CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 aprile 2021, n. 10103
Tributi – Accertamento – Reddito di impresa – Costi per operazioni ritenute soggettivamente inesistenti – Falsa fatturazione – Indeducibilità – Prova contraria
Rilevato che
– con sentenza n. 382/48/2013, depositata in data 21 ottobre 2013, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Campania, accoglieva parzialmente l’appello proposto da E.M. s.r.l., in persona del legale rappresentante prò tempore, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore prò tempore, avverso la sentenza n. 195/38/2012 della Commissione tributaria provinciale di Napoli che aveva rigettato il ricorso proposto dalla suddetta società contribuente avverso l’avviso di accertamento n. TF5031202819/2011 con il quale l’Ufficio, previo p.v.c. della G.d.F. di Castellammare di Stabia, aveva, tra l’altro, recuperato a tassazione costi per complessivi euro 660.000,00, indebitamente dedotti, ai fini Ires e Irap, e detratti, ai fini Iva, per il 2008, in relazione a fatture emesse da E. s.r.l. di Esposito Catello, per operazioni ritenute inesistenti;
– in punto di fatto, il giudice di appello, per quanto di interesse, ha premesso che: 1) previo p.v.c. della G.d.F. di Castellammare di Stabia, con l’avviso di accertamento n. TF5031202819/2011, l’Ufficio aveva contestato nei confronti della E.M. s.r.l. l’indebita deduzione di costi, ai fini delle imposte dirette, e detrazione ai fini Iva, per l’anno 2008, in relazione a fatture emesse dalla (sub)appaltatrice E. s.r.l. di C.E. con riguardo a lavori di costruzione che erano risultati sovraffatturati e quindi (parzialmente) inesistenti; 2) avverso tale avviso di accertamento, la contribuente aveva proposto ricorso alla CTP di Napoli che, con sentenza n. 195/38/12, l’aveva rigettato sul presupposto della falsità delle fatture emesse da E. s.r.l., in quanto non corrispondenti all’entità dei lavori effettivamente eseguiti, e delle fatture emesse dal C.E. a nome delle ditte, a loro volta, subappaltatrici (D.E.C. Impianti di V.E. s.r.l. e “E.C. Impianti di V.E. s.r.l.), riferite ad operazioni ritenute soggettivamente inesistenti, non essendo emerso alcun rapporto di prestazione di servizi tra le ditte del V. e la contribuente; 3) avverso la sentenza di primo grado, aveva proposto appello la contribuente e aveva controdedotto l’Agenzia delle entrate;
– il giudice di appello- nell’accogliere parzialmente l’appello della contribuente, annullando l’atto impositivo in relazione ai costi recuperati a tassazione – in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) andava espunta dal thema decidendum la questione della “falsa fatturazione” o delle “operazioni soggettivamente inesistenti”, avendo l’Ufficio contestato nell’avviso di accertamento impugnato l’indeducibilità di costi considerati riferiti ad operazioni inesistenti e avendo, solo in sede contenziosa, ampliato il thema decidendum, facendo riferimento alle fatture emesse da C.E. a nome delle ditte subappaltatrici di V.E., in relazione ad operazioni soggettivamente inesistenti; 2) limitando l’indagine alla verifica della effettiva esecuzione o meno dei lavori fatturati dalla E. s.r.l., l’Ufficio non aveva sufficientemente provato l’asserita inesistenza delle operazioni commerciali in questione (le dichiarazioni rese dall'”evasore totale” E.V. circa l’inesistenza di alcun rapporto commerciale con la contribuente erano inattendibili; le dichiarazioni rese ai verbalizzanti dai dipendenti della E. s.r.l. circa l’irrisoria natura dei lavori svolti presso i cantieri della contribuente, erano confliggenti con analoghe dichiarazioni rese da altri dipendenti e dal direttore dei lavori; le dichiarazioni del legale rappresentante della contribuente circa l’intrattenimento dei rapporti commerciali soltanto con C.E. che si era reso garante e rappresentante delle ditte subappaltatrici, non dimostrava l’inesistenza delle operazioni medesime); 3) di contro, la contribuente aveva provato l’effettiva esecuzione delle operazioni fatturate, avuto riguardo alla documentazione contabile dalla quale risultavano i pagamenti e le assunzioni di debito nei confronti della E. s.r.l., alle dichiarazioni sostitutive di atto notorio di lavoratori, direttore dei lavori e professionisti che avevano partecipato ai lavori, alla copia delle concessioni edilizie e di altra documentazione amministrativa, tra cui i capitolati di appalto, dai quali risultava l’esistenza del cantiere e lo svolgimento delle opere edili, alla scrittura privata dalla quale risultava l’indicazione del debito residuo verso la E. s.r.l. e l’accordo a compensarlo mediante la cessione di beni immobili nonché alla congruità rispetto alle risultanze degli studi di settore dei ricavi dichiarati dalla contribuente in relazione ai lavori eseguiti per conto dei suoi committenti che non si sarebbero potuti realizzare senza l’effettivo svolgimento di quelli oggetto di contestazione;
– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un motivo; è rimasta intimata la società contribuente;
– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380-bis. 1 cod. proc. civ., introdotti dall’art. 1 -bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.
Considerato che
– con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 2697 c.c., 19 e 21 del d.P.R. n. 633/72, per avere la CTR – a fronte della contestazione dell’Ufficio di cui all’avviso di accertamento in questione, della indeducibilità dei costi ai fini delle imposte dirette e della indetraibilità ai fini Iva, in relazione ad operazioni che si assumevano “soggettivamente inesistenti” – ritenuto erroneamente indimostrata dall’Amministrazione l’inesistenza soggettiva delle operazioni fatturate e, di contro, assolto da parte della contribuente l’onere probatorio circa la sussistenza dei requisiti legittimanti la deduzione dei costi;
– il motivo è inammissibile per le ragioni di seguito indicate;
– in primo luogo, la ricorrente non ha assolto, in punto di autosufficienza, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., all’onere di riportare in ricorso, nelle parti rilevanti, l’avviso di accertamento in questione e il relativo p.v.c. della G.d.F. onde permettere a questa Corte di verificare gli esatti termini della contestazione (se in termini di inesistenza oggettiva ovvero soggettiva delle operazioni fatturate) e di averne la completa cognizione al fine di valutare la fondatezza della censura; invero, il principio di autosufficienza del ricorso impone che esso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (ex multis, Cass. n. 7825 e n. 12688 del 2006; Cass. n. 14784 del 2015);
– inoltre, il motivo non è attinente al decisum in quanto muove dal presupposto che, nella specie, con l’avviso di accertamento in questione, fosse stata contestata l’indeducibilità dei costi ai fini delle imposte dirette e l’indetraibilità ai fini Iva, in relazione ad “operazioni soggettivamente inesistenti”; al riguardo, invece, la CTR, ha precisato che andava espunto dal thema decidendum la questione della “falsa fatturazione” o delle “operazioni soggettivamente inesistenti”, in quanto non contestata ab origine nell’avviso di accertamento, ma introdotta dall’Ufficio in sede contenziosa. In particolare, come rilevato dal giudice di appello- con un accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità- con l’atto impositivo impugnato, l’Ufficio aveva contestato l’indeducibilità dei costi riferiti ad operazioni inesistenti, mentre la questione delle fatture emesse da C.E. a nome delle ditte subappaltatrici dì E. V., quali “operazioni soggettivamente inesistenti” (“fatture false emesse da altri soggetti e contabilizzate come costi”) era stata introdotta dall’Ufficio in sede di controdeduzioni in primo grado, ampliando inammissibilmente il thema decidendum rispetto alla contestazione originaria contenuta nell’avviso di accertamento; ciò, peraltro, in ossequio alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui le ragioni poste a base dell’atto impositivo definiscono i confini del giudizio tributario, che è giudizio d’impugnazione dell’atto, sicché l’ufficio finanziario, dovendo le contestazioni adducibili in sede contenziosa rimanere circoscritte alla motivazione dell’avviso di accertamento, non può porre a base della propria pretesa ragioni diverse o, comunque, modificare, nel corso del giudizio, quelle individuate dalla suddetta motivazione (Cass. n. 34407 del 2019; n. 9810 del 7/5/2014; Cass. n. 13305 del 9/6/2009; Cass. n. 26458 del 4/11/2008; Cass. 17762 del 12/12/2002); una volta correttamente limitata l’indagine alla contestazione originaria circa l’inesistenza (oggettiva) dei lavori fatturati dalla E. s.r.l., la CTR – con accertamenti in fatto non sindacabili in sede di legittimità- ha escluso che l’Agenzia avesse fornito elementi indiziari, gravi, precisi e concordanti circa la asserita inesistenza delle operazioni commerciali in questione e – facendo, comunque, ricadere sulla contribuente l’onere della prova contraria – ha ritenuto che la contribuente avesse assolto all’onere probatorio circa la effettività della esecuzione dei lavori fatturati; risulta evidente che la ricorrente, nel muovere dall’assunto che nell’avviso di accertamento fosse stata contestata l’indeducibilità dei costi riferiti ad operazioni soggettivamente inesistenti, non ha aggredito, con il motivo in esame, la pregiudiziale affermazione della CTR circa l’estraneità al thema decidendum della questione delle operazioni soggettivamente inesistenti per essere stato nell’avviso contestata la inesistenza (oggettiva) dei lavori fatturati, con ciò non cogliendo la ratio decidendi che, nella specie, ha escluso la configurabilità delle contestate operazioni (oggettivamente) inesistenti;
– in conclusione, il ricorso va rigettato;
– nulla sulle spese del giudizio di legittimità essendo rimasta intimata la contribuente;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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