CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 luglio 2021, n. 20263
Rapporto di lavoro – Professore d’orchestra – Cessazione dell’attività lavorativa – Decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia – Requisiti
Rilevato che
1. R.L., professore d’orchestra presso vari enti vantava, presso l’ENPALS, contributi accreditati fin dal 1964 e presentava domanda di pensione di vecchiaia, nell’agosto 2010, con decorrenza dal 1° luglio 2006, mese successivo al compimento del 60° anno di età;
2. la domanda amministrativa veniva respinta dall’ENPALS in quanto, benché cessati i rapporti di lavoro, tra l’assicurato e svariati enti, che avevano dato luogo a contribuzione ENPALS, l’assicurato continuava a svolgere attività lavorativa presso il Conservatorio di Ferrara;
3. la domanda proposta, invocando l’applicazione della deroga di cui all’art. 10, comma 8, d.lgs. n.503 del 1992, con conservazione della più favorevole normativa che consentiva lo svolgimento di attività lavorativa, veniva rigettata dal primo giudice che riconosceva il diritto alla pensione di vecchiaia a far data dal 1° settembre 2010;
4. con sentenza n. 46 del 2015, la Corte d’Appello di Venezia rigettava il gravame dell’assicurato e confermava la statuizione del primo giudice in ordine alla decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia con decorrenza dal 1° settembre 2010;
5. per la Corte di merito non sussisteva, nella specie, il requisito di accesso alla pensione – la cessazione dell’attività lavorativa – previsto dall’art. 1 comma 7 del d.lgs. n.503 del 1992 e l’assicurato non poteva giovare della deroga, introdotta dall’art. 10, comma 8 del citato decreto legislativo n.503 (norma di salvaguardia), che richiedeva il possesso, alla data del 31 dicembre 1994, sia del requisito contributivo sia di quello anagrafico;
6. avverso la sentenza ha proposto ricorso R.L., articolato in tre motivi, ulteriormente illustrato con memoria, cui ha resistito l’INPS con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria;
Considerato che
7. con i motivi di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 6 legge n.155 del 1981, dell’art. 56 d.l.n.791 del 1981, convertito, con modificazioni, in legge n. 54 del 1982, per essersi la Corte territoriale basata su un’errata lettura del precedente di legittimità, sentenza n.9263 del 2003, non pertinente (primo motivo); violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 10, comma 8, decreto legislativo n.503 del 1992 (come modificato dall’art. 11, co. 10, legge 24 dicembre 1993 nr. 537) dell’art. 6 legge n. 155 del 1981, per l’errata lettura del precedente di legittimità, sentenza n. 18992 del 2008, e l’erronea interpretazione delle predette disposizioni, non preclusive del diritto a pensione in costanza di prestazione di attività di lavoro dipendente, per essere stato introdotto il requisito soggettivo della cessazione del rapporto di lavoro, per la prima volta, dall’art. 1, co. 7, del decreto legislativo n. 503 cit., con la previsione, nel successivo art. 10, co.8, come modificato dall’art. 11, co. 10, della legge n. 573 del 1993 (recte: n. 537 del 1993), della conservazione delle previgenti disposizioni, più favorevoli, in favore dei lavoratori che, alla data del 31 dicembre 1994, fossero titolari di pensione o avessero raggiunto i requisiti contributivi minimi per la liquidazione della pensione, di anzianità o dì vecchiaia; assume che, alla data, indicata egli aveva maturato i requisiti contributivi minimi della pensione di vecchiaia, sicché aveva diritto a conservare il previgente regime che consentiva il cumulo della pensione di vecchiaia con l’attività di lavoro dipendente e che, per la conservazione del previgente regime più favorevole, non era richiesto il raggiungimento, al 31 dicembre 1994, anche del requisito anagrafico, raggiunto, nella specie, al momento della presentazione della domanda di vecchiaia, conseguendone la decorrenza del trattamento pensionistico dal 1° luglio 2006, primo giorno del mese successivo a quello nel quale aveva compiuto l’età pensionabile;
8. il ricorso è da rigettare;
9. il primo motivo, a prescindere dalla conferenza o meno del precedente richiamato (Cass.n.9263 del 2003, in tema di opzione esercitata per la prosecuzione dell’attività lavorativa presso lo stesso datore di lavoro al fine di incrementare la posizione contributiva), svolge censura non decisiva, e come tale è inammissibile, per avere la Corte di merito richiamato la disposizione dell’articolo 6 legge n. 155 del 1981, in riferimento al tema della retrodatazione del trattamento pensionistico richiesto, al fine di escluderne la sussistenza di elementi per l’affermazione del diritto alla retrodatazione;
10. gli ulteriori motivi, esaminati congiuntamente per la loro logica connessione, sono infondati;
11. il precedente di questa Corte, sentenza n. 18992 del 2008, ha già affrontato funditus la questione relativa al requisito di accesso al trattamento pensionistico, la cessazione dell’attività lavorativa, introdotto con il decreto legislativo n.503 del 1992 e alle condizioni di applicabilità della deroga, invocata dall’attuale ricorrente, del raggiungimento del requisito contributivo al 31 dicembre 1994 pur non avendo raggiunto il requisito anagrafico;
12. l’articolo 1 del decreto legislativo n.503 del 1992 ha stabilito per la prima volta, con il comma 7, che il conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia è subordinato alla cessazione del rapporto di lavoro, introducendo così un requisito ulteriore rispetto a quelli assicurativo- contributivo e anagrafico;
13. il successivo articolo 10 ha previsto, al comma 1, la non cumulabilità della pensione di vecchiaia con i redditi da lavoro dipendente (e da lavoro autonomo nella misura del 50 per cento);
14. il comma 8 del medesimo articolo 10, nel testo originario disponeva: «Ai lavoratori, che aita data del 31 dicembre 1993 risultano già’ pensionati ovvero hanno maturato il diritto a pensionamento entro tale data e ne ottengano il trattamento nel corso del 1994, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla previgente normativa»;
15. la predetta disposizione è stata, poi, sostituita, con l’art. 11, comma 10, legge n. 537 del 1993, nei seguenti termini: «Ai lavoratori che alla data del 31 dicembre 1994 sono titolari di pensione, ovvero hanno raggiunto i requisiti contributivi minimi per la liquidazione della pensione di vecchiaia o di anzianità, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla previgente normativa, se più favorevole»;
16. questa Corte si è già espressa nel senso che la conservazione del previgente regime più favorevole riguarda non solo la disciplina del cumulo tra la pensione di vecchiaia (e di anzianità) già conseguita ed il reddito da lavoro – di cui allo stesso articolo 10 – ma anche l’accesso alla pensione di vecchiaia, con esonero dall’applicazione dell’articolo 1, comma 7 dello stesso decreto legislativo (v. Cass. n. 18992 del 2008 cit.; Cass. n. 15117 del 2005);
17. la richiamata disciplina transitoria, alla luce della intervenuta modifica normativa, è stata costantemente interpretata nel senso che per la conservazione del trattamento più favorevole quanto alla compatibilità tra la pensione e l’attività lavorativa non occorre che l’interessato ottenga la liquidazione della pensione alla data del 31 dicembre 1994 ma è sufficiente che egli raggiunga, alla medesima data, i relativi requisiti (per tutte, v. Cass. nn. 17360 del 2010, 3085 del 2015, 8545 del 2018);
18. parte ricorrente sostiene che la conservazione del trattamento previgente al decreto legislativo n. 503 del 1992, ai sensi del citato articolo 10, comma 8, non richiede per la pensione di vecchiaia il raggiungimento, al 31 dicembre 1994, anche del requisito anagrafico ma unicamente il possesso, alla stessa data, del requisito contributivo, facendo leva su di una interpretazione strettamente letterale della norma, nella parte in cui si riferisce esclusivamente al requisito «contributivo» ;
19. trattasi di interpretazione non condivisa dalla costante giurisprudenza di legittimità (v. i precedenti richiamati nei paragrafi che precedono);
20. questa Corte ha già affermato, con sentenza 2 aprile 2004 n. 6573, che la pensione di vecchiaia può essere liquidata al «lavoratore» ove alla data del 31 dicembre 1994 abbia raggiunto i requisiti contributivi minimi «ed abbia maturato la anzianità anagrafica necessaria»;
21. la ratio della norma dell’articolo 10, comma 8, d.lgs. n.503 del 1992 è quella di non estendere il regime di nuova introduzione, più rigoroso quanto all’esercizio di un’attività lavorativa, a coloro che avessero maturato il diritto a pensione entro il 31 dicembre 1994 (e non il solo requisito contributivo),indipendentemente dall’effettivo pensionamento;
22. la limitazione letterale del testo normativo alla maturazione al 31 dicembre 1994 dei soli requisiti «contributivi» del diritto a pensione trova, invece, agevole giustificazione nel rilievo che nella pensione di vecchiaia i requisiti di contribuzione non possono essere disgiunti dal requisito anagrafico, in quanto la contribuzione richiesta è quella necessaria al momento di compimento dell’età pensionabile;
23. la stessa legge n. 503 del 1992 nell’elevare, con l’articolo 2, comma 1, il requisito contributivo della pensione di vecchiaia dai previgenti 15 anni a 20 anni, di assicurazione e contribuzione, ha stabilito un regime transitorio per il periodo compreso tra il 1° gennaio 1993 ed il 31 dicembre 2000 (articolo 2 comma 2 ed allegata tabella B) nel quale il requisito contributivo variava in aumento proprio in relazione all’anno di compimento dell’età pensionabile;
24. in definitiva, la norma dell’articolo 10, comma 8, d.lgs. n.503 del 1992 allorquando fa riferimento ai requisiti contributivi della pensione di vecchiaia dà per presupposto il raggiungimento dell’età pensionabile, sulla base della quale deve essere preventivamente determinato il requisito di contribuzione necessario alla maturazione del diritto a pensione;
25. quanto al requisito della cessazione del rapporto di lavoro, come già rilevato da questa Corte (v. Cass. n. 4900 del 2012 e, più di recente, n. 14417 del 2019), costituisce una presunzione di bisogno che giustifica, ai sensi dell’art. 38 Cost., l’erogazione della prestazione sociale;
26. la prosecuzione del rapporto di lavoro subordinato e la produzione, che ne consegue, di reddito da lavoro – dopo il perfezionamento dei requisiti – esclude lo stato di bisogno del lavoratore e, quindi, anche l’esigenza di garantire al lavoratore medesimo (ai sensi dell’art. 38, secondo comma, Cost.) mezzi adeguati alle esigenze di vita;
27. per tali ragioni il conseguimento del diritto alla pensione è subordinato alla cessazione di qualsiasi rapporto di lavoro in essere, anche diverso da quello in riferimento al quale sono stati versati i contributi alla gestione deputata ad erogare la prestazione (cfr. Cass. n. 17530 del 2005);
28. peraltro, è stato anche chiarito che la cessazione del rapporto di lavoro – che condiziona il conseguimento della pensione di vecchiaia – risulta, all’evidenza, affatto diversa (arg. ex d.lgs. n. 503 del 1992, ex art. 10, in tema di disciplina del cumulo tra pensioni e redditi da lavoro dipendente e autonomo) rispetto al cumulo tra la pensione medesima – una volta che questa sia stata conseguita – e i redditi da lavoro oppure da altra pensione, con la conseguenza che, dalla comparazione delle discipline rispettive, non può risultare, in nessun caso, la violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), attesa la non omogeneità;
29. da quanto esposto discende che è immune da censure la sentenza impugnata che, in assenza del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia al 31 dicembre 1994 e della cessazione del rapporto di lavoro, ha escluso l’applicabilità del più favorevole regime previgente e, in considerazione dell’attività lavorativa svolta dal 2006 all’agosto 2010, ha negato il diritto al trattamento pensionistico con decorrenza dal 1° luglio 2006;
30. segue, coerente, la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo;
31. ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13,co. 1, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, co. 1, se dovuto.
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