiterata in memoria.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.
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