CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 luglio 2022, n. 22336
Avvocato – Avviso di addebito – Omessi contributi – Differimento del termine di pagamento – Termine di prescrizione quinquennale – Decorrenza
Rilevato che
La Corte d’appello di Salerno, in accoglimento dell’impugnazione proposta dall’avvocato A. P., ha annullato l’avviso di addebito relativo a contributi pretesi dall’Inps dalla professionista e relativi alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 261. n. 335/1995, in quanto iscritta all’Albo Forense ma non alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense per i redditi derivanti dallo svolgimento di attività professionale nell’anno 2009.
La Corte territoriale ha individuato come dies a quo del termine di prescrizione quinquennale la scadenza del termine per il pagamento dei contributi, nel caso di specie il 16.6.2010 (per i redditi del 2009), ritenendo tardiva, e quindi inidonea ai fini interruttivi, la nota dell’Inps pervenuta alla professionista il 1° luglio 2015 ed escludendo l’applicabilità, nel caso in esame, del DPCM 10 giugno 2010, in mancanza di dimostrazione, da parte dell’Inps, nella sua applicabilità al caso di specie, avendo la professionista optato, per l’anno 2009, per il regime fiscale cosiddetto “dei minimi”.
Avverso la sentenza l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui ha resistito con controricorso la professionista.
La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., in prossimità della quale la controricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
Con l’unico motivo di ricorso l’INPS ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., in relazione all’art. 2, commi 26-31, L. 8 agosto 1995, n. 335, all’art. 18 D.Leg. n. 241/1997, all’art. 17 DPR n. 435/2001 e al DPCM 10.6.2010 (pubblicato in G. U. n. 141 del 19 giugno 2010); censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato l’intervenuta prescrizione senza considerare lo slittamento al 6.7.2010 del termine per il versamento dei contributi, disposto dal D.P.C.M. citato e la tempestività dell’atto interruttivo della prescrizione, costituito dalla nota ricevuta dalla professionista il 1° luglio 2015; il motivo è fondato; al riguardo si richiama il recente arresto di questa Corte 10/11/2021, n. 33169, alla cui motivazione si rinvia anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. cod.proc.civ.; in ordine al dies a quo del termine di prescrizione, va anzitutto ribadito, in base all’orientamento consolidato di questa Corte, che la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il relativo pagamento e non già dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa (così, tra le tante, Cass. 23/1/2020, n. 1557, ed ivi ulteriori richiami); questa Corte, nel ribadire il principio su esposto, ha ulteriormente precisato che assume rilievo, ai fini della decorrenza della prescrizione in questione, «anche il differimento dei termini stessi, quale quello previsto dalla disposizione di cui all’art. 1, comma 1, D.P.C.M. del 10 giugno del 2010 in relazione ai contributi dovuti per l’anno 2009 dai titolari di posizione assicurativa che si trovino nelle condizioni da detta disposizione stabilite» ( v. Cass. 19/4/2021, n. 10273); inoltre ha chiarito che «il differimento del termine di pagamento concerne tutti i contribuenti… che esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore e non soltanto coloro che, in concreto, alle risultanze di tali studi (sono) fiscalmente assoggettati per non aver scelto un diverso regime di imposizione, quale quello di cui all’art. 1, commi 96 e ss., L. n. 244/2007» (Cass. 19/4/2021, n. 10273); si è anche statuito che ai D.P.C.M. deve riconoscersi natura regolamentare e quindi di fonte normativa quando hanno funzione attuativa o integrativa della legge (v. (Cass. 15/2/2022 n. 4900, ed ivi ulteriori richiami), come nell’ipotesi in esame, in cui il D.P.C.M. è stato emanato in attuazione della delega di cui all”art. 12, comma 5, del d.lgs. nr. 241 del 1997; da tali premesse discende che erroneamente la sentenza impugnata ha fatto decorrere il termine di prescrizione dal 16.6.2010; tale termine, infatti, risultava differito al 6 luglio successivo in virtù della previsione dell’art. 1, comma 1, lett. a), D.P.C.M. cit.„ e quindi è quest’ultima la data da considerare ai fini della decorrenza del termine di prescrizione quinquennale; si tratta di principi ormai consolidati, sicché non si ravvisano i presupposti per una ulteriore riflessione sulla questione e conseguente rimessione alle Sezioni unite, come sollecitate dalla professionista nella sua memoria; del pari, il dubbio di legittimità costituzionale sollevato dalla difesa della P. è stato di recente risolto dalla Corte Costituzionale con la recente decisione n. 104 del 2022, con cui è stata dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Tribunale di Catania, in funzione di Giudice del lavoro, «in riferimento all’art. 3 Cost., dell’art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995,, come interpretato dall’art. 18, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, come conv., che prevede, con decorrenza dal 1° gennaio 1996, L’obbligo di iscrizione alla Gestione separata costituita presso l’INPS dei soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo».
La norma censurata ha il fine di realizzare l’estensione dell’assicurazione generale obbligatoria alle attività di lavoro autonomo rimaste escluse dai regimi pensionistici di categoria già precedentemente operanti o che sarebbero stati successivamente istituiti; essa ha dunque una funzione di chiusura del sistema e trova il suo fondamento nell’esigenza della “universalizzazione” della tutela previdenziale, sia sul piano soggettivo che oggettivo. In tal modo, l’istituto in esame, risultante dalla disposizione interpretata e da quella interpretativa, si iscrive nella coerente tendenza dell’ordinamento previdenziale verso la progressiva eliminazione delle lacune rappresentate da residui vuoti di copertura assicurativa. Esso, pertanto, non introduce elementi di irrazionalità, incoerenza e illogicità nel sistema giuridico previdenziale ma, al contrario, assume una funzione di chiusura del sistema stesso e rinviene il suo Fondamento costituzionale nell’obbligo dello Stato di dare concretezza al principio della universalità delle tutele assicurative obbligatorie relative a tutti i lavoratori, rispetto agli eventi previsti nell’art. 38, secondo comma, Cost., nei modi indicati dallo stesso parametro al quarto comma.
Né ciò si pone in contraddizione con l’autonomia regolamentare riconosciuta dallo stesso legislatore in generale alle casse categoriali, laddove queste prevedano un perimetro dell’obbligo assicurativo meno esteso di quello della Gestione separata. Il rapporto tra il sistema previdenziale categoriale e quello della Gestione separata si pone in termini non già di alternatività, bensì di complementarità.
La sentenza impugnata deve quindi essere cassata e la causa rinviata alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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