CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 aprile 2021, n. 10172
Tributi – Accertamento – Proroga dei termini ex art. 10 della Legge n. 289 del 2002 – Applicabilità
Rilevato che
1. Con sentenza n. 89/34/12 depositata il 5 aprile 2012, la Commissione tributaria regionale della Sicilia – sezione staccata di Catania rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 386/09/2009 della Commissione tributaria provinciale di Catania, con cui era stato accolto il ricorso della società M.T. di G.S. & C. s.n.c. avverso un avviso di accertamento per imposte dirette ed IVA relativo all’anno 2000.
2. Per quanto qui d’interesse, il giudice di appello ravvisava, quale motivo di illegittimità dell’avviso contestato, la decadenza della Amministrazione finanziaria dal potere di accertamento, ritenendo non applicabile alla vicenda la proroga disposta dall’art. 10 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, per avere il contribuente ricevuto, alla data di entrata in vigore della legge, la notificazione del processo verbale di constatazione, ma non già dell’avviso di accertamento, ciò ostando all’accesso ai tipi di condono disciplinati dallo stesso art. 10.
3. Ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, il contribuente.
Considerato che
4. Con l’unico motivo di ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione di norme di legge in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., si assume, in sintesi, l’operatività alla vicenda in esame della proroga dei termini di accertamento disposta dall’art. 10 della legge n. 289 del 2002.
5. Il motivo è fondato.
La sentenza impugnata si pone in contrasto con un consolidato orientamento del giudice della nomofilachia.
Secondo quanto reiteratamente affermato da questa Corte, infatti, in tema di condono fiscale, la proroga biennale dei termini di accertamento, accordata agli uffici finanziari dall’art. 10 della legge n. 289 del 2002, opera, «in assenza di deroghe contenute nella legge», sia nel caso in cui il contribuente non abbia inteso avvalersi delle disposizioni di favore di cui alla suddetta legge, pur avendovi astrattamente diritto, sia nel caso in cui non abbia potuto farlo, perché raggiunto da un avviso di accertamento notificatogli prima dell’entrata in vigore della legge. Si spiega: «da un lato, non potendo desumersi argomenti in contrario dalla generica locuzione normativa “i contribuenti che non si avvalgono”, venendo in ogni caso ad essere circoscritta la iniziativa volontaria del contribuente di avvalersi della dichiarazione integrativa nell’ambito dei limiti legali previsti per il suo esercizio, dovendo quindi ricomprendersi nell’indicata espressione anche l’ipotesi in cui la legge non consenta di avvalersi di detta integrazione ai fini del condono; dall’altro apparendo incompatibile con il principio di ragionevolezza la diversa interpretazione secondo cui la norma riserverebbe – illogicamente – un trattamento differenziato ai contribuenti che non hanno inteso avvalersi del condono rispetto a quelli (che risulterebbero così avvantaggiati dal più breve termine di decadenza per l’accertamento) nei cui confronti difettano gli stessi presupposti di legge per esercitare la facoltà di integrazione della dichiarazione e fruire del condono» (così, testualmente, Cass. 19/12/2019, n. 33775; conformi, ex plurimis, Cass. 16/02/2018, n. 3816; Cass. 11/08/2016, n. 16964; Cass. 26/10/2014, n. 22921; Cass. 23/07/2010, n. 17395).
6. Alla stregua dell’enunciato principio di diritto (che va ribadito, non emergendo dalla prospettazione del controricorrente ragioni per un ripensamento critico) deve essere quindi valutata la (maturata o meno) decadenza dell’Amministrazione dal potere di accertamento, erroneamente invece apprezzata dal giudice di merito avendo riguardo alla (non dirimente, per quanto detto) mancata notifica dell’avviso all’epoca di entrata in vigore della legge n. 289 del 2002.
7. A tanto provvederà la Commissione tributaria regionale della Sicilia – sezione staccata di Catania, in diversa composizione, cui la causa va rinviata, in accoglimento del ricorso e previa cassazione della sentenza impugnata.
8. Al giudice del rinvio è altresì demandata la regolamentazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia – sezione staccata di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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