CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 luglio 2021, n. 20257
Somme mensilmente trattenute a titolo di contributi previdenziali sullo stipendio corrisposto – Ammessione al trattenimento in servizio oltre il 65° anno d’età e fino al compimento del 70° anno – Divieto di corrispondere incentivi al personale ammesso al pensionamento posticipato – Non sussiste
Rilevato in fatto
Che, con sentenza depositata il 5.12.2014, la Corte d’appello di Palermo, in riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca a restituire al prof. S.M. le somme mensilmente trattenutegli a titolo di contributi previdenziali sullo stipendio corrispostogli nel periodo 1°. 9.2003 – 31.8.2008, durante il quale aveva prestato servizio quale dirigente scolastico dopo essere stato ammesso al trattenimento in servizio oltre il 65° anno d’età e fino al compimento del 70° anno;
che avverso tale pronuncia il Ministero in epigrafe ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;
che il prof. S.M. ha resistito con controricorso, successivamente illustrato con memoria;
Considerato in diritto
Che, con l’unico motivo di censura, il Ministero ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 16, d.lgs. n. 503/1992, come modif. dall’art. 1 – quater, d.l. n. 136/2004 (conv. con l. n. 186/2004), per avere la Corte di merito ritenuto l’illegittimità delle trattenute operate in danno dell’odierno controricorrente, laddove trattavasi di trattenute legittimamente effettuate alla stregua del divieto di corrispondere incentivi al personale ammesso al pensionamento posticipato;
che, al riguardo, va premesso che l’art. 16, d.lgs. n. 503/1992, come modif. dall’art. 1 – quater, d.l. n. 136/2004 (conv. con l. n. 186/2004), dopo aver previsto che è data facoltà ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di richiedere il trattenimento in servizio fino al compimento del 70° anno d’età e all’amministrazione di disporre in conformità, «in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti, in funzione dell’efficiente andamento dei servizi e tenuto conto delle disposizioni in materia di riduzione programmata del personale», stabilisce che «i periodi di lavoro derivanti dall’esercizio della facoltà» di cui s’è detto «non danno luogo alla corresponsione di alcuna ulteriore tipologia di incentivi al posticipo del pensionamento né al pagamento dei contributi pensionistici e non rilevano ai fini della misura del trattamento pensionistico»;
che affatto correttamente la Corte territoriale ha ritratto del testo della disposizione legislativa la norma secondo cui il trattenimento in servizio fa venir meno l’obbligo di versamento dei “contributi pensionistici” a carico del pubblico dipendente e la conseguente legittimazione dell’amministrazione di appartenenza a operare la relativa trattenuta;
che altrettanto correttamente i giudici di merito hanno interpretato l’inciso secondo cui il trattenimento non dà luogo «alla corresponsione di alcuna ulteriore tipologia di incentivi» come recante un divieto per il datore di lavoro pubblico di corrispondere al personale trattenuto in servizio incentivi ulteriori rispetto al trattamento stipendiale loro spettante a norma di contratto;
che la diversa interpretazione prospettata in ricorso, secondo cui la restituzione delle trattenute previdenziali operate costituirebbe precisamente quell’incentivo “ulteriore” vietato dalla legge, non ha fondamento alcuno, dal momento che il trattamento stipendiale è indicato nei contratti al lordo delle trattenute di legge e, venendo meno la giustificazione di queste ultime, non si attribuisce al dipendente alcun incentivo “ulteriore” che non sia quello di percepire lo stipendio dovutogli nel suo integrale ammontare;
che, per contro, un’interpretazione come quella patrocinata da parte ricorrente attribuirebbe un indebito vantaggio per l’amministrazione, che verrebbe a incamerare le trattenute sine causa, dal momento che il periodo di trattenimento in servizio non è utile ai fini pensionistici;
che nemmeno a tal fine può soccorrere la ratio di contenimento della spesa cui il provvedimento sarebbe ispirato, dal momento che, risolvendosi la trattenuta in una decurtazione definitiva del patrimonio del dipendente ascrivibile ad un atto autoritativo di carattere ablatorio e diretto a reperire risorse per l’erario, sarebbe equiparabile ad una forma di prelievo posto a carico di determinati soggetti individuati soltanto in ragione dell’età e dell’appartenenza al personale di ruolo dell’amministrazione, senza alcuna connessione con un’eventuale maggiore capacità contributiva di costoro, che non potrebbe non essere sospettata di confliggere con gli artt. 3, 36 e 53 Cost.;
che il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 5.200,00, di cui € 5.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.
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