CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 ottobre 2018, n. 25630
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Redditometro – Movimentazioni bancarie – Procedimento – Processo tributario
Rilevato che
1. In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento sintetico—redditometrico ex art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, emesso con riferimento all’anno d’imposta 2009 nei confronti di R.C., la CTR della Campania con la sentenza in epigrafe indicata, ritenuto ammissibile perché tempestivamente proposto l’appello del contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, lo accoglieva ritenendo che il contribuente aveva fornito adeguata prova, mediante l’esibizione dell’estratto del proprio conto corrente bancario, del possesso di redditi adeguati a giustificare il maggiori reddito accertato sinteticamente, non essendo tenuto, diversamente da quanto sostenuto dall’amministrazione finanziaria, a fornire la prova — comunque data — di come aveva formato la provvista esistente sul predetto conto.
2. Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui non replica l’intimato.
3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso, con cui è dedotta la violazione degli artt. 155 e 327 cod. proc. civ., la difesa erariale censura la sentenza impugnata che ha ritenuto tempestivo l’appello proposto dal contribuente in data 1/03/2016 avverso la sentenza della CTP di Benevento, pubblicata in data 30/07/2015, dovendosi individuare la data di scadenza del termine d’impugnazione, comprensivo del termine di trentuno giorni di sospensione per il periodo feriale e considerato che l’anno 2016 era bisestile, in quella del 29/02/2016 e non invece in quella del 2/03/2016, indicata dalla CTR.
2. Il motivo è infondato. Infatti, il computo del termine per appellare la sentenza della CTP pubblicata in data 30/07/2015 va operato “ex norninatione dierum” con la conseguenza che, nella specie, il termine semestrale di cui all’art. 327 cod. proc. civ. andava a scadere il 30/01/2016. Tale termine andava poi differito al giorno 1/03/2016, data in cui risulta essere stato proposto il ricorso d’appello, per la sospensione dei termini per il periodo feriale di trentuno giorni (ai sensi della legge n. 742 del 1969, art. 1, comma 1, come modificato dall’art. 16, comma 1, del d.l. n. 132 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 162 del 2014, con decorrenza dall’anno 2015); termini che vanno computati “ex numeratione dierum” ai sensi dell’art. 155, comma 1, cod. proc. civ. (cfr. Cass. n. 17313/2015; conf. n. 13546/2018; Cass. n. 2876/2016 e n. 22699/2013).
2.1. Da quanto detto consegue che la proposizione del ricorso in appello, nella specie pacificamente avvenuta in data 1/03/2016, è stata effettuata dal contribuente tempestivamente.
3. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 38 comma 4, d.P.R. n. 600 del 1973 sostenendo che la CTR aveva erroneamente ritenuto che a giustificare il maggiori reddito accertato sinteticamente era sufficiente che il contribuente fornisse la prova del possesso di adeguati redditi e «non anche la dimostrazione di come si era formata la provvista».
4. Ritiene il Collegio che, diversamente dalla proposta del relatore, il motivo sia fondato e vada accolto.
5. Invero, in tema di accertamento sintetico del reddito, ai sensi dell’art. 38, comma 6, del d.P.R. n. 600 del 1973, la giurisprudenza di questa Corte ha ormai disegnato in maniera chiara i confini della prova contraria posta a carico del contribuente, affermando che questa debba dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta mentre nessuna prova debba dare in ordine all’effettiva destinazione del reddito esente o sottoposto a tassazione separata agli incrementi patrimoniali (cfr., ex multis, Cass. n. 6396 del 2014, n. 1455 del 2016, n. 7389 del 2018; v. anche Cass. n. 7757 del 2018 e n. 916 del 2016).
In pratica, la disposizione in esame «chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere) con redditi che però siano esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte. In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese c/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati» (Cass. n. 8995 del 2014; conf. Cass. n. 7389 del 2018).
5.1. Pertanto, pur volendo escludere che la disposizione censurata, così come interpretata da questa Corte, preveda un onere a carico del contribuente di fornire anche la prova della formazione della provvista avvenuta in anni antecedenti a quello accertato — che, come affermato dall’Agenzia delle entrate nella circolare n. 6/e del 19/02/2015, par. 12.1, non rileva ai fini della determinazione sintetica nell’anno d’imposta oggetto del controllo —, di certo però il contribuente non può sottrarsi dall’onere di dimostrare che tale provvista (nella specie, le somme rinvenute sul conto corrente postale) provenissero da redditi esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte.
6. Pertanto, dal complesso delle argomentazioni svolte discende il rigetto del primo motivo di ricorso, raccoglimento del secondo con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvia la causa, in relazione al motivo accolto, alla competente CTR che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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