CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 maggio 2018, n.11862
Tributi – Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento – Notificazione
Fatto e diritto
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata e che Agenzia delle Entrate Riscossione ha depositato memoria osserva quanto segue:
Con sentenza n. 4436/18/2016 la CTR della Campania rigettò, previa riunione, gli appelli separatamente proposti dall’Agenzia delle Entrate e dall’allora Equitalia Sud S.p.A. nei confronti del sig. F.N. e, ai fini del contraddittorio, dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di Equitalia Sud S.p.A. e da quest’ultima nei confronti della prima, avverso la sentenza della CTP di Napoli, che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso cartella di pagamento – notificata il 16 settembre 2011, relativa ad imposta di registro ed INVIM, come da avviso di liquidazione notificato il 13 settembre 2001 — conseguente a sentenza della CTR della Campania n. 70/37/99, divenuta definitiva il 10 maggio 2000.
Avverso la sentenza della CTR della Campania n. 4436/18/2016 Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A. (ora Agenzia delle Entrate Riscossione) ha proposto ricorso, da qualificarsi principale, per cassazione, affidato ad un solo motivo ed ulteriormente illustrato da memoria critica alla proposta del relatore depositata in atti ai sensi dell’art. 380 b s c.p.c., cui il contribuente resiste con controricorso.
A sua volta, con ricorso successivamente notificato, da qualificarsi pertanto come incidentale, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso la stessa sentenza, ugualmente affidato ad un solo motivo.
Preliminarmente deve essere disposta, ex. art. 335 c.p.c., la riunione del giudizio n. RG 28803/2016 a quello recante il n. RG 28665/2016, trattandosi di impugnazioni separatamente proposte avverso la stessa sentenza.
I motivi posti dalla ricorrente principale e da quella incidentale, pur diversamente rubricati, possono essere trattati congiuntamente, essendo espressione di comune doglianza avverso la sentenza resa dal giudice tributario d’appello.
L’agente della riscossione denuncia «Illegittimità — violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 e 2946 c.c. e 76 e 78 d.P.R. n. 161/83» (recte n. 131/1986), «in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.», mentre l’Agenzia delle Entrate lamenta a sua volta «Violazione di legge, in particolare degli arti. 78 d.P.R. n. 131/1986 in combinato disposto con l’art. 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (…) richiamato implicitamente dall’art. 149 c.p.c., come interpretato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 477 del 2002, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c..
In sostanza tanto la ricorrente principale quanto quella incidentale assumono che la notifica della cartella di pagamento, da fissare alla data di spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento, in data 8 settembre 2011, sarebbe avvenuta nel rispetto del termine decennale di prescrizione dalla formazione del giudicato (essendo la sentenza della CTR n. 70/37/99 divenuta definitiva il 10 maggio del 2000 per mancata impugnazione), dovendo tenersi conto, ai fini della decorrenza del termine decennale, del decorso di sessanta giorni ai fini dell’impugnazione di avviso di liquidazione notificato il 13 settembre 2001 (così l’agente della riscossione) o comunque della suddetta data del 13 settembre 2001 (in tal senso l’Agenzia delle Entrate).
Deve ritenersi ciascun motivo manifestamente infondato.
Nessuna delle parti ricorrenti contesta che il titolo in forza del quale è stata introdotta la fase di riscossione con la notifica della cartella di pagamento sia la sentenza della CTR n. 70/37/99 divenuta definitiva il 10 maggio del 2000 per mancata impugnazione.
Il fatto che l’Amministrazione finanziaria abbia ritenuto di emettere un previo avviso di liquidazione alla notifica della cartella, atteso che il diritto alla riscossione nella fattispecie in esame trae origine pacificamente in forza di accertamento divenuto definitivo a seguito di sentenza passata in giudicato, non sposta in avanti il decorso del dies a quo per il calcolo della prescrizione decennale ex art. 2953 c.c., atteso che in tal caso il diritto alla riscossione delle imposte in oggetto è pacificamente fondato su sentenza passata in giudicato, di modo che esso non è assoggettato ai termini di decadenza di cui all’art. 25 del d.P.R. n. 602/1973, nel testo vigente ratione temporis, bensì al termine di prescrizione decennale dell’art. 2953 c.c. previsto per l’actio indicati, che non può che decorrere dal momento in cui la sentenza è divenuta definitiva (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 7 aprile 2017, n. 9076; Cass. sez. 5, 9 agosto 2016, n. 16730; Cass. sez. 5, 23 ottobre 2015, n. 21163).
In altri termini, diversamente da quanto prospettato in particolare dall’agente della riscossione, la parte non avrebbe potuto impugnare l’avviso di liquidazione se non per vizi propri dell’atto stesso, essendo il titolo del credito tributario oggetto di riscossione fondato su sentenza passata in giudicato.
Giova al riguardo rilevare come non risulti utile all’assunto delle ricorrenti il richiamo, in memoria, da parte dell’agente della riscossione, a Cass. sez. 6-5, ord. 5 maggio 2017, n. 10987, dalla quale non è dato comprendere se il titolo per la riscossione sia l’esistenza di un giudicato a monte o, semplicemente, l’avviso di liquidazione non opposto, a cui, invece, si riferisce certamente Cass. sez. 5, 23 aprile 2014, n. 9158, dalla prima pronuncia richiamata.
I ricorsi riuniti vanno pertanto entrambi rigettati.
Le spese si liquidano, secondo soccombenza, come da dispositivo, nel rapporto processuale tra Agenzia delle Entrate Riscossione ed il controricorrente F.N..
Nulla va statuito, invece, in ordine alle spese, nel rapporto processuale tra Agenzia delle Entrate ed il predetto N., rimasto intimato a seguito della notifica del ricorso nei suoi confronti da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Rilevato che, nella controversia relativa al ricorso dell’Amministrazione finanziaria da qualificarsi come incidentale, risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1- quater del d.P.R. 30 maggio 2012, n. 115.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi riuniti e condanna Agenzia delle Entrate Riscossione (già Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A.) al pagamento in favore del controricorrente N.F. delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 2300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, già Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 — bis dello stesso articolo 13.
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