CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 marzo 2021, n. 7211
Tributi – Contenzioso tributario – Sentenza della Corte di Cassazione – Rinvio – Limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio – Violazione – Nullità della sentenza
Rilevato che
L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 13 aprile 2018 n. 1672/13/2018, notificata l’11 gennaio 2019, la quale, in controversia su impugnazione dì silenzio – rifiuto in relazione ad istanza di rimborso per l’IRAP relativa al periodo compreso tra l’anno 2003 e l’anno 2006, all’esito del rinvio disposto dalla sentenza depositata dalla Corte Suprema di Cassazione il 20 dicembre 2016 n. 26303, a seguito della cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 25 marzo 2011 n. 45/12/2011, ha accolto l’appello proposto da R.S. nei confronti della medesima avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Brescia co 1 n. 61/16/2008, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di prime cure sul presupposto che il contribuente avesse diritto al rimborso in difetto del presupposto dell’utilizzazione di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio della professione. R.S. si è costituito con controricorso.
Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., la proposta formulata dal relatore è stata notificata ai difensori delle parti con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
In vista dell’odierna adunanza non sono state presentate memorie.
Considerato che
1. Con il primo motivo, si denuncia violazione ed errata applicazione degli artt. 2 del D.L.vo 15 dicembre 1997 n. 446, 112, 115, 116 e 384, comma 2, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per aver deciso l’appello in difformità dal principio enunciato dal giudice di legittimità in sede di cassazione con rinvio.
2. Con il secondo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 111, comma 6, Cost., 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., 1, comma 2, 36, comma 2, nn. 2 e 4, 53 e 54 del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per aver erroneamente ritenuto, senza alcuna motivazione al riguardo, la spettanza al contribuente del rimborso dell’IRAP.
Ritenuto che
1. Il primo motivo è fondato.
1.1 Secondo il costante orientamento di questa Corte, i limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la pronuncia di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per entrambe le ragioni: nella prima ipotesi, il giudice deve soltanto uniformarsi, ex art. 384, comma 1, cod. proc. civ., al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo, mentre, nella seconda, non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in funzione della statuizione da rendere in sostituzione di quella cassata, ferme le preclusioni e decadenze già verificatesi; nella terza, infine, la sua potestas iudicandi, oltre ad estrinsecarsi nell’applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione ex novo dei fatti già acquisiti, nonché la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione, nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse, sia consentita in base alle direttive impartite dalla decisione di legittimità (tra le altre: Cass., Sez. 1″, 7 agosto 2014, n. 17790; Cass., Sez. 2″, 14 gennaio 2020, n. 448).
1.2 Nella specie, dopo aver riaffermato in punto di diritto, con riguardo al presupposto dell’IRAP per il lavoratore autonomo, che «il requisito dell’autonoma organizzazione -previsto dall’art.2 del d.lgs. 15 settembre 1997, n.446-, il cui accertamento è rimesso al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive», questa Corte – in sede di cassazione con rinvio al giudice di appello – aveva ritenuto che «la motivazione adottata dal Giudice di appello (il quale ha ritenuto sussistente il requisito dell’autonoma organizzazione per la presenza di un impiegato di concetto e, del tutto genericamente, nella esistenza di beni strumentali che indicherebbero la presenza di una struttura bene attrezzata, prova evidente di esercizio organizzato e proficuo dell’attività professionale, anche a giudicare dalle somme chieste a rimborso), non solo si discosta da tale principio laddove dà rilevanza alla presenza di un dipendente ed all’entità delle somme richieste a rimborso, ma soprattutto, appare insufficiente laddove non spiega in alcun modo perché i beni strumentali utilizzati eccederebbero il minimo indispensabile, secondo l’id plerumque accidit, per l’esercizio della professione».
1.3 Dunque, è evidente che il giudice del rinvio era stato sollecitato a rinnovare l’apprezzamento delle risultanze istruttorie in conformità al principio enunciato dal giudice di legittimità, al fine di verificare la sussistenza o meno dei presupposti per il riconoscimento del diritto al rimborso, con particolare riguardo all’incidenza dell’utilizzo dei beni strumentali nell’esercizio della professione.
1.4 Tuttavia, con la laconica affermazione che «la motivazione della sentenza della Suprema Corte non lascia spazio ad alcun dubbio in merito alla spettanza al contribuente del rimborso dell’IRAP richiesto», il giudice del rinvio ha contravvenuto al suddetto principio, ritenendo che il riconoscimento del diritto al rimborso fosse insito nella direttiva impartita dal giudice di legittimità e non necessitasse di alcun riesame dei fatti controversi. Laddove, invece, occorreva una ponderata rivalutazione del materiale probatorio al fine di accertare ex novo se il contribuente fosse o meno obbligato al versamento dell’IRAP (e, pertanto, avesse o meno diritto al rimborso dell’IRAP versata) nel periodo compreso tra l’anno 2003 e l’anno 2006.
2. Anche il secondo motivo è fondato.
2.1 Come si è detto, sulla sola premessa che «la motivazione della sentenza della Suprema Corte non lascia spazio ad alcun dubbio in merito alla spettanza al contribuente del rimborso dell’IRAP richiesto», il giudice del rinvio ha ritenuto che le deduzioni dell’amministrazione finanziaria non spiegassero in alcun modo «perché i beni strumentali utilizzati eccederebbero il minimo indispensabile, secondo l’id quod plerumque accidit, per l’esercizio dell’attività».
Per cui, la sentenza impugnata presenta una motivazione soltanto apparente con riguardo alle ragioni giustificatrici dell’accoglimento del gravame, finendo col traslare a carico dell’amministrazione finanziaria l’onere di provare la sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione in relazione allo svolgimento dell’attività professionale, la cui insussistenza, viceversa, deve essere provata dal contribuente ai fini del riconoscimento del diritto al rimborso, costituendone il “fatto costitutivo” nell’accezione fissata dall’art. 2697, comma 1, cod. civ.
Difatti, è pacifico che, in tema di IRAP, il libero professionista, ove presenti domanda di rimborso dell’imposta che assume indebitamente versata, ha l’onere di provare l’assenza del requisito dell’autonoma organizzazione in relazione allo svolgimento di detta attività (tra le altre: Cass., Sez. 6″-5, 11 aprile 2017, n. 9325; Cass., Sez. 5″, 15 febbraio 2019, n. 4576).
3. Stante la fondatezza dei motivi dedotti, il ricorso può essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con ulteriore rinvio alla Commissione Tributaria Regionale di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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