CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 ottobre 2020, n. 22402

Irregolarità del contratto di somministrazione – Erronea valutazione del materiale  istruttorio compiuta dal giudice di merito – Prove non dedotte dalle parti, disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali – Attendibilità dei testi e sulla rilevanza delle deposizioni

Rilevato che

1. I lavoratori indicati in epigrafe, con ricorso presentato al Tribunale di l’Aquila, assumevano di essere stati assunti, nel febbraio del 2007, con contratto di lavoro a tempo pieno ed illimitato, dalla M. srl, società esercente l’attività di scambio di beni e servizi relativi a sistemi informatici; deducevano che, pur essendo formalmente dipendenti della M. srl, avevano prestato stabilmente la propria attività lavorativa non già a favore della società che li aveva assunti, ma della società C.E. spa, divenuta poi A.E. scpa; precisavano di essere stati licenziati nel 2008 insieme ad altri dipendenti di M. ricollocati anche essi all’interno del gruppo della predetta A.E. scpa. Chiedevano, quindi, che fosse accertato che essi avevano prestato la propria attività a favore della A.E. in violazione di quanto disposto dagli artt. 20, 21 e 27 del D.Igs. n. 276 del 2003 e, conseguentemente, dichiarare, ai sensi dell’art. 21 co. 4 di tale D.Igs., l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato con la citata società ovvero, in subordine, dichiarare l’irregolarità del contratto di somministrazione intercorsa tra la M. srl e la A.E. per violazione del combinato disposto di cui agli artt. 20, 21 e 27 del D.Igs. n. 276 del 2003 e, per l’effetto, costituire, ai sensi dell’art. 27 co. 1 del D.Igs. citato, un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato tra gli istanti e la società convenuta.

2. Il Tribunale di L’Aquila, con la pronuncia n. 356 del 2014, accoglieva il ricorso statuendo che i contratti di lavoro a tempo pieno e indeterminato, stipulati tra ciascuno dei predetti (lavoratori) in data 1.2.2007, secondo la qualifica in essi rispettivamente prevista, e la società M. srl, erano inefficaci e dichiarando la sussistenza di rapporti di lavoro a tempo pieno e indeterminato tra ognuno dei ricorrenti e la A.E. scpa, a decorrere dalla stessa data dell’1.2.2007 e con la medesima qualifica, mentre per converso andavano rigettate le domande di E. spa prov. AQ. spa.

3. La Corte di appello di L’Aquila, con la sentenza n. 24 del 2016, in riforma della gravata pronuncia rigettava la originaria domanda dei lavoratori ritenendo che tra M. e A.E. scpa (ottenuta a seguito della trasformazione di C.E.) non vi fosse alcun legame che giustificasse l’accoglimento delle domande come proposte; inoltre rilevava che, a riprova che non vi fosse alcuna commistione tra le due società, era significativo il fatto che i lavoratori avevano formulato analoga domanda anche nei confronti di un’altra società, E. Prov. AQ spa, con la medesima modalità, stessi orari e stesse qualifiche.

4. Avverso la decisione di secondo grado proponevano ricorso per cassazione A.B., S.C., M.P., M.P. e F.T., affidato ad un solo motivo, illustrato con memoria.

5. La A.E. scpa in liquidazione depositava memoria ex art. 380 bis 1 c. in cui dava atto di avere resistito con controricorso notificato ma non tempestivamente depositato, per cui provvedeva altresì al deposito della procura speciale unitamente alla copia del controricorso come a suo tempo notificato.

6. La E. Prov. AQ. spa non svolgeva, invece, alcuna attività difensiva.

7. Il PG non rassegnava conclusioni scritte.

Considerato che

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo i ricorrenti denunziano, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione degli artt. 113, 115, 116 e 246 cpc, per avere la Corte territoriale valutato la prova per testi, svolta nel giudizio di primo grado, in modo assolutamente unilaterale, valorizzando tutti i profili ed i testi contrari ai lavoratori e dando acriticamente credito a quelli favorevoli all’azienda; inoltre, sottolineano che non era stata rilevata l’inattendibilità e la incapacità a testimoniare del teste R..

3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 2721, 2724 e 2725 cc, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc, per avere la Corte di appello erroneamente valutato la circostanza, circa l’esistenza dei contratti tra le società che avrebbero giustificato la somministrazione di lavoro, attraverso una prova per testi e non mediante atti scritti.

4. Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21 e 27 del D.Igs. n. 276 del 2003, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc, per non avere rilevato la Corte territoriale che l’intera vicenda determinava una evidente violazione delle citate disposizioni perché realizzava una interposizione di lavoro espressamente vietata e per avere fatto riferimento a contratti di lavoro di cui avrebbe dovuto curare di avvedersi se erano stati prodotti in giudizio e se costituivano prove ritualmente assunte.

5. Con il quarto motivo si deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cpc, per essere stata la decisione fondata su tre circostanze negative: a) la sussistenza di contratti che, invece, non erano mai esistiti; b) la proposta di lavoro rivolta ai lavoratori e da questi non accettata; c) l’assunta diversità tra la società C.E. e la società A.E. che invece avevano la stessa partita IVA.

6. Il primo motivo è infondato.

7. In primo luogo, deve rilevarsi che, in tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cpc non può porsi per una erronea valutazione del materiale  istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (Cass. n. 27000 del 2016; Cass. n. 13960 del 2014): ipotesi, queste, non denunziate nel caso in esame ove viene contestata la valutazione probatoria operata dalla Corte territoriale, sostanziante il suo accertamento in fatto, di esclusiva spettanza del giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 27197 del 2011; Cass. n. 6288 del 2011).

8. Anche la dedotta violazione degli artt. 113 e 246 cpc, relativamente al teste R. (amministratore delegato di Collabora e di C.E. e, poi, direttore generale di A.E.) non è meritevole di accoglimento.

9. Il giudizio sulla capacità a testimoniare ai sensi dell’art. 246 cpc è  rimesso al giudice di merito (e nel caso in esame non è stato specificato dai ricorrenti che la eccezione sia stata rite et recte sollevata nei precedenti gradi), così come quello sull’attendibilità dei testi e sulla rilevanza delle deposizioni ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato (Cass. n. 15526 del 2000; Cass. n. 13054 del 2014).

10. Nella fattispecie, la Corte di merito ha escluso l’esistenza di un collegamento fraudolento o simulatorio, tra S.L. e C.E. prima e, poi, tra M. e A.E. non fondando il proprio assunto sulla sola deposizione del teste R., ma analizzando con articolata e congrua motivazione tutte le risultanze istruttorie orali (testi: C., V., V., Q., E. e B., nonché valutando il comportamento extra-processuale delle parti) di talché l’accertamento sul punto si rivela ampiamente e logicamente analizzato  attraverso l’esame di più testi e, in quanto tale, non è censurabile in questa sede sotto i profili denunciati.

11. Anche il secondo ed il terzo motivo, da trattarsi congiuntamente perché interferenti tra loro, sono infondati.

12. La Corte di merito ha basato la propria decisione, sempre in ordine alla esclusione di un collegamento di imprese, sulla base di tutto il quadro probatorio emerso dalle deposizioni raccolte in primo grado e non solo sulla unica circostanza riferita dai testi, secondo cui tra le società risultavano stipulati contratti, che giustificavano i rapporti commerciali tra di loro, ove si stabilivano prestazioni e compensi tra le varie prestazioni affidate.

13. I contratti richiamati dai testi riguardavano, secondo l’iter decisionale dei giudici di seconde cure, rapporti di prestazione di servizi intercorsi tra le diverse società, relativamente ciascuno ad un ramo di attività e che giustificavano, perciò, l’espletamento da parte di terzi di un settore dell’attività stessa.

14. La esistenza di detti contratti è stata valutata, poi, unitamente agli altri indici presuntivi, indicati dalla giurisprudenza di legittimità e correttamente citati (Cass. n. 3136 del 1999), ai fini di accertare la eventuale simulazione in ordine alla sussistenza, invece, di un unico rapporto lavorativo tra i dipendenti e le società del gruppo in virtù di un possibile collegamento funzionale.

15. Nel caso di specie, pertanto, i detti contratti di prestazione di servizi hanno costituito solo un tassello logico-giuridico, di completamento di una complessa indagine probatoria (in positivo ed in negativo) condotta dalla Corte di merito, e non il nucleo centrale del percorso argomentativo decisionale.

16. Ciò, conseguentemente, esclude, da un lato, la violazione degli artt. 2721 e ss. cc perché il divieto della prova per testi, determinato dall’oggetto costituito da un contratto, vige soltanto per la prova della convenzione e non per quella di fatti diversi (Cass. n. 9243 del 2008) e, dall’altro, rende le conclusioni della Corte territoriale, desunte all’esito di una valutazione di ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla giurisprudenza per valorizzare elementi concreti come fonte di presunzione, al fine di ravvisare se vi fosse un collegamento tra imprese dello stesso gruppo ovvero una autonomia tra le diverse società, come il risultato di un accertamento di fatto relativo al merito della vicenda processuale, in relazione alla quale al giudice di legittimità spetta solo la facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte.

17. Infine, anche il quarto motivo non è meritevole di accoglimento.

18. La nuova formulazione dell’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, applicabile ratione temporis, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, nel senso che, qualora esaminato, sia idoneo a determinare un esito diverso della controversia (per tutte Cass. n. 8053 del 2014).

19. Nel caso di specie, invece, la Corte territoriale ha esaminato le circostanze denunciate nel motivo e ritenute dai ricorrenti erroneamente omesse: in particolare, i contratti di prestazione di servizi intercorsi tra le società di cui si è già detto; la proposta di lavoro rivolta ai lavoratori di passare alle dipendenze di altra società, emersa dalla testimonianza del R. (pag. 4 punto j della gravata pronuncia), nonché la questione dei rapporti tra C.E. e A.E., ove è stato specificato, per escludere la asserita trasformazione tra le due persone giuridiche, che relativamente alla seconda era stato precisato di avere rilevato solo una parte delle risorse strumentali ed umane della prima.

20. La problematica circa la ritenuta sussistenza (o insussistenza) di tali circostanze, ai fini probatori in ordine alla domanda di illecita somministrazione di manodopera, attiene, pertanto, all’esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali, da parte del giudice di merito, che costituisce una valutazione insindacabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato, come nel caso de quo.

21. Le censure denunziate esulano, pertanto, dal perimetro di operatività dell’invocato vizio.

22. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.

23. Le spese, liquidate come da dispositivo e parametrate alla attività espletata, seguono la soccombenza relativamente alla posizione di A.E. scpa in liquidazione. Al riguardo va rilevata l’ammissibilità del deposito della procura difensiva e della memoria, effettuato da tale società, perché il presente ricorso risultava già depositato alla data del 30.10.2016 (data di entrata in vigore dell’art. 380 bis 1 c. cpc) e successivamente fissato in adunanza camerale, per cui la parte intimata, che in base alla pregressa normativa avrebbe avuto ancora la possibilità di partecipare alla discussione orale, in ipotesi di mancata notifica o deposito (come nel caso in esame) del controricorso, per sopperire al venir meno di siffatta facoltà, ben poteva ritualmente presentare, nei termini di legge, memoria munita di procura speciale (cfr. Cass. n. 5508 del 2020; Cass. n. 12803 del 2019).

24. Nulla, invece, va disposto in ordine alle spese di lite riguardanti l’altra società intimata che non ha svolto attività difensiva.

25. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, come da dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della A.E. scpa in liquidazione, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 1.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 100,00 e agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.