CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 aprile 2021, n. 10169
Tributi – Accertamento induttivo – Elementi presuntivi – Antieconomicità dell’attività di cantiere – Prezzi di vendita degli immobili inferiori ai valori FLAIP – Valutazione del giudice di merito – Necessità
Rilevato che
L’Agenzia delle Entrate notificava alla società F&B System Srl avviso di accertamento per Irap, Ires ed Iva per l’anno 2007 con il quale rideterminava i maggiori ricavi derivanti dalla vendita di immobili ad un prezzo inferiore a quello effettivo. Autonomi avvisi per la ripresa del corrispondente reddito di partecipazione, erano notificati ai singoli soci, S.F. e S.B.
L’impugnazione degli avvisi era, previa riunione dei ricorsi, rigettata dalla CTP di Parma. La sentenza era riformata dal giudice d’appello che riteneva l’infondatezza della pretesa erariale.
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con due motivi. Resistono i contribuenti con controricorso.
Considerato che
1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2709, 2727 e 2729 c.c., nonché degli artt. 39, primo comma, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 d.P.R. n. 633 del 1972.
L’Ufficio lamenta, in particolare, che, nonostante la rilevazione dei numerosi elementi e in particolare:
a) il conseguimento di risultati economici irrisori (dell’ordine di centinaia o poche migliaia di euro) per più periodi d’imposta consecutivi tra il 2005 e il 2010 pur a fronte di consistenti volumi d’affari (di qualche milione di euro), del tutto disallineati rispetto alle medie di settore;
b) la rilevante divergenza dei prezzi di vendita rispetto ai valori FLAIP (Federazione italiana agenti immobiliari e professionisti);
c) l’antieconomicità dell’attività di cantiere, i cui esiti fornivano un risultato positivo minimo e, anzi, ove considerati i costi generali da ripartire, in perdita;
d) le indagini finanziarie relative alla vendita V./A. evidenziavano la concessione di un mutuo per un importo superiore al saldo in fattura e la relativa perizia allegata al mutuo evidenziava un valore dell’immobile pari al 150% del prezzo stesso;
e) le indagini finanziarie relative alla vendita L./S. evidenziavano l’anomalo e non giustificato prelevamento da parte dei clienti della somma di € 10.000,00 il giorno precedente il rogito;
f) gli immobili venduti ai clienti R./F. e L./S. pur di maggiori dimensioni rispetto a quello venduto ai clienti V./A. era stato fatturati ad un prezzo minore;
la CTR, con un travisamento del ragionamento presuntivo, non aveva effettuato “una valutazione complessiva e sinottica” degli stessi in violazione delle norme sulle presunzioni.
Deduce, inoltre, l’errata valutazione in punto di antieconomicità per aver la CTR ritenuto la nozione ancorata all’assoluta incapacità dell’azienda di sopravvivere nel mercato di riferimento”.
2. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, avendo la CTR omesso di esaminare la molteplicità degli elementi indiziari e la loro convergenza.
Deduce, in particolare, con riguardo alla condotta antieconomica, l’omesso esame degli esiti economici dell’attività del cantiere.
3. I motivi, che possono essere esaminati unitariamente per connessione logica, sono fondati.
3.1. Preliminarmente non sussistono le eccepite inammissibilità: l’Agenzia ha chiaramente denunciato la violazione di legge per l’errata applicazione delle regole a fondamento del ragionamento presuntivo e della formazione della prova critica, con contestazione che investe la stessa coerenza della decisione rispetto agli orientamenti della Corte (invocati dalla sentenza impugnata ma, in concreto, disattesi).
Né il ricorso è carente ex art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c., attesa l’esplicita indicazione degli atti, peraltro pure riprodotti per autosufficienza per le parti rilevanti.
3.2. Il giudice d’appello ha ribaltato la decisione di primo grado, ritenendo che i fatti emersi in giudizio non consentissero di ritenere sussistente la presunzione di maggior valore delle vendite.
La CTR, in particolare, ha affermato:
– «per i valori OMI e, per analogia anche per quelli Flaip, si può parlare di presunzione semplice munita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, idonea a fondare l’accertamento, solo qualora sussistano ulteriori elementi quali dichiarazioni degli acquirenti, documentazione extracontabile, contratti preliminari che espongano importi diversi rispetto a quelli indicati nei rogiti, indagini bancarie che denotino comportamenti anomali, comparazione con immobili simili da indicare nello specifico. In assenza di queste evenienze non può essere rettificato il corrispettivo indicato negli atti di vendita»
– «in molte sentenze i giudici di merito si sono espressi nel senso di non ritenere rilevanti i valori dei mutui, ben potendo la differenza rilevata tra prezzo dichiarato e il valore risultante dal mutuo riferirsi a esigenze di finanziamento per spese di altra natura»
– «la supposta antieconomicità … non può essere ritenuta di natura rilevante nei termini in cui è stata rilevata. Infatti il concetto di antieconomicità deve essere il punto di arrivo di un percorso logico compiutamente evidenziato e documentato che, partendo dall’esame dei dati di parte dichiarati nell’arco di un sufficiente intervallo temporale di riferimento, dimostri l’assoluta incapacità dell’azienda di sopravvivere nel mercato di riferimento e la sua inspiegabile esistenza in vita, ovvero l’incomprensibilità delle sue scelte sotto il profilo della economicità e ragionevolezza. Elementi non presenti nel caso di specie»
– «Anche il prelevamento di somme non giustificate con riguardo ai soci L. e S. appare un elemento non inserito in un più ampio contesto di riferimento»
Ed ha quindi concluso:
«In conclusione gli elementi presi in considerazione dall’Agenzia per rettificare i prezzi di vendita non risultano idonei a legittimare l’accertamento di maggior valore».
3.3. Come può evincersi dai singoli passaggi argomentativi della pronuncia, la CTR si è dilungata (in termini, invero, astratti rispetto alle risultanze in atti) nella ricerca di giustificazioni alternative delle circostanze emerse in istruttoria, caratterizzate – all’evidenza – da indiscutibili e plurime anomalie, giungendo a negare a ciascuna di esse una concreta valenza indiziaria, senza tuttavia scrutinarne la significatività alla luce dell’intero contesto probatorio, e, infine, anche omettendo di valutare ulteriori evidenze processuali, potenzialmente munite di valenza presuntiva e in linea, del resto, con le stesse premesse formulate nella decisione.
Non era tuttavia consentito isolare le singole circostanze emerse e unitariamente considerate nello stesso accertamento, senza apprezzare globalmente le plurime anomalie che avevano caratterizzato la vicenda e in particolare con riguardo al – del tutto inusuale – prelevamento della somma non giustificata da parte dei clienti L./S. che era stato operato il giorno prima del rogito unitamente agli altri importi poi confluiti nel prezzo di vendita; la mancata giustificazione della somma andava, dunque, valutata in uno con la discordanza dai valori Flaip quale esito di quelle “indagini bancarie che denotino comportamenti anomali” specificamente considerate dalla stessa CTR – ma, evidentemente, solo in astratto – come elementi idonei a rendere la presunzione semplice “munita dei requisiti di gravità precisione e concordanza”. Pari considerazione – elemento di fatto questo del tutto omesso – quanto alla “comparazione con immobili simili”. Del tutto atomistica e fine a se stessa, poi, è la considerazione dei valori del mutuo (neppure essendo stati oggetto di esame i valori della perizia, ancora più elevati), che, pur potendo, in sé, trovare anche altri percorsi inferenziali, avrebbe dovuto essere oggetto di valutazione insieme agli ulteriori elementi istruttori.
Occorre evidenziare, difatti, che nella valutazione degli elementi presuntivi, il giudice è tenuto ad una duplice operazione logicovalutativa: deve prendere in esame gli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria.
È poi censurabile in sede di legittimità, per violazione di legge, la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento (Cass. n. 27410 del 25/10/2019; Cass. n. 9059 del 12/04/2018; specificamente in materia tributaria v. Cass. n. 10973 del 05/05/2017 e Cass. n. 5374 del 02/03/2017; in precedenza v. Cass. n. 9108 del 06/06/2012).
In definitiva, pertanto, i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza richiesti dalla legge (art. 2729 c.c.) andavano ricercati, per ciascuna circostanza di fatto, in relazione al complesso degli indizi ed in base ad una valutazione complessiva già al fine di selezionare quelli utilizzabili ai fini della prova presuntiva della eventuale sottofatturazione delle vendite, per poi procedere, quindi, ad una valutazione globale e non meramente atomistica di tutti gli elementi presuntivi selezionati per accertare se essi fossero concordanti e se la loro combinazione fossero in grado di dimostrare la contestata evasione.
Sussiste quindi il vizio denunciato, dovendosi escludere che la violazione investa il merito della lite, riguardando, per contro, il non corretto utilizzo del metodo di valutazione della prova, che è profilo indubbiamente scrutinabile in sede di legittimità (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014; Cass. n. 27410 del 25/10/2019).
3.4. Fondato è anche il secondo motivo, in ispecie con riguardo al contestato comportamento antieconomico.
La CTR, infatti, nell’esprimere il proprio giudizio ha del tutto omesso di esaminare, in primis, la gestione del cantiere in relazione al complesso immobiliare denominato Giulia, che evidenziava un margine di utile obbiettivamente esiguo (€ 3.573,73 a fronte di ricavi pari ad € 652.000,00), destinato ad essere azzerato (o, peggio, a fornire un risultato negativo) ove – come dedotto dall’Ufficio – fossero stati ripartiti i costi generali per l’attività d’impresa.
Si tratta di circostanza di fatto sicuramente rilevante e decisiva poiché idonea ad integrare le condizioni prefigurate dalla stessa CTR per la valutazione dell’antieconomicità, quantomeno sotto il profilo della “incompatibilità delle sue scelte sotto il profilo della economicità e della ragionevolezza”, e ciò, tanto più, tenuto conto che la detta omissione – oltre ad inserirsi in una errata applicazione delle regole di formazione della prova critica – si salda con la mancata considerazione dell’ulteriore fatto costituito dall’intera gestione dell’azienda per un intero quinquennio (dal 2005 al 2010), che evidenzia un utile complessivo ancor più ridotto (per il 2007, in particolare, un utile di € 1.967,00 a fronte di ricavi per € 3.376,086,00, ossia pari allo 0,05%; comunque oscillante tra lo 0,24% e lo 0,025%).
È appena il caso di sottolineare, sul punto, che non si pone una questione di non condivisibilità delle scelte di politica aziendale per la loro apparente distanza dai canoni di normalità del mercato; sussiste, invece, l’esigenza di valutare, in base ad elementi anche solamente indiziari, una situazione obbiettivamente anomala, che, certamente, non può essere giustificata con la mera generica invocazione della libertà delle scelte imprenditoriali.
4. In accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR dell’Emilia Romagna in diversa composizione.
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