CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 settembre 2020, n. 19244
Conversione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato – Ente dotato di personalità di diritto pubblico – Trasformazione in società per azioni – Rinuncia al ricorso di Cassazione – Morte di una delle parti, intervenuta dopo la rituale instaurazione del giudizio – Non rilievo
Rilevato
1. il Tribunale di Sassari aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro in data 8 luglio 2010 stipulato tra la A.R.S.T. – spa (anche A.R.S.T., di seguito) e M.P.G.A., aveva dichiarato la conversione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato e aveva condannato l’Azienda al risarcimento del dorino ai sensi dell’art. 32 c. 5 della L. n. 183 del 2010 commisurandola a quattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto;
2. la Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, adita dalla A.R.S.T. in via principale e in via incidentale dal M., ha condiviso la sentenza impugnata quanto alla ritenuta illegittimità della clausola di durata e, pur dubitando della perdurante vigenza dell’art. 23 della legge regionale n. 16/1974 richiamata dal giudice di primo grado, istitutiva dell’ A.R.S.T. come ente dotato di personalità di diritto pubblico, avuto riguardo alla legge regionale n. 21 del 2005 che l’aveva trasformata in società per azioni, ha ritenuto che l’invocata conversione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato era impedita dall’art. 18 c. 2 del d.l. n. 112/2008, convertito dalla legge n. 133/2008, con il quale il legislatore aveva imposto alle società a totale partecipazione pubblica di adottare metodi di reclutamento del personale rispettosi dei criteri di trasparenza, pubblicità e imparzialità;
3. la Corte territoriale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato l’A.R.S.T. al pagamento della indennità risarcitoria di cui all’art. 32 della L. n. 183 del 2010, parametrandola a 2,5 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo alla durata del rapporto;
4. avverso questa sentenza M.P.G.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, al quale l’A.R.S.T. spa ha resistito con controricorso, illustrato da memoria;
5. successivamente alla notifica del ricorso il difensore del ricorrente ha dichiarato che il M. era deceduto il 14.12.2018, allegando il certificato di morte, e che intendeva rinunciare al ricorso per cassazione; la rinuncia è stata notificata al difensore del controricorrente;
sintesi dei motivi del ricorso
6. con il primo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione della L.R. Sardegna 20 giugno 1974, n. 16 e della L.R. 7 dicembre 2005 n. 21, violazione e falsa applicazione dell’art. 117 Cost. – violazione della L.Cost. 28 febbraio 1948, n. 3, illegittimità costituzionale della L.R. Sardegna 20 giugno 1974, n. 16, in relazione agli artt. 3 e 117 Cost. e alla L. Cost. 26 febbraio 1948, n. 3″;
7. con il secondo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione del d.l. n. 702 del 1978, art. 5, convertito nella L. 8 gennaio 1979, n. 3, coine modificato dalla L. 7 luglio 1980, n. 299, anche con riferimento a quanto previste dal comma 6 dello stesso art. 5, la connessa violazione della L. n. 142 del 1990, artt. 23 e 25;
8. con il terzo motivo è denunciata la “violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 702 del 1978, come modificato dalla L. 7 luglio 1980, n. 299, anche nei suoi commi 6, 15, 17 e 18, e della L.R. Sardegna n. 16 del 1974, nonché conseguente violazione e/o falsa applicazione del D.lgs. n. 368 del 2001 (per la ritenuta mancata abrogazione delle prime due norme ad opera del D.lgs. n. 368 del 2001) nella parte in cui viene negata la conversione del contratto dichiarato nullo nel termine in contratto a tempo indeterminato;
9. con il quarto motivo è denunciata la violazione del principio di effettività del risarcimento del danno, la conseguente a falsa applicazione della l. n. 183 del 2010, art. 32, anche con riferimento a quanto previsto dalla L. n. 604 del 1966, art. 8, la violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, il vizio di motivazione e conseguente violazione degli artt. 1218, 1219, 1223, 1224, 1225 e 1226 c.c. ;
10. come evidenziato nel punto 5 di questa sentenza il difensore del M., dopo avere dichiarato quest’ultimo è deceduto in data 14.12.2018, ha manifestato la volontà di rinunciare al ricorso;
11. nel giudizio di cassazione, in considerazione della particolare struttura e della disciplina del procedimento di legittimità, non è applicabile l’istituto dell’interruzione del processo, con la conseguenza che la morte di una delle parti, intervenuta dopo la rituale instaurazione del giudizio, non assume alcun rilievo (ex multis Cass. S.U n. 9692/2013) né ai fini della interruzione del processo, né, tampoco, per escludere la ultrattività del mandato;
12. la rinuncia al ricorso, manifestata dal difensore del defunto M., in virtù della procura speciale che ricomprendeva anche la “facoltà di rinunciale agli atti del giudizio e ad accettare rinuncia”, rinuncia notificata alla controricorrente e non richiedente l’accettazione della controparte per essere produttiva di effetti processuali determina l’estinzione del giudizio;
13. la rinuncia al ricorso preclude l’esame di inammissibilità (“recte” improcedibilità) del ricorso formulata dalla controricorrente sul rilievo che il ricorso e la procura, notificati tramite PEC, non sono stati sottoscritti digitalmente dal difensore;
14. nondimeno, il Collegio reputa necessario soffermarsi sulla questione di particolare importanza, posta dalla controricorrente, e di utilizzare il potere, che l’art. 363 cod. proc. civ., assegna alla Corte di Cassazione, di enunciare il principio di diritto nell’interesse della legge; ciò che la declaratoria di estinzione conseguente alla rinuncia al ricorso non impedisce (Cass. S.U. n. 30008/2019, Cass. S.U 22438/2018; Cass. S.U. 19051/2010);
15. dagli atti depositati si ricava che il ricorso è originato in formato digitale; soltanto la procura speciale alle liti è sottoscritta con firma autografa, mentre il primo non reca alcuna sottoscrizione; entrambi gli atti sono stati notificati, unitamente alla relazione di notifica, a mezzo posta elettronica certificata;
16. si ricava dalla copia del messaggio di posta elettronica certificata che ad esso sono allegati un file allegato denominato “ricorso in Cassazione M.P.G.A. ARST .pdf.p7m (278 Kb)”, un file denominato “ricorso in Cassazione M.P.G.A. ARST .pdf (276 Kb)”, un file denominato “delega M.P.G.A.. pdf.7m (47 Kb)”, un file denominato “delega M.P.G.A..pdf (45 Kb), “relata a mezzo pec M. P.G.fY pdf.p7m (78 Kb)”, relata a mezzo pec M. P.G.A. pdf (76 Kb)”
17. l’estensione dei file allegati al messaggio p.e.c. indica l’avvenuta autenticazione con firma digitale CAdES (*.p7m”) e PAdES ( *.pdf), entrambe ammesse e equivalenti anche quanto alla validità ed efficacia della firma per autentica della procura speciale richiesta per il giudizio in cassazione, ai sensi degli artt. 83, comma 3, c.p.c., 18, comma 5, del d.m. n. 44 del 2011 e 19 bis, commi 2 e 4, del citato decreto dirigenziale (Cass. S.U. n. 11125/2020; Cass. S.U. n. 10266/2018; Cass. 30927/2018; Cass. 19434/2019);
18. tutto ciò conferisce al ricorso depositato in cancelleria prova della sua autenticità e provenienza, restando del tutto irrilevante che l’originale del ricorso non recasse sottoscrizione autografa, la sua provenienza dal difensore munito di procura risultando comunque attestata sia dalla procura che ad esso accede (Cass. S.U. n. 11125/2020; Cass. n. 7443/2017; Cass. n. 18491/2013; Cass. 21326/2006) sia dalla firma digitale apposta al documento notificato per via telematica;
19. il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, della l. n. 53 del 1994 o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non comporta l’improcedibilità del ricorso in quanto la controricorrente non ha disconosciuto la conformità della copia informale del ricorso all’originale notificatole a mezzo p.e.c. (Cass. S.U. n. 8312/2019; Cass. S.U. n. 22438/2018 );
20. le spese del giudizio di legittimità sono compensate in ragione del comportamento processuale delle parti;
21. non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13;
22. in tema di impugnazioni, l’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non trova applicazione in caso di rinuncia al ricorso per cassazione in quanto tale misura si applica ai soli casi, tipici, del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, “lato sensu” sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica (ex multis Cass. 23175/2015).
P.Q.M.
Dichiara l’estinzione del giudizio.
Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.