CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 maggio 2018, n. 11779
Tributi – Avviso di accertamento IRPEF, IRAP e IVA – Art. 52 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633
Rilevato
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione semplificata;
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia che aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Agrigento.
Quest’ultima aveva accolto l’impugnazione di L.L.R. avverso l’avviso di accertamento IRPEF, IRAP e IVA per l’anno 2009;
Considerato
che il ricorso è affidato a due motivi;
che col primo, l’Agenzia assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 52 DPR n. 633/1972, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.;
che, infatti, la CTR avrebbe erroneamente concluso per l’illegittimità del decreto autorizzativo del Procuratore della Repubblica di Sciacca per mancanza di gravi indizi di violazione delle disposizioni tributarie, essendo tali indizi necessari solo in luoghi adibiti esclusivamente ad abitazione e non nell’ipotesi di uso promiscuo;
che, col secondo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2700 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., giacché, a fronte della prova della violazione, già fornita dall’Ufficio, mediante il richiamo al verbale di constatazione, la contribuente non avrebbe dedotto alcuna prova contraria;
che l’intimata si è costituita con controricorso;
che i due motivi possono esser trattati congiuntamente, considerata la loro connessione logica;
che infatti, in tema di accertamento dell’IVA, l’art. 52 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 prevede, al primo comma, l’accesso degli impiegati dell’Amministrazione finanziaria presso i locali adibiti all’esercizio dell’attività commerciale, agricola, artistica o professionale, ovvero presso i locali adibiti ad uso promiscuo (e, dunque, anche abitativo) e, al secondo comma, l’accesso presso i locali adibiti ad uso diverso e, dunque, esclusivamente abitativo: nel primo caso, è richiesta la semplice autorizzazione del capo dell’ufficio e del procuratore della Repubblica, senza l’indicazione di specifici presupposti, ponendosi tali autorizzazioni come meri adempimenti procedimentali, legati alla necessità che la perquisizione sia avallata da un’autorità gerarchicamente o funzionalmente sovraordinata; nel secondo caso, invece, l’autorizzazione del procuratore della Repubblica presuppone la sussistenza di gravi indizi di violazione tributaria, trovando il suo fondamento nell’inviolabilità del domicilio di cui all’art. 14 Cost. Ne consegue che, in tale ultima ipotesi, l’effettiva sussistenza dei gravi indizi di violazione tributaria è soggetta alla verifica della legittimità formale e sostanziale della pretesa impositiva, che coinvolge la legittimità del procedimento accertativo su cui la stessa si fonda (Sez. 5, n. 26829 del 18/12/2014);
che, nella specie, in esito ad una valutazione delle risultanze documentali, la CTR ha concluso che ciascuna delle unità immobiliari sarebbe stata diversa dall’altra; che, tuttavia, il p.v.c. aveva accertato l’intercomunicabilità interna, mediante una scala, fra l’esercizio commerciale e l’abitazione (fra l’altro sprovvista di apposito ingresso esterno indipendente);
che, in tema di accertamenti tributari, il processo verbale di constatazione, redatto dalla Guardia di finanza o dagli altri organi di controllo fiscale, è assistito da fede privilegiata ai sensi dell’art. 2700 cod. civ., quanto ai fatti in esso descritti: per contestare tali fatti è pertanto necessaria la proposizione della querela di falso (Sez. 6- 5, n. 15191 del 03/07/2014);
che, pertanto, nella valutazione di fatto prodromica al giudizio circa la sussistenza o no di un uso promiscuo, la CTR avrebbe dovuto considerare il valore di fede privilegiata attribuito al pvc, e quindi di prova legale rispetto alla perizia giurata (pur sempre atto di parte);
che, pertanto, in accoglimento del ricorso la sentenza va cassata ed il giudizio rinviato alla CTR Sicilia, in diversa composizione, affinché si attenga agli enunciati principi e si pronunzi anche con riguardo alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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