CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 luglio 2022, n. 22335
Avvocato – Gestione separata INPS – Iscrizione d’ufficio – Crediti contributivi – Requisito dell’abitualità dell’attività professionale – Omesso accertamento
Rilevato che
La Corte d’appello di Catania, in accoglimento dell’appello dell’INPS, ha riformato la decisione di primo grado e rigettato la domanda proposta dell’avvocato A. O. volta ad accertare l’illegittimità dell’iscrizione d’ufficio alla gestione separata INPS, in relazione ai redditi prodotti nell’anno 2009 inerenti allo svolgimento dell’attività professionale, e l’insussistenza del relativo credito contributivo; la Corte territoriale, richiamati i precedenti di legittimità, ha ritenuto obbligatoria l’iscrizione alla gestione separata per gli esercenti la professione di avvocato che non fossero tenuti a iscriversi presso la Cassa Nazionale Forense; ha, quindi, osservato che il requisito dell’abitualità dell’attività professionale doveva presumersi in ragione della iscrizione dell’avvocato presso il relativo Albo, con apertura della partita IVA; ha, inoltre, giudicato non prescritto il credito. Trattandosi di contributi richiesti in relazione all’anno 2009, per i quali il dies a quo andava fissato al 6/7/2010, in ragione del differimento del termine di scadenza del versamento, ai sensi del DPCM 10.6.2010, ed avendo l’Inps comunicato la richiesta di pagamento in data 1/7/2015. Contro tale sentenza, ha proposto ricorso il professionista, con due motivi, cui non ha opposto difese l’Istituto.
La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis cod.proc.civ.
Considerato che
con il primo motivo, si censura la sentenza per «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 44, comma 2, d.l. n. 269/2003, conv. in l. 326/2003, in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3, cod.proc.civ.»: si assume che la Corte di appello ha erroneamente ritenuto sussistente l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l’INPS a carico del professionista avvocato che non ha l’obbligo di iscriversi alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense, nonostante non fosse stato raggiunto il limite di reddito di euro 5000 annui (nella specie, il reddito ammontava a € 4761); si deduce inoltre l’erroneità della decisione nella parte in cui ha presunto l’abitualità nello svolgimento dell’attività professionale per il solo fatto che egli era iscritto all’albo ed era titolare di partita Iva.
Con il secondo motivo, si censura la sentenza per «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2935 cod.civ., dell’art. 1, comma 113, L. 244/2007 e dell’art. 3, comma 3, L. 212/2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod.proc.civ.»: si sostiene che, nella specie, il termine per il pagamento dei contributi previdenziali scadeva il 16/6/2010, con la conseguenza che all’1/7/2015, data di ricezione dell’accertamento dell’Inps, era già maturato il termine di prescrizione quinquennale. Si assume, infatti, l’inapplicabilità del DPCM 10/6/2010, dal momento che la proroga per il pagamento dei contributi in esso prevista riguardava esclusivamente i soggetti ai quali si applicano gli studi di settore e non invece i soggetti in regime cosiddetto “dei minimi”, come il ricorrente.
Il primo motivo è fondato nei termini che seguono, dovendosi dare continuità ai principi già affermati da questa Corte in una fattispecie sovrapponibile a quella in esame (Cass. 14 febbraio 2022, n 4723), alla cui motivazione si rinvia anche ai sensi dei 132 cod.proc.civ. e 118 disp.att. cod.proc.civ.
Si è infatti affermato che «la produzione (da parte del professionista) di un reddito superiore alla soglia di euro 5.000,00 costituisce il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la Gestione Separata, restando invece normativamente irrilevante (l’entità del reddito) qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità (Cass. n. 4419 del 2021; n. 12419 del 2021; n. 12358 del 2021)».
Ciò che rileva, dunque, secondo le sentenze richiamate, è il modo in cui è svolta l’attività libero-professionale, se in forma abituale o meno.
A tale riguardo, è stato anche chiarito che il requisito dell’abitualità deve essere accertato in punto di fatto, precisandosi, altresì, che, ai fini di detto accertamento, possono rilevare «le presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività» oppure, in senso contrario, «la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore ad euro 5.000,00» (Cass. n. 4419 del 2021 cit.), senza che nessuno di tali elementi possa di per sé imporsi all’interprete come univocamente significativo, trattandosi «pur sempre di forme di praesumptio hominis, che non impongono all’interprete conclusioni indefettibili, ma semplici regole di esperienza per risalire al fatto ignoto da quello noto» (Cass. nr. 4419 del 2021 cit.).
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha ritenuto sussistente il requisito dell’abitualità per il sol fatto che il professionista era iscritto all’albo di appartenenza ed era titolare di partita Iva, senza compiere alcun accertamento in concreto, anche in considerazione dell’entità del reddito prodotto, e inferendo da tali circostanze, di per sé sole prive del carattere di gravità e precisione, il fatto ignoto dell’abitualità della attività professionale.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Catania che, in diversa composizione, procederà al nuovo esame della fattispecie, facendo applicazione dei principi sopra indicati.
L’accoglimento del primo motivo assorbe l’esame del secondo motivo che investe la questione del termine di prescrizione (di recente risolta da questa Corte con la pronuncia n. 10273 del 2021, relativa al dies a quo di decorrenza del temiine di prescrizione del credito, per effetto dello slittamento, ad opera dei DPCM, della scadenza dei termini di pagamento); l’accertamento dell’obbligo di iscrizione e della sussistenza del debito contributivo è, infatti, allo stato, nuovamente rimesso al giudice del rinvio, il quale provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
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