CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 marzo 2021, n. 7184
Tributi – Accertamento con adesione – Pagamento prima rata – Assenza di polizza fidejussoria – Decadenza – Effetti – Iscrizione a ruolo importo originario
Ritenuto in fatto
L’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di P.A. un avviso di accertamento, per l’anno di imposta 2004, con il quale veniva contestato il mancato pagamento degli importi complessivamente dovuti a seguito di rideterminazione del reddito dichiarato, con conseguente esposizione di sanzioni e relativi interessi. La contribuente manifestava la volontà di definire la pretesa tributaria tramite accertamento con adesione, ma corrispondeva solo la prima rata senza rilasciare la polizza fideiussoria. L’amministrazione provvedeva, quindi, alla iscrizione a ruolo dell’intero importo originario e notificava una cartella di pagamento.
La contribuente impugnava la cartella e la Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza rigettava il ricorso.
La Commissione Tributaria Regionale della Calabria, con sentenza n. 293/01/13 depositata il 17.9.2013, rigettava il ricorso della contribuente.
Avverso la sentenza della CTR P.A. propone ricorso per Cassazione affidando il suo mezzo a tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate e Equitalia Sud s.p.a. resistono con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo articolato in due distinte censure la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 n.ri 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 9 del D.lgs 218/1997, nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Lamenta che doveva essere ritenuto valido ed efficace l’accertamento con adesione del 1.2.2020 e poteva, quindi, essere iscritto a ruolo solo l’importo come determinato in sede di adesione, al netto della prima rata regolarmente pagata entro i primi 20 giorni dall’accertamento.
La censura non è fondata.
Non è contestato fra le parti che il procedimento con adesione si era concluso in epoca anteriore al 6 luglio 2011, data di entrata in vigore dell’art. 23 comma 17 del d.l. n. 98 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 111 del 2011, che aveva abrogato l’obbligo di prestare idonea garanzia fideiussoria; in particolare l’atto di adesione fra l’amministrazione e la ditta ricorrente era stato sottoscritto in data 1.2.2010 e la prima rata era stata versata il 20.2.2010 mentre non è stata rilasciata la polizza fideiussoria.
Alla data del 6 luglio 2011, l’atto di adesione non era, dunque, perfezionato, né era più perfezionabile, con conseguente inapplicabilità dell’art. 23 comma 20 del testo di legge anzidetto.
La giurisprudenza di questa Corte è concorde nel ritenere che, in vigenza dell’art. 8 comma 2 del d.lgs. n. 218 del 1997, poi modificato con l’art. 23 comma 17 del citato d.l. n. 98 del 2011, nella procedura di accertamento con adesione, il pagamento della prima rata e la prestazione della garanzia non costituiscono una semplice modalità di esecuzione della procedura, ma un presupposto imprescindibile di efficacia della stessa, sì che, in loro difetto, la procedura del concordato con adesione non si perfeziona e la pretesa tributaria permane nella sua integrità (cfr. Cass. n. 14299 del 2012; Cass. 3979/2020).
La CTR ha fatto corretta applicazione delle norma, motivando adeguatamente sul punto.
La CTR ha, infatti, rilevato che “eliminando la garanzia, il pagamento della sola prima rata non è sufficiente a perfezionare il procedimento di accertamento con adesione, che non è equiparabile a un condono. La garanzia serve proprio a coprire il rischio di mancato pagamento della rata successiva, a cui provvederebbe la struttura che l’ha rilasciata….pertanto in caso di mancato pagamento delle rate rimanenti e laddove non è stata presentata garanzia, come nella specie, l’inefficacia dell’accertamento con adesione e la mancata opposizione hanno reso definitivo l’avviso di accertamento e determinato l’iscrizione a ruolo delle relative somme”.
2. Con il secondo motivo deduce error in iudicando per non avere la CTR dichiarato la nullità della cartella per violazione dell’art. 7 della legge 212/2000. Lamenta la contraddittorietà della motivazione che non aveva rilevato l’omessa indicazione delle ragioni che avevano determinato l’iscrizione a ruolo dell’intera somma richiesta con l’atto di accertamento originario.
La censura è inammissibile.
La CTR ha accertato il motivo per cui si era proceduto ad iscrizione a ruolo della somma richiesta con l’atto impositivo originario, decidendo in modo corretto e motivando logicamente rispetto alla propria decisione (Cass. 23502/2011).
3. Con il terzo motivo articolato in due distinte censure la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 26 del DPR 602/1973 per essere stata la cartella notificata a mezzo del servizio postale ordinario e non a mezzo ufficiale giudiziario e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto.
La censura è inammissibile.
La CTR ha affermato la validità della notifica a mezzo posta della cartella di pagamento, nonché la regolare ricezione in considerazione della tempestiva impugnazione della stessa.
Si osservi che in tema di riscossione delle imposte, la notifica della cartella di pagamento può essere eseguita, ai sensi dell’art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovando applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della legge n. 890 del 1982. Ciò in quanto tale forma “semplificata” di notificazione si giustifica, come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 175 del 2018, in relazione alla funzione pubblicistica svolta dall’agente per la riscossione volta ad assicurare la pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato (Sez. 6-5, Ordinanza n. 28872 del 12/11/2018; Cass. 28690/2019).
Il ricorso deve essere, pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi € 4.100,00 ciascuno in favore di entrambi i resistenti, oltre spese prenotate a debito nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge nei confronti di Equitalia Sud s.p.a.
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