CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 ottobre 2019, n. 26010
Tributi – Accisa sull’energia elettrica – Manomissione del contatore – Rideterminazione dei consumi – Limitazione contrattuale – Accertamento maggiore imposta e irrogazione sanzioni
Rilevato che
– con la sentenza di cui sopra la Commissione Tributaria di seconde cure ha rigettato il gravame del contribuente e confermato la sentenza della CTP che ha statuito la legittimità dell’atto impugnato, atto di contestazione relativo al recupero di accisa sull’energia elettrica e all’irrogazione delle connesse sanzioni riferite all’anno 2013;
– avverso la sentenza ridetta propone ricorso per cassazione il contribuente con atto affidato a quattro motivi; l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli resiste con controricorso;
Considerato che
– con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 16 comma 2 d. Lgs. n. 472 del 1997 in relazione all’art. 24 Cost. per la mancata indicazione nell’atto sanzionatorio dei criteri per la determinazione dell’entità dell’imposta e della sanzione, per la mancata allegazione all’atto di contestazione delle tabelle di ricalcolo dei consumi di energia elettrica e della denuncia ENEL del 9.11.2012 o in alternativa per il mancato richiamo nell’atto di contestazione dei suddetti documenti;
– il secondo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 d. Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 115 c.p.c. ex art. 360 c. 2 n. 3 (rectius c. 1 n. 3) per avere la sentenza di secondo grado statuito in maniera errata la non contestazione a opera del ricorrente del mancato invio in sede stragiudiziale dell’ENEL delle presunte tabelle di ricostruzione dei consumi;
– i motivi possono esaminarsi congiuntamente, in quanto connessi, e sono da rigettare;
– il primo motivo è inammissibile per due ordini di ragioni: in primo luogo la censura risulta diretta contro l’atto impugnato, e non è quindi diretta a criticare la gravata sentenza, che le resta del tutto immune; in ogni caso poi è ulteriormente inammissibile in quanto le affermazioni contenute in sentenza, che invece dimostrano come la CTR abbia verificato nel merito con accertamento di fatto in questa sede non più suscettibile di contestazione, non possono essere poste a confronto con il contenuto dell’atto impugnato in quanto il contenuto rilevante dello stesso, ai fini della decisione sul gravame, non risulta trascritto in ricorso;
– secondariamente, quindi, il motivo risulta inammissibile anche in quanto sprovvisto di autosufficienza per la ragione appena enunciata;
– inoltre, in ogni caso, il primo motivo è infondato come lo è il secondo, dal momento che I’asserita mancata indicazione dei criteri e allegazione delle tabelle di cui si è detto non hanno concretamente impedito al contribuente di impugnare l’atto svolgendo articolate difese proprio nel merito della pretesa; conseguentemente la motivazione del provvedimento contestato è risultata sostanzialmente adeguata a far comprendere a questi le ragioni di fatto e di diritto poste a base della maggior pretesa, tanto che le stesse sono state valorosamente contestate in sede giudiziale nei gradi di merito;
– il terzo motivo di ricorso censura poi la sentenza impugnata per violazione dell’art. 59 TUA (d. Lgs. n. 540 del 1995, Testo Unico Accise) in relazione all’art. 360 c. 2 n. 3 (rectius c. 1 n. 3) che richiede ai fini dell’imputabilità della sanzione esser accertato in concreto colui il quale abbia operato la sottrazione e/o il tentativo di sottrazione, con esclusione di qualsivoglia forma di responsabilità oggettiva;
– il motivo è sia inammissibile sia infondato;
– l’inammissibilità deriva dal fatto che esso tende a una rivalutazione del merito, in questa sede non ammessa;
– l’infondatezza deriva poi dalla circostanza, evincibile dalla lettura della sentenza impugnata, secondo la quale la CTR ha ritenuto che “la mancanza di qualsivoglia immediata contestazione dei fatti da parte dell’A. e la applicazione del principio logico del cui giovamento orientano verso la conclusione che il contatore possa essere stato manomesso solo da chi ne avrebbe ricavato vantaggio in tema di maggiori consumi non registrati e dunque dal titolare dell’azienda che la linea alimentata da quel contatore serviva”; pertanto risulta evidente come il secondo giudice non abbia affatto ritenuto la sussistenza di alcuna responsabilità oggettiva del contribuente, per la maggior imposta dovuta, sulla base del semplice nesso causale; il secondo giudice ha invece accertato – alla luce dei fatti processuali – la sussistenza sia della condotta sanzionata sia dell’elemento soggettivo in capo al contribuente per le ragioni di cui alla motivazione;
– significativa infatti è stata ritenuta l’accertata presenza, da parte degli operatori intervenuti, di un magnete permanente “che alterava il regolare funzionamento” del contatore, sul quale era posto; è chiaro come tal elemento, non contestato né nell’immediatezza né in seguito, dal contribuente, consenta di escludere la sussistenza di una mera responsabilità oggettiva ma costituisca la condotta sanzionata e nel contempo sia indice sufficiente di un comportamento intenzionale dovendosi per mera massima di esperienza escludersi che il suo posizionamento sul contatore possa esser ragionevolmente avvenuto all’insaputa dell’A. che da ciò traeva il sensibile vantaggio della diminuzione di energia e potenza in registrazione pari al 74,67%;
– il quarto motivo denuncia ex art. 360 c. 2 n. 5 (rectius c. 2 n., 5) c.p.c. l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti per non avere la sentenza di secondo grado statuito sia sui motivi aggiunti riproposti in secondo grado di cui alla memoria di primo grado ex art. 24 d. Lgs. n. 546 del 1992 di parte ricorrente del 7.5.2014 sia sui consumi medi dell’azienda agraria ricorrente risultanti dalle fatture prodotte, da cui risulta che la violazione è circoscritta ai soli mesi di settembre 2012, ottobre 2012 e novembre 2012 mentre l’imposta e la sanzione risultano ingiustamente, rispettivamente, rideterminate e irrogate per 23 mesi in violazione delle pattuizioni contrattuali con ENEL che prevedono, in caso di rideterminazione dei consumi, che tal ricalcolo possa avvenire al massimo per un anno e non per due anni, come è avvenuto nel caso che ci occupa;
– il motivo è fondato;
– in effetti la CTR non dimostra in motivazione di aver minimamente esaminato il contenuto dei documenti depositati in data 8 maggio 2014, peraltro espressamente citati in sentenza come documenti versati in atti, tra i quali le fatture e il contratto Enel distribuzione s.p.a.; pertanto, dal momento che il loro esame è stato pretermesso, la sentenza deve essere cassata sul punto con rinvio al giudice dell’appello;
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo di ricorso; rigetta nel resto; cassa la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di legittimità.
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