CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 ottobre 2018, n. 25625
CORTE DI CASSAZIONE – Sez. VI civ. – Ordinanza 15 ottobre 2018, n. 25625
Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento – Intimazione – Notificazione – Irreperibilità
Rilevato che
1. Con la sentenza in epigrafe la CTR, rigettando l’appello proposto dall’agente della riscossione, confermava la sentenza di primo grado che, riuniti i ricorsi proposti dalla società contribuente avverso un’intimazione di pagamento ed una successiva iscrizione di ipoteca legale notificati alla predetta società, annullava i predetti atti ritenendo «irrituale» la notifica della prodromica cartella di pagamento perché effettuata con la procedura dell’irreperibilità assoluta sulla base della sola dichiarazione del portiere dello stabile.
2. Avverso tale statuizione ricorre per cassazione l’agente della riscossione sulla base di un unico motivo, cui replica la società contribuente, mentre resta intimata l’Agenzia delle Entrate, la quale si limita a depositare istanza di partecipazione all’eventuale udienza pubblica.
3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.
Considerato che
1. Va preliminarmente rigettata l’eccezione della controricorrente di inammissibilità del ricorso perché proposto oltre il termine di sessanta giorni dalla notifica della sentenza impugnata. Invero, è la stessa controricorrente ad ammettere che la notifica è stata effettuata direttamente all’agente della riscossione e non al difensore costituito in giudizio e ciò è circostanza sufficiente ad impedire il decorso del termine breve di impugnazione (cfr., tra le più recenti, Cass. n. 4374 del 2017). Al riguardo, il riferimento fatto dalla controricorrente alla modifica apportata dall’art. 9, comma 1, d.lgs. n. 156 del 2014 all’art. 11 del d.lgs. n. 546 del 1992, non è utile a giustificare la fondatezza dell’accezione in esame, giacché l’attribuzione all’agente della riscossione della capacità di stare in giudizio «direttamente o mediante la struttura sovraordinata», prevista dalla citata disposizione, così come modificata, non impedisce a quella parte di avvalersi della difesa tecnica, ai sensi del successivo art. 12 d.lgs. da ultimo citato, con ogni relativa conseguenza, tra cui quella dell’applicazione degli artt. 170 e 326 cod. proc. civ., in forza del rinvio contenuto all’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992.
2. Esclusa, inoltre, la fondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 360 bis, primo comma, n. 1, cod. proc. civ. e per difetto di autosufficienza (non essendo affatto necessaria la riproduzione nel ricorso del contenuto della relata di notifica della cartella di pagamento, sul cui contenuto, peraltro, non vi è neppure contrasto tra le parti), deve passarsi all’esame del motivo di ricorso proposto dall’agente della riscossione.
3. Con tale motivo, con cui è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 140 e 145 cod. proc. civ. nonché dell’art. 60, comma 1, lett. e), d.P.R. n. 600 del 1973, la ricorrente sostiene che doveva ritenersi corretta, diversamente da quanto ritenuto dalla CFR, la notifica della cartella di pagamento effettuata con le modalità previste per i casi di irreperibilità assoluta del destinatario, sulla base delle informazioni fornite dal portiere dello stabile, in mancanza di modificazioni dell’indirizzo della sede legale della società risultante dalla certificazione camerale acquisita dal messo notificatore;
4. Orbene, al riguardo deve ricordarsi che secondo Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16696 del 03/07/2013 (conf. Cass. n. 5374 del 18/03/2015), «La notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi, nel sistema delineato dall’art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, va effettuata secondo il rito previsto dall’art. 140 cod. proc. civ. quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perché questi (o ogni altro possibile consegnatario) non è stato rinvenuto in detto indirizzo, per essere ivi temporaneamente irreperibile, mentre va effettuata secondo la disciplina di cui all’art. 60 cit., comma 1, lett. e), quando il messo notificatore non reperisca il contribuente perché risulta trasferito in luogo sconosciuto, accertamento, questo, cui il messo deve pervenire dopo aver effettuato ricerche nel Comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso Comune. Rispetto a tali principi, nulla ha innovato la sentenza della Corte costituzionale del 22 novembre 2012, n. 258 la quale nel dichiarare “in parte qua”, con pronuncia di natura “sostitutiva”, l’illegittimità costituzionale del terzo comma (corrispondente all’attualmente vigente quarto comma) dell’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ovvero la disposizione concernente il procedimento di notifica delle cartelle di pagamento, ha soltanto uniformato le modalità di svolgimento di detto specie, cartella di pagamento) effettuata ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. e) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, laddove il messo notificatore abbia attestato la sola irreperibilità del destinatario nel comune ove è situato il domicilio fiscale del contribuente, senza ulteriore indicazione delle ricerche compiute per verificare che il trasferimento non sia un mero mutamento di indirizzo all’interno dello stesso comune, dovendosi procedere secondo le modalità di cui all’art. 140 cod. proc. civ. quando non risulti un’irreperibilità assoluta del notificato all’indirizzo conosciuto, la cui attestazione non può essere fornita dalla parte nel corso del giudizio».
Principio, questo, ribadito dalla recente ordinanza della Sez. 6 — 5 di questa Corte, n. 2877 del 07/02/2018 (in termini anche Cass. n. 12646 del 2018), che ha affermato a chiare lettere che «In tema di notificazione degli atti impositivi, prima di effettuare la notifica secondo le modalità previste dall’art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973 in luogo di quella ex art. 140 c.p.c., il messo notificatore o l’ufficiale giudiziario devono svolgere ricerche volte a verificare l’irreperibilità assoluta del contribuente, ossia che quest’ultimo non abbia più né l’abitazione né l’ufficio o l’azienda nel Comune già sede del proprio domicilio fiscale. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha cassato la decisione impugnata ritenendo insufficienti, per l’effettuazione della notifica ex art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, le generiche informazioni fornite dal custode dello stabile)».
5. Tali essendo i principi giurisprudenziali che governano la materia in esame, osserva il Collegio che ad essi si è attenuta nel caso di specie la CTR che ha ritenuto inidonee a giustificare il ricorso alla notifica di cui alla lett. e) del comma 1 dell’art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973 unicamente le informazioni raccolte dal portiere dello stabile ove era ubicato il domicilio fiscale della società contribuente, la cui dichiarazione, ovvero che la società si era “trasferita”, anche perché smentita dalla certificazione camerale acquisita dal messo notificatore, avrebbe dovuto indurre quest’ultimo a compiere più rigorose verifiche, nella specie del tutto omesse (la ricorrente riferisce di plurimi accessi del messo, invero del tutto indimostrati), circa il trasferimento della sede della società destinataria dell’atto in luogo assolutamente irreperibile.
6. Sulla base di tali considerazioni, che rende superfluo l’esame della questione pure posta dalla ricorrente con riferimento all’ulteriore ragione di irritualità della notifica dell’atto affermata dalla CTR, ovvero per non avere il messo notificatore attestato «l’impossibilità di eseguire la notifica nei confronti del legale rappresentante» della società contribuente, il ricorso va rigettato e la ricorrente condanna al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, mentre nulla deve disporsi in favore dell’Agenzia delle entrate, rimasta intimata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15 per cento dei compensi ed agli accessori di legge.