CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 ottobre 2018, n. 25736

Lavoro straordinario – Compenso forfettario – Svolgimento di un orario di lavoro eccedente il limite convenzionale – Prova

Fatto

Rilevato che:

1. la Corte d’appello di Roma respingeva il gravame proposto avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva rigettato la domanda di N.F. volta al riconoscimento di € 65.534,20 oltre accessori, a titolo di lavoro straordinario;

1.1. per quanto qui rileva, la Corte territoriale osservava, da un lato, che il contratto di lavoro aveva espressamente pattuito un compenso forfettario per il lavoro straordinario e, dall’altro, che neppure era stato provato lo svolgimento di un orario di lavoro eccedente il limite convenzionale di 173 ore mensili;

2. per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso il lavoratore, affidato ai seguenti motivi:

2.1. con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 421 cod.proc.civ.; è censurata la valutazione delle risultanze documentali ed in particolare del contratto di lavoro, assumendo la parte ricorrente che, dall’atto, non sarebbe ricavabile alcun accordo di forfetizzazione dello straordinario o patto di conglobamento; inoltre, per tabulas (dalle buste paga) emergerebbe lo svolgimento di 260 ore mensili in luogo delle 173 contrattuali;

2.2. con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod. proc. civ. – è dedotto omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; la decisione è censurata, in relazione alla statuizione di rigetto delle differenze di retribuzione richieste per il periodo di lavoro all’estero, anche per vizio di motivazione, lamentandosi il mancato esercizio dei poteri istruttori d’ufficio da parte della Corte di appello;

2.3. con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 421 cod.proc.civ. e dell’art. 55 CCNL; è censurata la valutazione delle risultanze testimoniali, relativamente al lavoro svolto in Italia;

3. ha resistito, con controricorso, illustrato con memoria, la T.C.G.S.p.A;

Diritto

Rilevato che:

1. il ricorso è, complessivamente, da respingere;

2. i motivi primo e terzo, benché dedotti in termini di violazione di norme di diritto, schermano, in realtà, deduzione di vizio di motivazione;

2.1. l’assunta violazione degli artt. 115, 116 cod.proc.civ. è inconferente rispetto ai contenuti delle censure; il ricorrente incorre nell’equivoco di ritenere che la violazione o la falsa applicazione di norme di legge processuale dipendano o siano ad ogni modo dimostrate dall’erronea valutazione del materiale istruttorio, laddove, al contrario, una questione di malgoverno degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., può porsi, rispettivamente, solo allorché il ricorrente alleghi che il giudice di merito: 1) abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge; 2) abbia disatteso, valutando secondo prudente apprezzamento, prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione (Cass. 27.12.2016, nr. 27000);

2.2. il riferimento agli artt. 421 e 437 cod. proc. civ. non considera che la relativa violazione può venire in rilievo solo se la parte ricorrente deduca di aver invano sollecitato l’esercizio di poteri officiosi in relazione a significativi dati di indagine offerti dalle risultanze processuali ed, in questo caso, abbia dimostrato che, se istruiti, avrebbero condotto ad un diverso esito della lite (vedi per tutte: Cass. nr. 12717 del 2010; Cass. nr. 6023 del 2009; Cass. nr. 14731 del 2006);

3. ricondotte tutte le censure al vizio di motivazione, le stesse, tuttavia, non indicano, nei termini rigorosi richiesti dal vigente testo del predetto art. 360 nr.5 cod.proc. civ. (applicabile alla fattispecie per essere la pronuncia impugnata del luglio 2013) il «fatto storico», non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo (Cass., sez. un. 7 aprile 2014, nr. 8053);

3.1. in ogni caso, i motivi primo e terzo difettano anche di autosufficienza: quanto al primo motivo, non risultano trascritti i contenuti dei documenti (contratto di lavoro e buste paga) (Cass. nr. 19048 del 2016) della cui valutazione il lavoratore si duole; quanto al terzo motivo, manca la trascrizione, nella sua interezza, della clausola contrattuale (Cass. nr. 25728 del 2013; Cass. nr. 2560 del 2007; Cass. nr. 24461 del 2005);

4. le spese seguono la soccombenza; ai sensi delD.P.R. 30 maggio 2002, nr. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stessoart. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR nr. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.