CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 novembre 2021, n. 34365
Tributi – IRPEF – Accertamento sintetico – Redditometro – Fattori-indice della capacità contributiva – Prova contraria – Reddito annuo dichiarato dal coniuge – Documentazione comprovante disponibilità, entità e durata – Necessità
Rilevato che
L’Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale di Brescia – notificò alla sig.ra S.B. avviso di accertamento, con il quale, in forza di accertamento sintetico mediante redditometro, riprese a tassazione, per l’anno d’imposta 2005, le maggiori imposte ritenute dovute per IRPEF e relative addizionali, oltre sanzioni ed interessi.
Avverso detto avviso di accertamento la contribuente propose impugnazione dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Brescia, che rigettò il ricorso.
Avverso la sentenza di primo grado la contribuente propose appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale (CTR) della Lombardia – sezione staccata di Brescia – che, con sentenza n. 4397/64/14, depositata il 22 agosto 2014, non notificata, disattesa l’eccezione preliminare di decadenza dell’Amministrazione dall’esercizio del potere impositivo, accolse nel merito il gravame della contribuente.
Avverso la succitata pronuncia della CTR l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, in relazione a tre diversi profili.
La contribuente resiste con controricorso.
Considerato che
1. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 38, quarto, quinto e sesto comma del d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360 (per mero errore materiale indicato come 36), primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
La difesa erariale denuncia l’erroneità in diritto di ciascuna delle rationes decidendi della pronuncia impugnata, in relazione alla norma di cui in rubrica, art. 38, nei commi succitati, del d.P.R. n. 600/1973 nella sua formulazione applicabile ratione temporis.
La sentenza impugnata, nell’accogliere il gravame della contribuente avverso la sentenza di primo grado ad essa sfavorevole, ha affermato che, «stante la natura meramente presuntiva del redditometro, gli elementi di accertamento da esso derivanti devono essere corredati da ulteriori dati idonei a sostenerne le risultanze, così come stabilito in materia di parametri e studi di settore».
Ha ritenuto quindi che «possono pertanto valere le medesime considerazioni che la giurisprudenza ha espresso in ordine a parametri e studi di settore, in primis quanto all’obbligatorietà del contraddittorio precontenzioso, affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 26635/2009 (che rileva la necessità del “contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento con il contribuente”».
Infine ha ritenuto sufficiente la prova, fornita dalla contribuente, della disponibilità nel periodo in contestazione, di redditi dichiarati dal coniuge, cittadino di Capo Verde, ammontanti per il 2005 (al cambio italiano) ad euro 42.600,00, con versamento delle relative imposte.
2. In primo luogo va disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, formulata da parte controricorrente, per avere la ricorrente Amministrazione finanziaria proposto diversi ordini di censure, nell’ambito di un motivo formalmente unico.
Il motivo è, infatti, ammissibile, in ragione del fatto che i diversi profili addotti, tutti peraltro riconducibili al medesimo tipo di error in iudicando denunciato, risultano agevolmente suscettibili, avuto riguardo alla loro concreta esposizione, di esame autonomo (cfr. Cass. SU 6 maggio 2015, n. 9100).
3. Ciò premesso, il motivo e dunque il ricorso sullo stesso basato sono fondati e come tali meritevoli di accoglimento.
3.1. Quanto al primo profilo in esame, la statuizione della CTR dinanzi testualmente trascritta si pone in palese contrasto con l’orientamento consolidato espresso di questa Corte (tra le molte, cfr. Cass., sez. 6-5, ord. 26 giugno 2017, n. 15899), secondo cui «[i]n tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione (quale quella in esame) effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cosiddetto redditometro, dispensa l’amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, giacché codesti restano individuati nei decreti medesimi. Ne consegue che è legittimo l’accertamento fondato sui predetti fattori-indice, provenienti da parametri e calcoli statistici qualificati, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore» (si vedano anche Cass. sez. 5, 19 aprile 2013, n. 9539; Cass. sez. 6-5, ord. 10 agosto 2016, n. 16192).
È stato, peraltro, specificato che la disponibilità di tali beni, come degli altri previsti dalla norma, costituisce una presunzione di “capacità contributiva” da qualificare “legale” ai sensi dell’art. 2728 cod. civ., perché è la stessa legge che impone di ritenere conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità l’esistenza di una “capacità contributiva” (Cass., sez. 5, 4 febbraio 2011, n. 2726) e che, pertanto, il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’Ufficio, non ha il potere di togliere a tali “elementi” la capacità presuntiva “contributiva” che il legislatore ha connesso alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile o perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso dei beni indicati dalla norma (principio statuito, tra le altre, da Cass. sez. 5, 23 luglio 2007, n. 16284 e costantemente seguito anche di recente (cfr. Cass. sez. 6 – 5, ord. 1° settembre 2016, n. 17487).
3.2. Ugualmente è viziata dal denunciato error in iudicando la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato la necessità (a pena, quindi di nullità dell’accertamento) del previo contradditorio endoprocedimentale).
In proposito, rilevato che si tratta di accertamento emesso “a tavolino”, va ricordato le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n.24823 del 9.12.2015 hanno definitivamente statuito che «in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito».
Nel caso in esame, si verte in materia di tributi non armonizzati, con la conseguente infondatezza della censura.
Solo per effetto delle modifiche apportate all’art. 38 del d.P.R. n.600/1973 dall’art. 22 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla l. 30 luglio 2010, n. 122, si è stabilito, con decorrenza dall’anno d’imposta 2009, che l’omesso espletamento del previo contraddittorio endoprocedimentale sia sanzionato a pena di nullità dell’atto impositivo.
3.3. Infine, in relazione all’ultima ratio decidendi espressa dalla decisione impugnata, circa l’ambito dell’onere probatorio incombente sul contribuente al fine del superamento della presunzione legale relativa posta dall’art. 38 del d.P.R. n. 600/1973 in esame, nella sua formulazione applicabile ratione temporis, la CTR ha ritenuto sufficiente l’esistenza di provvista riferita al reddito nell’annuo dichiarato dal coniuge della contribuente, cittadino di Capo Verde, senza alcun riferimento alla “idonea documentazione”, tale da comprovare non la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, da cui desumere circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta» (cfr., tra le molte, Cass. sez. 5, 26 novembre 2014, n. 25104; Cass. sez. 5, ord. 4 agosto 2020, n. 16637; Cass. sez. 5, ord. 31 marzo 2021, n. 8888).
In detti termini il motivo è pertanto fondato anche in relazione all’ultimo profilo addotto.
4. Il ricorso dell’Amministrazione finanziaria va pertanto accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale (CTR) della Lombardia – sezione staccata di Brescia – in diversa composizione, che, uniformandosi ai principi di diritto sopra trascritti, provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia – sezione staccata di Brescia – in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.