CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 maggio 2020, n. 9044
Assegno ordinario di invalidità ex art. 1, L. n. 222/1984 – Riduzione della capacità di lavoro in occupazioni confacenti a meno di un terzo – Aggravamento rispetto al quadro patologico esaminato dal c.t.u. – lnidoneità del parametro di valutazione dell’invalidità civile, sulla base delle tabelle ministeriali ex D.M. 5 febbraio 1992 che individuano indici medi riferiti ad un’attività lavorativa generica
Rilevato che
1. con sentenza n. 3274 pubblicata ri.6.17 la Corte d’appello di Napoli ha respinto l’appello di S.C., confermando la pronuncia di primo grado con cui era stata rigettata la domanda della predetta di riconoscimento del diritto all’assegno ordinario di invalidità (art. 1, l. n. 222 del 1984);
2. la Corte territoriale ha dato atto dell’esito della consulenza d’ufficio svolta in primo grado, che aveva stimato una percentuale di invalidità nella misura del 57%, ed ha ritenuto non integrato il requisito richiesto dall’art. 1 cit. di riduzione della capacità di lavoro in occupazioni confacenti a meno di un terzo;
3. ha rilevato come in appello non fossero stati allegati elementi nuovi oppure un aggravamento rispetto al quadro patologico esaminato dal c.t.u. nominato in primo grado e che la nuova certificazione prodotta non smentisse le valutazioni esposte nella relazione peritale;
4. avverso tale sentenza S.C. (ammessa al patrocinio a spese dello Stato) ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui ha resistito l’Inps con controricorso;
5. la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale;
Considerato che
6. col primo motivo di ricorso la S. ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 1, l. n. 222 del 1984 e agli artt. 24 e 111 Cost.;
7. ha rilevato come il consulente d’ufficio nominato in primo grado avesse stabilito la percentuale di invalidità nella misura del 57% applicando la formula Balthazar utilizzabile nella valutazione delle invalidità civili e non per quelle di cui alla l. n. 222 del 1984;
8. ha allegato di aver censurato col ricorso in appello (debitamente trascritto e riprodotto) l’erroneo utilizzo del citato parametro;
9. col secondo motivo la ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 149 disp. att. c.p.c. e agli artt. 24 e 111 Cost.;
10. ha affermato che con istanza (debitamente trascritta) depositata il 10.4.2017, dopo il deposito del ricorso in appello e prima della prima udienza di discussione (fissata per il 14.4.17), aveva chiesto di essere autorizzata alla produzione di nuova documentazione medica, ai sensi dell’art. 149 cit. e che tale documentazione non era stata in alcun modo esaminata dalla Corte d’appello, che anzi aveva dato atto della mancata allegazione e documentazione di nuove patologie o di aggravamenti rispetto allo stato clinico accertato in primo grado;
11. il ricorso è fondato in relazione ad entrambe le censure proposte;
12. quanto al primo motivo di ricorso, il giudice d’appello, nel ritenere non integrato il requisito di invalidità prescritto ai fini del diritto all’assegno ex legge n. 222 del 1984, ha recepito le conclusioni del c.t.u. che aveva fatto riferimento alla percentuale di invalidità espressamente calcolata sulla base delle tabelle ministeriali prescritte per l’accertamento della invalidità civile (d.m. 5.2.1992);
13. questa Corte ha precisato che, in materia di invalidità pensionabile, la l. n. 222 del 1984 ha adottato come criterio di riferimento, non la riduzione della generica capacità lavorativa, secondo quanto previsto dalla L. 30 marzo 1971, n. 118 per i mutilati ed invalidi civili, bensì la riduzione della capacità lavorativa in occupazioni confacenti alle attitudini dell’assicurato; da ciò, l’inidoneità del parametro di valutazione dell’invalidità civile, costituito da un sistema di tabelle che individuano indici medi riferiti ad un’attività lavorativa generica, che possono essere presi in considerazione soltanto come semplice punto di partenza per un’indagine diretta ad accertare l’effettiva riduzione della capacità subita dall’assicurato in relazione all’attività svoltala meno che nell’ambito di questa diversa valutazione non si dia espressa ragione dell’adeguamento del parametro all’oggetto specifico della diversa invalidità da valutare (cfr. Cass. n. 22737 del 2013; n. 4710 del 2016; n. 6362 del 2017; n. 11185 del 2019);
14. atteso che la Corte di merito non si è attenuta a tali principi, il primo motivo di ricorso deve essere accolto;
15. anche il secondo motivo di ricorso è fondato non essendosi la Corte di merito conformata al disposto dell’art. 149 disp. att c.p.c. che impone, nelle controversie in materia di assistenza e previdenza obbligatorie, comprese quelle concernenti domande d’invalidità pensionabile, di prendere in considerazione e valutare anche l’aggravamento delle patologie e quindi la certificazione di data posteriore a quella esaminata nel corso delle indagini peritali, ricorrendo se necessario a nuove indagini tecniche o richiedendo chiarimenti al consulente, (cfr. Cass. n. 13114 del 2014; n. 32760 del 2018);
16. la sentenza impugnata, in maniera confusa e contraddittoria, ha prima escluso che fosse stato prodotto qualche “accertamento di nuove patologie e di un serio aggravamento di quelle già riscontrate in primo grado” ed ha poi, con motivazione apparente, affermato che “la nuova certificazione non smentisce affatto le conclusioni cui era giunto il c.t.u. in primo grado”;
17. per le ragioni esposte il ricorso deve essere accolto, deve cassarsi la sentenza impugnata in relazione ad entrambi i motivi accolti e rinviarsi alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, per un nuovo esame della fattispecie oltre che per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ad entrambi i motivi e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche ai fini della regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
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