CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 maggio 2019, n. 12912
Tributi – IRPEF – Restituzione della pensione a seguito di procedimento giudiziario – Deducibilità ai sensi dell’art. 10, co. 1, lett. d) bis del TUIR – Applicazione facoltativa a scelta del contribuente – Istanza di rimborso delle ritenute subite ex art. 38 del DPR n. 602/73 – Legittimità
Rilevato che
1. l’Agenzia delle Entrate ricorre con tre motivi contro S.S. per la cassazione della sentenza n. 39/1/12 della Commissione Tributaria Regionale del Veneto, emessa il 17/4/2012, depositata in data 8/5/2012 e non notificata, che ha rigettato l’appello dell’Ufficio, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa del rigetto dell’istanza di rimborso dell’Irpef, relativa agli anni di imposta dal 2002 al 2005, versata su somme ricevute dall’INPS a titolo di pensione e rimborsate dal percettore in data 31/3/2006, all’esito di un procedimento giudiziario, per una somma complessiva di euro 122.483,60;
2. con la sentenza impugnata, la C.T.R., sul presupposto che fosse pacifica la circostanza che il contribuente avesse restituito l’importo lordo delle pensioni percepite al netto delle ritenute nel quadriennio in esame, riteneva che fosse sussistente il diritto al rimborso di quanto versato a titolo di imposta, essendo venuto meno il presupposto impositivo (il percepimento delle pensioni);
il giudice di appello rilevava che l’istanza di rimborso non aveva solo ad oggetto gli importi delle ritenute effettuate dall’INPS, ma anche quelli derivanti dalla maggiore liquidazione dell’imposta sul reddito, come da mod. 730, per l’applicazione dell’aliquota relativa allo scaglione di reddito superiore;
riteneva, inoltre, che la procedura di cui all’art. 10, comma 1, lett. d) bis, T.u.i.r. non escludesse la possibilità per il contribuente, alla presenza di determinate condizioni, di richiedere, ai sensi dell’art. 38 d.P.R. n. 602/73, il rimborso di quanto versato e non più dovuto;
nel caso in esame, secondo la C.T.R., l’istanza di rimborso era stata tempestivamente proposta dal contribuente in data 27/7/07, dato che solo dal 31/3/2006, con la restituzione delle pensioni, era venuto meno l’obbligo parziale di versamento dell’Irpef; il diniego dell’Amministrazione, invece, era stato comunicato al contribuente con atto notificato in data 18/11/2009, quando erano già scaduti i termini della procedura prevista dall’art. 10 comma 1 lett. d) d.P.R. n. 917/86 e la possibilità di presentare una dichiarazione integrativa;
3. a seguito del ricorso, S.S. resiste con controricorso;
4. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 17 gennaio 2019, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n. 168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n. 197;
5. il collegio si è riconvocato in data 10/4/2019;
Considerato che
1.1. con il primo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art.21 d.lgs. 546/92 e dell’art.6, comma 2, d.P.R. n. 917/86, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, c.p.c.; secondo l’Agenzia delle Entrate, il contribuente avrebbe potuto impugnare il silenzio rifiuto dell’amministrazione già dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione, proposta dal contribuente in data 27/7/07, senza attendere la comunicazione del diniego espresso da parte dell’Amministrazione, notificato in data 18/11/2009;
il giudice di appello avrebbe, quindi, errato nell’attribuire alla tardività del diniego sulla richiesta di rimborso l’inutilizzabilità della procedura di deduzione di cui all’art. 10 T.u.i.r.; con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.P.R. n. 602/73 e dell’art.10 d.P.R. n. 917/86, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, c.p.c.;
l’Ufficio deduce che il sistema di rimborso in tema di versamenti diretti fa capo a due ipotesi normative distinte, quella dell’art. 38 d.P.R. n. 602/73, che ricomprende il caso di inesistenza originaria dell’obbligazione tributaria, e quella dell’art.10 d.P.R. n.917/1986, che si riferisce al caso dell’inesistenza sopravvenuta, prevedendo la deduzione dal reddito complessivo delle somme restituite al soggetto erogatore;
con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.P.R. n. 602/73, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, c.p.c.;
secondo la ricorrente, anche ammettendo la possibilità del contribuente di richiedere il rimborso, la relativa istanza deve ritenersi tardiva in relazione agli anni 2002 e 2003, atteso il decorso del termine decadenziale di 48 mesi, previsto dall’art. 38 citato, con decorrenza dal momento del versamento (o dell’effettuazione della ritenuta);
1.2. i motivi vanno esaminati congiuntamente perché connessi, sono infondati e vanno rigettati;
1.3. invero, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. d) bis T.u.i.r., vigente ratione temporis, “dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, i seguenti oneri sostenuti dal contribuente: … d) bis – le somme restituite al soggetto erogatore, se hanno concorso a formare il reddito in anni precedenti”;
la lettera d) bis dell’articolo citato è stata aggiunta dall’articolo 5, comma 1, lettera b, del D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314 ed ha introdotto un nuovo onere deducibile;
come chiarito dall’amministrazione finanziaria con circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997, tale onere deducibile è di ammontare pari all’importo delle somme che, in un periodo d’imposta, sono state assoggettate a tassazione e, successivamente, rimborsate all’ente erogatore; prescindendo dalla considerazione, fondata e condivisibile, secondo cui, fin dalla dichiarazione dei redditi successiva alla restituzione delle pensioni, avvenuta in data 31/3/2006, il contribuente avrebbe potuto dedurre le somme restituite dal reddito complessivo dichiarato, senza aspettare l’esito dell’istanza di rimborso, successivamente presentata, appare comunque destituita di fondamento la tesi dell’Amministrazione, secondo la quale il contribuente, non avendo fatto ricorso alla procedura di cui all’art.10 citato, non avrebbe potuto richiedere il rimborso di quanto indebitamente versato;
invero, come dedotto dal controricorrente, per il caso di sopravvenuta inesistenza dell’obbligazione tributaria, nel caso di specie dovuta allo ius superveniens, costituito dal giudicato che ha imposto al percettore la restituzione delle somme, è possibile, in applicazione dell’art. 21 d.lgs. n. 546/92, chiedere la restituzione delle imposte indebitamente versate entro due anni dal verificarsi del presupposto;
sul punto, ” è sufficiente rilevare che, contrariamente alla tesi della ricorrente, la norma in esame (art. 10, comma 1, lett. d bis, T.u.i.r.) riconosce al contribuente esclusivamente la facoltà di utilizzare, nella dichiarazione dei redditi, il meccanismo della deduzione dell’onere dalla complessiva base imponibile (e cioè, in sostanza, una forma di restituzione per compensazione), con la conseguenza che il mancato esercizio di tale facoltà non preclude affatto il ricorso all’ordinario strumento della procedura di rimborso, mediante presentazione della relativa domanda nel termine previsto a pena di decadenza (nella specie, quello biennale stabilito, in via residuale, dall’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992)” (Cass. sent. n. 25564/17; nel senso della possibilità alternativa dell’istanza di rimborso vedi anche Cass. sent. n. 13400/2016);
il termine biennale di cui al secondo comma dell’art. 21 d.lgs. n. 546/92 decorre dal momento in cui è avvenuta la restituzione delle pensioni (nel caso di specie in data 31/3/2006), che costituisce il presupposto del diritto al rimborso delle trattenute d’imposta, non più dovute; nel caso di specie, quindi, il contribuente risulta aver avanzato tempestiva istanza di restituzione il 27/7/2007, entro i due anni previsti dall’art. 21 d.lgs. n. 546/92;
per quanto fin qui detto, il ricorso dell’Agenzia delle Entrate va rigettato, confermandosi la sentenza impugnata, sia pure con diversa motivazione; sussistono giusti motivi, in relazione al consolidarsi dell’orientamento giurisprudenziale solo dopo la proposizione del ricorso, per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
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